Produrre su certi temi argomentazioni razionali significa da sempre andare contro ai luoghi comuni, porsi in contrasto con i pregiudizi più diffusi, offrire ad alcuni sfruttatori della credulità popolare occasioni all’esercizio dell’ipocrisia. Lo vediamo nella recente polemica santarcangiolese sul consumo di cannabis: il vice-Sindaco di Santarcangelo, Pamela Fussi, sta subendo in questi giorni attacchi per la sua onesta e coraggiosa presa di posizione sulla cannabis.
Se mai, tra qualche anno o secolo, si arrivasse a un referendum sul tema, i maggiori avversari della regolamentazione si troverebbero tra coloro che dallo spaccio illegale traggono profitto e cui l’eventuale approvazione toglierebbe gran parte del mercato. A oggi il proibizionismo consente loro non solo di vendere con enormi profitti la cannabis ma anche di inserire fasce di clientela giovane in circuiti relazionali/commerciali di spaccio di sostanze di ben altra tossicità, a volte di caduta in circuiti di usura e di prostituzione. Il passaggio dalla cannabis all’eroina e di lì alla dipendenza da circuiti delinquenziali non è dovuto tanto alla biologia ma all’inserimento in strutture perverse di mercato clandestino.
Qualsiasi sostanza induce un certo grado di dipendenza, una qualche difficoltà nel farne a meno. E’ questione di intensità e soprattutto di effetti secondari. Pare che anche l’ iperconsumo di farinacei, generando endorfine, induca dipendenza. Pare che l’alcool e la nicotina creino dipendenze ancor più forti del tetraidrossicannabinolo e sono certamente molte di più le morti per tumori al fegato o ai polmoni; ma non hanno creato mercati paralleli, nessuno cade in mano agli usurai o ad altre organizzazioni criminali per acquistarli.
Furono centinaia di migliaia i morti e i rovinati economicamente al tempo del proibizionismo nell’America degli anni trenta, spesso per cattiva qualità (percentuali di metanolo) dei prodotti reperibili sul mercato nero. Del resto buona parte dei consumatori delle sostanze proibite muoiono o rovinano il fisico per inaffidabilità del dosaggio o errori nel processo di fabbricazione delle droghe più che per la natura delle stesse.
La riflessione che tutti dovremmo fare è invece nell’interrogarsi sulle motivazioni che portano alcuni a cercare nelle droghe, sia quelle socialmente ammesse che quelle censurate e quelle illegali, intenzionali alterazioni dello stato di coscienza, vie sbagliate per fuggire il dolore o per cercare il piacere.
Gabriele Boselli