Matteo Salvini ha voluto accogliere personalmente i 51 immigrati baciati dalla fortuna, arrivati oggi all’aeroporto di Pratica di Mare su un aereo della Protezione civile.
Questi migranti arrivano da Sudan, Etiopia, Eritrea, Somalia e Camerun. Sono quasi tutti nuclei familiari e donne sole con bambini. Diciannove sono minorenni, ma ci sono anche tre uomini soli in condizioni di grave vulnerabilità.
Quindici hanno già lo status di rifugiato, gli altri sono richiedenti asilo, ma l’Unhcr ha già valutato che hanno i requisiti per ottenere la protezione internazionale. Verranno portati nella comunità “Papa Giovanni XXXIII” di Rimini e poi suddivisi in diverse case famiglia.
«Il mio obiettivo – ha dichiarato il vice premier e ministro degli Interni – è quello di spalancare le porte per chi scappa dalle sofferenze e dalla guerra ma di chiuderle a chi la guerra la vuole portare in casa nostra. Voglio una immigrazione controllata ma anche integrazione e scambio culturale. Quello di oggi è solo il primo di una serie di aerei con richiedenti asilo che giungono nel nostro paese. Prendo un impegno. Non è un arrivo spot perché si avvicina il Natale».
Salvini poi spiegato che le politiche che il governo intende adottare sono quelle di favorire ingressi legali e una permanenza controllata sul territorio nazionale e non «ghetti che convivono in periferia con la cittadinanza rendendole la vita difficile. Oggi accogliamo donne e bambini che diventeranno italiani, nostri figli e fratelli. Ripeto che questo non sarà né il primo né l’ultimo volo».
Don Aldo Buonaiuto, della comunità Papà Giovanni XXIII fondata da don Benzi ha detto: «È una giornata che ridà speranza a tante persone, soprattutto vulnerabili, che così non vengono più spunti a gettarsi in mare rischiando la vita. Auspichiamo che tutta l’Europa possa prendere esempio».
E ancora: «Sono gli ultimi degli ultimi: ci sono due disabili, 19 minori. Le donne sono state vittime di violenze e anche gli uomini sono stati torturati. Tutti avrebbero bisogno in quei paesi, ma partiamo da questi e speriamo che non ci siano polemiche sterili. Su queste persone così vulnerabili la politica non si può dividere»
«Andranno in piccole case famiglia. Così da poter trovare una reale integrazione. Occupazione per il capo famiglia e inserimento scolastico per i bambini» ha spiega Giovanni Paolo Ramonda, il presidente di quasi 500 comunità Papa Giovanni XXIII in 43 Paesi. «Siamo anche in Libano, Siria, Colombia, Venezuela e in molti paesi ora sotto scacco. Ci auguriamo che questo corridoio sicuro, che è stato aperto anche da precedenti governi, diventi strutturale. Il salto di qualità è questo. Con il riconoscimento alla fonte di chi ha reale bisogno».