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Scacchi biancorossi: il riminese Brancaleoni svela il mondo del gioco più antico e ancora modernissimo

Il gioco da tavola e di strategia più conosciuto e praticato del mondo? Sono ancora i cari, antichissimi scacchi. Nessuno può dire con certezza quando siano nati; alcuni propendono per una loro origine nella forma attuale intorno al VI secolo d.c in India, anche se dei ritrovamenti archeologici (a Venafro, in Molise) fanno ipotizzare ad altri che il gioco fosse arrivato nell’Impero romano già nel II o III secolo d.C. La loro diffusione in Europa avviene comunque attorno all’anno 1000, grazie agli Arabi.

Gli scacchi sono un gioco “difficile” per definizione? Iniziamo dalle basi: la scacchiera, composta da 64 caselle (dette case), di due colori diversi: bianco e nero. All’inizio i pezzi sono trentadue, sedici per ciascun colore (bianco e nero), e comprendono un re, una donna, un alfiere, due torri, otto pedoni e due cavalli. L’obiettivo finale è quello di attaccare il re e dargli, appunto, scacco matto. Gli scacchi possono essere giocati, sia a livello ricreativo che agonistico, nei circoli dedicati, a casa, addirittura per corrispondenza e ora naturalmente via internet. Non solo: gli scacchi sono uno sport riconosciuto dal Comitato Olimpico Internazionale e le competizioni ufficiali sono organizzate sotto il patrocinio della FIDE (Federazione Internazionale degli Scacchi), che è stata fondata nel 1924.

I campioni di oggi, in campo internazionale, si chiamano Magnus Carlesn dalla Norvegia, Vladimir Kramnik dalla Russia e l’italo- americano Fabiano Caruana.

In Italia, intanto, si sta facendo valere un riminese di 42 anni: Maurizio Brancaleoni. Maestro Fida del Circolo Scacchi Dopolavoro Ferroviario di Rimini, Brancaleoni si è classificato al 15′ posto alla Semifinale del Campionato Italiano di Civitanova Marche la scorsa estate, oltre a essere diventato, di recente, anche Campione Regionale a cadenza classica.

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Maurizio Brancaleoni

Brancaleoni, da quanto gioca a scacchi?

«Ho cominciato a giocare all’età di circa 10 anni, facendo pratica insieme a mio padre e poi con gli amici. Sono stato Campione Italiano under 16 e in quell’occasione sono stato premiato dal mio idolo Anatolij Karpov, che è stato per tanti anni il campione mondiale. Quindi gioco a scacchi da circa 30 anni».

Gli scacchi sono un gioco o molto di più?

«Per me gli scacchi sono molto più di un gioco, anche se non bisogna mai perdere l’aspetto del divertimento. Gli scacchi sono uno sport in tutto e per tutto: chi non fa una vita sana non può eccellere, il gesto sportivo viene espresso attraverso le mosse che rappresentano un’alta forma di produzione mentale. Per me gli scacchi sono molto vicini all’arte e ciò che di più apprezzo è la creatività, cioè la capacità di produrre idee sempre nuove, che possano migliorare la teoria del pensiero scacchistico, che viene espresso attraverso libri, studi, problemi, altre partite create da altri giocatori. L’ultimo libro che ho finito di leggere, qualche giorno fa, si intitola ‘Alla ricerca dell’ armonia’ dell’ex campione del mondo Vasily Smyslov, che era anche un discreto baritono, e rivela un aspetto interessante degli scacchi, quale la coordinazione fra i vari pezzi che devono operare sinergicamente e armonicamente sulla scacchiera, come strumenti di un’orchestra, per produrre un buon risultato. Per me gli scacchi stanno diventando anche un lavoro, perché già da tanti anni seguo diversi ragazzi giovani e meno giovani dal vivo e attraverso il web e li aiuto nel loro percorso di crescita agonistica».

Ci sono molti scacchisti in Italia? E dalle nostre parti?

