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“Saludecio. Com’era. Com’è” in 150 foto

Carlo Cervellieri: “Saludecio. Com’era. Com’è” – La Piazza.

54- Cervellieri

In questi ultimi anni sono stati editi diversi volumi che raccolgono cartoline di paesi del riminese: “La mia Riccione in 100 anni di cartoline” di Tino Maestri (Banca Popolare Valconca, 2013), “La mia Cattolica. Un viaggio lungo cento anni” (Banca Popolare Valconca, 2014), “Saluti da Coriano. 100 anni di cartoline” (La Pieve, 2015). E naturalmente non si può prescindere dall’immensa collezione di cartoline del Fondo Piancastelli presso la Biblioteca Saffi di Forlì il cui inventario si trova in “Romagna nelle 15.000 cartoline del Fondo Piancastelli” a cura di Franco Bertoni e Franco Bonilauri (Analisi, 1989).

Questo nuovo libro di Carlo Cervellieri aggiunge Saludecio all’elenco dei paesi che hanno edito la loro raccolta di cartoline. A fine Ottocento in tutti i Comuni italiani esplose il fenomeno di stampare immagini della propria realtà su cartolina illustrata: è un fiorire di riproduzioni di monumenti, palazzi, panorami (ma nei comuni costieri anche di “bagnanti” in spiaggia e di feste turistiche). A cavallo del Novecento la cartolina illustrata divenne un fenomeno nuovo, con cui milioni di persone si scambiavano saluti da un luogo all’altro del mondo per mostrare a chi stava a casa, per la prima volta nella storia, luoghi visitati dal turista. E così sarà per tutto il secolo scorso: poi l’arrivo di internet, delle e-mail, di WhatsApp ha sovvertito completamente la comunicazione fra le persone e “ucciso” lo strumento cartolina.

Cervellieri, saludecese, 68 anni, artista, antiquario e collezionista, ha voluto con questo volume tributare un personale omaggio alla storia del suo paese. Circa 150 foto, da inizio Novecento al 2011, accompagnate ognuna da uno scatto fotografico odierno dell’immagine impressa sulla cartolina. Ieri e oggi. Cartoline che per gran parte ritraggono il Borgo di Saludecio, nei luoghi e scorci più rappresentativi della Città. Poche le immagini dalle frazioni di S. Ansovino, di S. Maria del Monte, di Cerreto, di Meleto.

Saludecio, oggi con poco più di tremila abitanti, è stato nei secoli una realtà importante della Valconca, testimoniato anche dalle varie e ricche presenze architettoniche presenti nel suo abitato (chiese, palazzi pubblici e nobiliari, piazze).

Secondo il mio modestissimo parere, Saludecio ha perso un’occasione storica rifiutando un anno fa la fusione con Mondaino e Montegridolfo.

Scrive Giuliano Chelotti, per tanti anni responsabile delle attività culturali del Comune, nella sua Introduzione: “Tanti elementi che offrono, nel loro insieme, riflessioni e spunti sia per l’oggi che per il domani […]. Questo libro, illustrando il passato, può trasformarsi in un invito alle nuove generazioni nel ricercare e studiare le proprie radici, partendo proprio dalla bellezza delle piccole cose e dei luoghi più familiari”.

Sono d’accordo Giuliano, ma a volte per costruire il futuro occorrono anche atti di coraggio che allarghino gli scenari. La difesa del campanile (che per carità, non è solo di Saludecio) è un vizio, oltre che un peccato, italiano. Piccolo, in un mondo che cambia velocemente e impetuosamente, non è più sempre bello. Ma questo è un discorso che ci porta oltre a questo libro, e che forse non è giusto qui riprendere.

“A Saludecio le numerose cartoline del primo Novecento – annota sempre Chelottirappresentano una fondamentale testimonianza storica nel documentare il nuovo volto assunto dal borgo a metà Ottocento, soprattutto nella parte più bassa del centro storico dove si erano concentrati i più grossi interventi di ristrutturazione sulla matrice medievale del paese”.

Il volume ha infine due appendici: la prima dedicata ad  Amato Ronconi (1226-1292), proclamato Santo da Papa Francesco il 23 novembre 2014, che contiene immagini, cartoline, santini; la seconda, curiosa, una ventina di cartoline che i ragazzi della V elementare di Saludecio scrissero nel 1927 al Comandante Francesco De Pinedo (1890-1933), intrepido trasvolatore, al termine del suo raid aereo Roma-Buenos Aires-New Orleans-Chicago-Isole Azzorre-Lisbona-Barcellona-Roma, contenenti frasi patriottiche. E’ un peccato che l’Autore non scriva dove queste siano state ritrovate.

Cervellieri chiude con una lunga poesia d’amore dedicata a Saludecio: Saludec. E mi paés. Riportiamo la prima strofa: Giù dapid dla Rumagan / tè bel mez dna campagna / i lì sora m’nà scarpèda / je un paés chè tè da véda / è pèr propria chè è firmamént / senza ad lù, an’ éra cuntént / sa te digh, tu mè da créd / l’è iscì bèl, cut chèva è fiéd.

Paolo Zaghini

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