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Scandalo nel mondo macrobiotico. Ristorante di Rimini: “Noi non c’entriamo”

«Noi non c’entriamo». Un dipendente de Un Punto Macrobiotico di Rimini chiarisce che l’attività di via Massimo D’Azeglio non ha nulla a che fare con la vicenda-scandalo di Mario Pianesi, l’ideatore e fondatore dell’omonima associazione indagato per aver messo in piedi una sorta di “psico-setta” dell’alimentazione. Pesantissime le accuse che pendono sulla sua testa, quali associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, maltrattamenti, lesioni aggravate ed evasione fiscale.

Il guru della cucina macrobiotica era a capo di un movimento di 90.000 associati in Italia e una catena di oltre 100 punti vendita e ristoranti, che l’associazione Un Punto Macrobiotico riforniva in modo esclusivo di alimenti, saponi e prodotti vari. Fin qui può sembrare tutto normale. Ma, stando alle accuse, l’imprenditore era riuscito a raggirare numerose persone, alle quali veniva imposta una dieta rigidissima detta “MA.PI”, che Pianesi millantava essere in grado di curare i mali del corpo e dello spirito, oltre che malattie considerate inguaribili dalla medicina tradizionale.

La vita degli associati, spesso persone emotivamente fragili, era completamente gestita dal “Maestro”, il quale si avvaleva di collaboratori prescelti facenti parte della “Segreteria” e dislocati all’interno dei vari “Punti Macrobiotici”. Dipendenti che venivano convinti ad abbandonare la loro professione e lavorare per l’associazione. Poi, una volta ‘dentro’ erano costretti a lavorare per molte ore e a prezzi bassissimi.

«“Un Punto Macrobiotico di Rimini” non è coinvolto in questa vicenda. – assicura un lavoratore – Facciamo parte dell’Associazione Upm, ma siamo una realtà indipendente».

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