Cerca
Home > Ultima ora > Santarcangelo: Gigi Riva presenta “L’ultimo rigore di Faruk. Una storia di calcio e di guerra”

Santarcangelo: Gigi Riva presenta “L’ultimo rigore di Faruk. Una storia di calcio e di guerra”

Giovedì 22 settembre alle ore 21 in biblioteca il giornalista Gigi Riva, caporedattore centrale del settimanale L’Espresso, apre le iniziative della Fiera di San Michele presentando il suo nuovo libro. “L’ultimo rigore di Faruk. Una storia di calcio e di guerra” è il titolo dell’opera, edita da Sellerio, con cui il giornalista ripercorre le drammatiche vicende della disgregazione della Jugoslavia attraverso la storia della sua nazionale di calcio e del suo capitano Faruk Hadžibegic, in un susseguirsi di date e fatti che svelano l’intrecciarsi di calcio, politica e guerra. L’incontro, a ingresso libero fino ad esaurimento posti, è organizzato da biblioteca Baldini in collaborazione con Fiera di San Michele/Blu Nautilus (per informazioni: 0541/356.299 – biblioteca@comune.santarcangelo.rn.it).

L’ultimo rigore di Faruk (dalla scheda del libro pubblicata sul sito della casa editrice, www.sellerio.it) – Nella tragica e violentissima dissoluzione della Jugoslavia un calcio di rigore sembrò contrassegnare il destino di un popolo. Un penalty divenne nei Balcani il simbolo dell’implosione di un intero Paese, e dei conflitti che sarebbero seguiti di lì a poco. Intuendo la complessità di un evento che sembrava soltanto sportivo, Gigi Riva racconta con attenzione da storico e sensibilità da narratore un tiro fatale, sbagliato il 30 giugno del 1990 a Firenze da Faruk Hadžibegić, capitano dell’ultima nazionale del Paese unito. La partita contro l’Argentina di Maradona nei quarti di finale del Mondiale italiano portò all’eliminazione di una squadra dotata di enorme talento ma dilaniata dai rinascenti odi etnici. Leggenda popolare vuole che una eventuale vittoria nella competizione avrebbe contribuito al ritorno di un nazionalismo jugoslavista e scongiurato il crollo che si sarebbe prodotto.

Proprio per la sua popolarità il calcio è sempre servito al potere come strumento di propaganda. Basti pensare all’uso che Mussolini fece dei trionfi del 1934 e 1938, o a come i generali argentini sfruttarono il Mondiale in casa del 1978, durante la dittatura. Oppure, ai giorni nostri, a come lo Stato Islamico abbia deciso di colpire lo Stadio di Francia durante una partita per amplificare il suo messaggio di terrore. Ma si potrebbe sostenere che in nessun luogo come nella ex Jugoslavia il legame tra politica e sport sia stato così stretto e perverso. Attraverso la vita del protagonista e dei suoi compagni (molti dei quali diventati poi famosi in Italia, da Boban a Mihajlović, da Savićević a Bokšić, da Jozić a Katanec), si scopre il travaglio di quella rappresentativa nazionale e del suo allenatore Ivica Osim, detto “il Professore”, o “l’Orso”. Nelle loro gesta si specchia la disgregazione della Jugoslavia e la spregiudicatezza dei suoi leader politici, che vollero utilizzare lo sport e i suoi eroi per costruire il consenso attorno alle idee separatiste. In questo senso il calcio è stato il prologo della guerra con altri mezzi, il rettangolo verde la prova generale di una battaglia. Non a caso si attribuisce agli scontri tra i tifosi della Dinamo Zagabria e della Stella Rossa di Belgrado il primato di aver messo in scena, in uno stadio, il primo vero episodio del conflitto. Ed è nelle curve che sono stati reclutati i miliziani poi diventati tristemente famosi per la ferocia della pulizia etnica a Vukovar come a Sarajevo.

Per il loro valore emblematico le vicende narrate, risalenti a un quarto di secolo fa, sono ancora tremendamente attuali. E non è così paradossale scoprire in esergo a queste pagine le parole beffarde che Diego Armando Maradona rivolse all’autore: “Occupati di politica internazionale, il calcio è una cosa troppo seria”.

Ultimi Articoli

Scroll Up