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Schiavi dei tic: come si comportano riminesi e riccionesi

Tricotillomania, onicofagia, dermatofagia. No, non sono spunti per un film dell’orrore, ma i tic più diffusi al mondo insieme a innumerevoli altri: mordersi le labbra, strofinarsi il volto, accarezzarsi il collo.

Ma come interpretano tali aberrazioni gli psicologi comportamentali? Le teorie allargano al massimo le possibilità interpretative: trattasi di insicurezza, scarsa autostima, ansia, stress, nervosismo, e via così.

E cosa ne pensano invece alcuni diretti interessati? Coloro che si deliziano con questi processi di micro-tortura personale?

Giorgio, riminese, 39 anni: “Mi da fastidio mangiarmi le unghie, e ancora di più quando una persona davanti a me inizia a sgranocchiarsele producendo quel rumorino fastidioso. Tuttavia non riesco a contenermi, lo faccio sin da quando ero ragazzino. Del resto è un’abitudine di famiglia, se nel mio albero genealogico dovessi sottolineare con un evidenziatore tutti i miei avi che si mangiavano le unghie, sarebbe tutto giallo! Oggi a trent’anni è un’abitudine più forte di me. Mi capita sovente anche in pubblico e neanche me ne accorgo”.

Lucia, riminese, 22 anni: “Ho la mania di schiacciarmi i punti neri. Appena li vedo c’è qualcosa più forte di me che mi spinge a farlo. Non li sopporto, e allo stesso tempo ne sono come attratta da quelle bestiole. Mi piace pigiarli anche al mio fidanzato, forse più che a me. Anche se appena ci provo va su tutte le furie”.

Giusy, riccionese, 35 anni “ Ormai non ho più pelle sulle labbra a furia di smangiucchiarti le pellicine. Mi piace, mi piace troppo. Se non lo faccio sto male”.

Andrea, riminese, 20 anni: “Dopo la doccia mi rilassava tantissimo togliermi le pellicine sotto l’alluce del piede, oppure quando mi sedevo a letto e intanto stavo chinato sul cellulare. Mio babbo mi domandava sempre come potesse non farmi male, ma del resto è un po’ come per chi si mangia le unghie, il fisico dopo un po’ è come se si addestrasse alla pratica. Comunque ora ho smesso, ma non saprei trovare il motivo. È successo. Chissà, magari un giorno senza accorgermene riprenderò…”.

Elena, riminese, 26 anni: “A forza di mangiarmi le unghie ho delle mani inguardabili. Ho iniziato alle elementari. Le maestre e i miei genitori mi dicevano che era un vizio diffuso tra le persone particolarmente sensibili. A tutt’oggi me le rosicchio continuamente, non ho pace, soprattutto quando sono sola. Anche se so che alla lunga può essere dannoso per i denti e la mascella continuo a farlo, per me è una libidine alla stato puro”.

Sofia, riminese, 21 anni: “Quando studio o mi annoio mi attorciglio i capelli con le dita. Molti amici mi rimproverano perché dicono che può trasmettere alle persone l’idea che sia una persona ansiosa e cercano di persuadermi a sconfiggere questa mania dicendo di distrarmi con altro. Ci ho provato con la pallina anti-stress ma non è servita a nulla. Forse se provassi una leggera scossa quando mi accingo ad arrotolarli intorno alle dita…”. E si mette a ridere.

Ecco dunque il tema: ma è giusto smettere queste pratiche se danno tanta soddisfazione?

In fondo proviamo a immergerci nel corpo e nella mente di un onicofago (mangiatore di unghie). E’ stanco, decide di prendersi dieci minuti di relax stendendosi sul divano e … sgranocchiarsi in santa pace le unghie osservando il soffitto o il lampadario, senza avere altro pensiero che il piacere di espletare il proprio vizietto.

Non è forse una autentica pratica meditativa? E sì, perché, in fondo, il fine ultimo delle varie forme di meditazione è il pensiero astratto, il relax, l’abbassamento della tensione nervosa.

E allora perché fare corsi, alzarsi presto a meditare, andare a yoga e soffrire in posizioni scomode mentre si possono praticare queste altre discipline tanto rilassanti?

Spaparanziamoci sul nostro bel divanone e dedichiamoci a quelle che possono essere definite delle vere e proprie passioni. E la teoria psicoanalitica? Lasciamola a risolvere problemi più gravi e complessi. A noi tic-dipendenti resta il piacere della pratica. E buona meditazione. Ops!

Benedetta Cicognani

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