La Corte di Forlì annulla tutti i capi di imputazione dell’indagine Varano, che portò in carcere i vertici di Cassa di Risparmio. Si dovrà ricominciare tutto da capo. Una fase inquirente tutta da rifare.
L’ordinanza, durissima, piomba come una mitragliata di Kalashnikov sulla relazione della Commissione d’inchiesta sulle banche, che mette in fila una lunga sequela di crack e oltre un miliardo e mezzo di debiti a carico dello Stato.
Nel maggio del 2009 vi furono cinque arresti all’ alba, perquisizioni in 16 sedi bancarie italiane, 40 indagati. In manette il vertice della Cassa di Risparmio sammarinese e del gruppo Delta, società con sede a Bologna che si occupa di credito al consumo, più di 800 dipendenti. Pesantissime le accuse: riciclaggio di denaro sporco, truffa, fatture false, appropriazione indebita e attività bancaria abusiva. I provvedimenti di custodia cautelare riguardarano il presidente della Carisp Gilberto Ghiotti, l’ amministratore delegato Mario Fantini (agli arresti domiciliari), il direttore Luca Simoni, Paola Stanzani, consigliere della cassa sammarinese, e Gianluca Ghini direttore di Carifin Sa.
Inevitabile una serie di riflessioni su entrambi gli elementi, su cosa hanno causato e sulle conseguenze.
L’intervento del segretario del Segretario del PSD Gerardo Giovagnoli:
“Il processo a Delta, quindi a Cassa di Risparmio, torna dov’era partito, dodici anni fa. Tutto da rifare: i capi d’imputazione erano ingiustificati e devono essere riformulati. Nel frattempo i danni per la Repubblica sono stati enormi: il commissariamento di Delta ed il suo smantellamento hanno prodotto danni per oltre un miliardo a Cassa e oltre 800 milioni di euro in interventi pubblici.
La notizia del colpo di spugna sul processo Varano arriva mentre in Consiglio Grande e Generale si discute sulla Relazione finale della Commissione d’Inchiesta nella quale sono ben descritti i fatti puntuali e quelli di sistema che hanno causato i disastri bancari: quello di Delta, colossale investimento di Cassa in Italia, ha prodotto il maggior buco per le casse dello stato.
Si può disquisire ad oggi con cognizione di causa quanto l’azione giudiziaria della procura di Forlì sia stata sproporzionata ed ingiusta, vista la non condanna definitiva di nessuno dei protagonisti indicati ed arrestati nel 2009, tra cui i vertici sammarinesi della Cassa.
Si possono analizzare ora le possibilità legate alle azioni risarcitorie, in particolare quelle legate al pagamento di tributi in Italia giustificati dall’azione penale.
Soprattutto ora si deve porre al centro dell’attenzione l’individuazione di un modello bancario e finanziario diverso, cogliendo l’occasione contemporanea della conclusione dei lavori della Commissione d’Inchiesta e la notizia su Delta sopra richiamata.
San Marino ha fatto un grosso sforzo nell’ultimo decennio per adeguarsi alle regole internazionali, siamo conformi ai migliori standard sulla trasparenza, il costo è stato alto, ma non abbiamo ora nessun elemento di competitività e questo dipende massimamente cornice in cui San Marino è inscritta: quella di un paese che non è più offshore, quella di un paese che però è isolato, non fa parte della UE, non fa parte dello Spazio Economico Europeo, eppure ne è al suo interno.
Non solo è isolato, dal punto di vista bancario è sigillato: nessun investimento o affiliazione esterna delle nostre quattro banche (a parte l’unico caso di Banka Kovanica in Croazia, finalmente in utile sotto la gestione del Dott. Ceccaroli), nessuna partecipazione di banche italiane o anche non italiane nella Repubblica.
Con un caso più unico che raro ormai, l’istituto bancario più importante del paese sotto il totale controllo dello Stato.
Penso che questa serie di condizioni devono essere superate e si deve ripartire da dove si era arrivati nel 2016 prima della gestione eterodiretta di Banca Centrale; si deve ripartire da un accordo con l’Italia, più specificamente con Banca d’Italia, utile anche la negoziazione dell’Accordo di Associazione con l’Unione Europea.
Come per tutti gli altri piccoli stati d’Europa con i quali ci confrontiamo (Andorra, Monaco, Liechtenstein) il rapporto chiaro nelle relazioni o nella vigilanza condivisa sul sistema bancario è un elemento imprescindibile.
Come sempre il PSD richiama l’attenzione sull’esigenza di esserazzerato il e inquadrati all’interno del mercato unico europeo, cosa che ci metterebbe (ed avrebbe messo) al riparo da attacchi esterni, un ambito non solo di regole, ma anche di opportunità europee, che finalmente consentirebbero una ripresa di sviluppo del sistema bancario, che da dieci anni si sta solo difendendo e ridimensionando.
I fatti giudiziari sopra descritti devono avere una utilità in questo senso, come deve esserci una conclusione utile alla stagione delle commissioni d’inchiesta sulle banche ed una fine alla stagione delle divisioni e delle accuse incrociate per chi ha più o meno colpe, che ha prodotto solo l’allontanamento dal perseguimento del bene comune”