Un problema grande come un albergo
Amici tecnici che operano nel Comune di Rimini mi stanno segnalando, da tempo, la richiesta da parte dell’ufficio tecnico del Comune di Rimini dell’autorizzazione paesaggistica per tutti gli interventi che riguardano gli edifici che ricadono nei 300 metri dalla battigia. Si tratta della legge Galasso dell’8 agosto 1985, n. 431. Una legge importante per la salvaguardia delle coste italiane e per evitare di cementificare ulteriormente dopo quanto fatto negli anni ’60 e ’70.
La legge tuttavia prevedeva delle deroghe. Il “vincolo di cui al precedente comma non si applica – specifica la legge – alle zone A, B e – limitatamente alle parti ricomprese nei piani pluriennali di attuazione..” Da allora a Rimini, ma in tutti i comuni costieri, la legge Galasso si è applicata con questa deroga. Sostanzialmente tutti gli edifici a monte del lungomare erano esenti dalla richiesta della paesaggistica, anche se rientravano nei 300 metri dalla battigia. Una interpretazione mai contestata da Provincia o Regione. Ora non è più così, almeno nel Comune di Rimini. Una situazione preoccupante, che rischia di bloccare l’innovazione nella fascia turistica.
E’ la zona di città che necessita più di altre di una profonda riqualificazione urbana ad iniziare da una riduzione delle strutture ricettive esistenti. Sulla materia è necessario un approfondimento adeguato, per evitare una scorretta interpretazione delle leggi che penalizzerebbero tutto il nostro territorio costiero. In alcune parti del quale i 300 metri dalla battigia arrivano alla ferrovia, come a Viserba oppure alla terza linea di alberghi, come a Marebello. Una follia. Torneremo su questo argomento nelle prossime settimane.
Congresso Pd e le stupidaggini su sindaci e presidenti di Regione
«È ora che sia un governatore o un primo cittadino a prendere le redini del Pd: c’è una classe dirigente nata e cresciuta nei territori che ha già dimostrato di saper battere le destre, che guida da anni regioni e comuni, dove si vince, al contrario di quanto accade alle elezioni politiche». Così “tuonava” nei giorni scorsi Antonio Decaro sindaco di Bari e presidente dell’associazione dei Comuni (Anci).
Evidentemente a Bari la memoria è corta. Ricordo che recentemente hanno svolto le funzioni di segretario del Pd Matteo Renzi presidente della provincia di Firenze e poi sindaco del capoluogo toscano. Dopo Renzi è stato segretario Nicola Zingaretti presidente (non governatore) della regione Lazio. Prima ancora ricordo il segretario Pierluigi Bersani, già presidente della regione Emilia-Romagna. Il primo segretario del Pd è stato Valter Veltroni, che proveniva dall’esperienza di sindaco di Roma (2001-2008). Decaro invece di sostenere tesi del tutto prive di senso dica esplicitamente chi vuole come candidato a segretario del Pd. È più semplice.
Esiste ancora un servizio sanitario nazionale?
Domanda forse dai toni forti. Domanda forse eccessiva per un territorio come il nostro (regione Emilia-Romagna) dove il sistema sanitario funziona meglio che in altre parti d’Italia. Tuttavia domanda da porsi prima che sia troppo tardi. In troppi casi i cittadini (coloro che se lo possono permettere) pagano di tasca propria le visite ed esami specialistici che vengono richiesti per problemi cardiologi oppure oncologici. Visite specialistiche che fanno la differenza tra una diagnosi precoce per una cura efficace o ritardi che possono compromettere la cura.
Se la differenza per la nostra salute la fa la disponibilità economica possiamo parlare ancora di servizio sanitario universale e gratuito? Da una recente indagine gli italiani hanno speso nel 2021 37 miliardi nella sanità privata, contro i 34,8 del 2019. E in cinque anni la crescita è di quasi di 10 miliardi. Contemporaneamente calano le risorse finanziarie per la sanità pubblica. Sarebbe un grave errore sottovalutare cosa sta succedendo. Il servizio sanitario nazionale va finanziato adeguatamente. Riguarda la nostra qualità della vita. Aggiungo che le migliori competenze mediche le troviamo proprio nel servizio sanitario pubblico.
Campanelli d’allarme preoccupanti vi sono anche nelle nostre realtà. Affollamenti dei pronto soccorso, aumento delle liste d’attese per le visite ed esami specialistici. Non possiamo permetterci che tutto questo divenga normalità.
A proposito di contanti e di utilizzo di bancomat
Il governo ha deciso di aumentare il contante fino a 5mila euro e contemporaneamente permettere agli esercenti di rifiutare l’uso della carta elettronica per spese fino a 60 euro. Per un Paese che ha tra i punti di eccellenza il turismo si tratta di un vero e proprio boomerang. In particolare, per il turismo estero.
Ve lo immaginate un turista americano, un giapponese (quelli che fanno i grandi nuneri nelle principali città d’arte) che viaggia con rotoli di banconote per pagare le piccole spese? Dal taxi ai bar e lo spuntino, oppure i souvenir più diffusi. Per fortuna gli esercenti hanno “più testa” e penso che raramente rifiuteranno di essere pagati con moneta elettronica anche per spese sotto i 60 euro.
Questo vale anche per i nostri territori e per la nostra filiera turistica. Che quella del governo sia una mano all’evasione fiscale e agli evasori è dimostrato anche da un altro aspetto. I lavoratori dipendenti, tutti, sono pagati con versamenti su conto correnti. Non possono essere pagati in contanti per legge. La stragrande maggioranza dei pensionati si fa versare la pensione sul conto corrente. Ora, per quale ragione questi milioni di cittadini dovrebbero girare per bancomat per rifornirsi di contanti quando possono pagare comodamente con le tessere bancomat stesse? Evidente che le norme del governo funzionano per chi ha quel contante che non può essere versato in banca: perché è in nero. Il resto sono solo chiacchiere.
Maurizio Melucci