“Davvero incredibile la manifestazione ‘Oltre il velo’ organizzata dall’amministrazione comunale di Santarcangelo, insieme a un’associazione riminese e allo Sprar dell’Unione Comuni Valmarecchia, per bambini delle elementari, quindi ancora privi di quelle conoscenze storiche, filosofiche, religiose, politiche e culturali che li aiuterebbero, come dovrebbe essere, a affrontare certi temi con spirito critico e cognizione di causa. E ci meravigliamo che le istituzioni scolastiche e lo stesso Comune abbiano compiuto questo scivolone di cui forse non è stata valutata appieno la gravità.”
Fabio Bertozzi, responsabile cittadino della Lega Nord di Santarcangelo stigmatizza l’iniziativa comunale promossa dall’Ass.re Pamela Fussi dal titolo ‘Oltre il velo’ e anticipa il deposito di un’interrogazione in Regione Emilia Romagna.
“Leggendo il programma diffuso dai media, infatti, emerge chiaramente che l’obiettivo dell’operazione è quello di imporre a questi bambini una visione multiculturale e relativista, tesa a giustificare e legittimare la presenza di certe ‘regole’ sancite dalla giurisprudenza islamica imposte a ragazze e donne per celarle e separarle dal mondo. Donne che hanno gravi limitazioni nell’islam: l’obbligo di coprirsi, appunto, l’obbedienza al marito, l’impossibilità a sposare un infedele, metà dei diritti che ha un uomo nelle eredità e nelle testimonianze. Limitazioni, ne abbiamo citate solo alcune, che sono in netto contrasto con la nostra cultura e con la nostra civiltà basata sui diritti e sulle libertà della persona. Quelle sì da far apprendere ai nostri bambini e soprattutto ai bambini di origine straniera, se vogliamo davvero che si integrino. Il Comune di Sant’Arcangelo sceglie invece la strada opposta: una strada che legittima l’accettazione di imposizioni culturali che collidono con la nostra Carta costituzionale. Ed è inutile che, furbescamente, nel testo di parli di ‘ragazze che scelgono di portare il velo’ proprio per dare l’idea che si tratti di libera scelta. Non è libera scelta, ma imposizione della famiglia o nella moschea. C’è un obbligo religioso/culturale, ma c’è anche un obiettivo politico che stanno portando avanti le cosiddette associazioni culturali islamiche ormai diffuse in Emilia-Romagna, che puntano ad ‘affermare la propria identità come diversa e separata dagli altri’ e a imporla. Quindi esattamente il contrario di un processo di integrazione. E le amministrazioni comunali, come altre associazioni, cadono nella trappola in nome di un buonismo ideologico che ha già fatto non pochi disastri. Crediamo, quindi, che si debba interrompere immediatamente questa iniziativa e che invece che improbabili brani arabi non meglio specificati, si leggano, anche ai bambini islamici, brani della nostra letteratura, in modo che possano imparare il meglio della nostra cultura”.