«Ci sono tantissimi appassionati di scacchi che giocano a casa, nei circoli della nostra regione ed attraverso internet. Quasi ogni città ha un suo circolo di scacchi e dei soci di appartenenza e propri tornei, interni e aperti ai giocatori italiani e di tutto il mondo. Quantificarli mi risulta impossibile. Il Dopolavoro Ferroviario di Rimini, di cui faccio parte, è attivo nell’opera di diffusione del gioco nelle scuole elementari, medie e superiori di Rimini e circondario. Diversi giovani riminesi si sono fatti valere nelle recenti competizioni giovanili, conquistando dei titoli regionali. Il nostro movimento è molto florido e rappresenta un’eccellenza della nostra regione».

Giocano anche le donne?

«Certamente il numero dei ragazzi che scelgono una strada agonistica è notevolmente superiore a quello delle ragazze, che, pur essendo in numero più limitato, comunque si fanno sempre ben valere nei nostri tornei. La mia esperienza è che le ragazze di oggi sono competitive allo stesso modo dei ragazzi, anzi, a volte pure di più. In ogni caso gli scacchi possono essere apprezzati anche secondo altri aspetti oltre a quello della gara: ci sono il gusto estetico, l’approfondimento culturale, la sperimentazione delle capacità artistiche. Tutti campi dove le donne non hanno nulla da invidiare ai colleghi uomini!».

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Quali titoli ha conquistato in questi anni?

«Non mi posso definire un campione di scacchi: ho vinto un titolo italiano giovanile Under 16 da ragazzo, un titolo regionale a cadenza rapida anni fa ed ora sono campione regionale a cadenza classica. Nei tornei la concorrenza è spietata e con pochi premi, spesso distribuiti non in modo ottimale; la concorrenza di giocatori che provengono da altri paesi è tanta. Proprio per questo, già da tempo, la mia attività principale è l’insegnamento degli scacchi, non la partecipazione ai tornei, che in realtà mi permette soltanto di stare maggiormente a contatto con i ragazzi che seguo e trasmettere loro gli insegnamenti che ho appreso con tanta passione, dedizione e fatica».

Perché un bambino dovrebbe iniziare a giocare a scacchi?

«Per tanti motivi. Principalmente perché gli scacchi rappresentano una parte importante della nostra tradizione e della nostra cultura. Nel 1600 alcuni fra i migliori scacchisti a livello mondiale, come Gioacchino Greco, erano italiani e hanno tenuto alta la reputazione del genio italico nel mondo. Ormai questa storia è così lontana nel tempo che non la ricordiamo più, ma gli scacchi hanno rappresentato un momento fondamentale della presa di coscienza dell’arte e della cultura del nostro Rinascimento. Oggi comunque gli scacchi fanno parte di un modello educativo nelle nostre scuole che aiuta i ragazzi all’interdisciplinarità e continui sono i riferimenti alla matematica, geometria, letteratura, storia e arte. E poi, oltre all’evidente allenamento mentale, gli scacchi insegnano il rispetto delle regole, dell’avversario e del giudizio arbitrale; aiutano la capacità decisionale e il senso di autocritica, la presa di coscienza che il destino delle nostre azioni e comportamenti dipende esclusivamente da noi stessi, senza la possibilità di attribuire ad altri il fallimento della nostra strategia».

Ha mai pensato di appendere la scacchiera al chiodo e dedicarsi ad altro?

«Ho avuto momenti di difficoltà e delusione nel mio percorso di crescita. Gli scacchi mi hanno dato tanta gratificazione personale e nei rapporti con le persone, ma spesso il riconoscimento sociale ed economico non è adeguato al grado di impegno profuso. Questo mi ha fatto pensare in passato di smettere. Ma, fortunatamente, lo spirito vince sempre sulla materia e sono ancora qui, a 42 anni, a giocarmela con i migliori giovani. In futuro si vedrà, mi piacerebbe potere continuare a insegnare e a giocare a scacchi fino a che sarà possibile. Ho praticato tanti sport da giovane, pensi che mio padre era un insegnante di educazione fisica, ora in pensione, e mi ha sempre spronato ad una vita sana nel rispetto degli altri e della natura. Pratico trekking e nordic walking, ma per questo dovrò rinunciare agli scacchi!».

Nicola Luccarelli

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