Gli alberi migliorano la vita: catturano anidride carbonica e producono ossigeno; accrescono l’umidità dell’aria e mitigano il calore eccessivo. La presenza degli alberi crea un ambiente riposante, induce pace e serenità. E sui loro benefìci si potrebbe continuare. Fortunatamente questa consapevolezza è in crescita fra la gente; ne è prova la recente mobilitazione sorta a difesa degli alberi nei parchi cittadini.
Una pubblica amministrazione che persegue il benessere collettivo favorisce il verde, lo protegge e cerca di incrementarlo. Avere cura del verde pubblico è molto importante. Ma non esiste solo il verde pubblico; anche il verde privato è importante e una amministrazione civica intelligente si impegna a sostenerlo.
A Rimini una politica di sostegno del verde privato non esiste; anzi, paradossalmente, il Comune sembra avere un comportamento punitivo verso il verde privato.
Mi spiego con un esempio, che conosco bene per averlo vissuto da molto tempo.
In età medievale la piana fra il colle di S. Martino Monte l’Abate e il corso dell’Ausa era coperta da grosse selve chiamate, non a caso, le Selve di Belverde. Secondo la tradizione, un brutto giorno in quelle selve apparve un drago che terrorizzava la popolazione.
Dopo molto penare, i contadini della zona – si dice per ispirazione divina – trovarono il sistema per stanare il drago ed ucciderlo. Per riconoscenza, gli abitanti costruirono una chiesetta in onore della Vergine ed appesero lo scheletro del drago alla trave principale. Quello scheletro è rimasto lì fino al 1944 (i più anziani lo ricordano ancora) quando gli scontri sulla Linea Gotica hanno causato la distruzione della chiesetta. Pertanto non si è potuta accertare la vera natura di quelle ossa e il mistero è rimasto tale.
Negli anni ’60 del secolo scorso, ho acquistato nella zona (via Cà Sabbioni) un terreno agricolo di due ettari (il massimo che mi potevo permettere) e nel 1970 ho piantato centinaia e centinaia di alberi per ricostruire almeno in piccolo le antiche selve. Avevo anche invitato i vicini a fare altrettanto, ma senza ottenere che mi seguissero (dimostrandosi meno idealisti ma più realisti di me).
L’Amministrazione Comunale, con il Piano Regolatore del 1999 ha vincolato l’area a parco di quartiere, con la promessa che l’avrebbe acquistata. Promessa mai mantenuta.
In occasione del recente Piano Strutturale è stato introdotto il criterio della cosiddetta “Perequazione”: in sostanza, per non penalizzare ulteriormente le aree in precedenza vincolate, viene mantenuta l’inedificabilità, ma in compenso si attribuisce ad esse una capacità edificatoria, da esercitare altrove.
La mia richiesta di beneficiarne è stata respinta ed io continuo ad avere un patrimonio boschivo senza alcuna destinazione chiara, che dona ossigeno agli altri, ma per me è solo un onere: infatti da quasi cinquant’anni spendo soldi in manutenzione, pago tasse, pago l’IMU per il piccolo edificio condonato che si trova al centro, vicino al laghetto.
Vorrei sapere come poter utilizzare questo suolo e questo verde: attrezzando un parco per giochi, a scopo ricreativo? Con possibilità di realizzare un minimo di attrezzature? O magari in qualche altro modo positivo, rivolto ai residenti e ai turisti? Un bosco non si improvvisa; questo ha il pregio d’essere nato mezzo secolo fa.
Tengo a precisare che non è solo una questione personale. Si tratta di capire se a Rimini esiste la volontà di impostare una politica attiva in favore del verde privato. Oppure devo concludere che l’Amministrazione Comunale punisce chi crea del verde?
Vorrei che su questo tema si aprisse un dibattito serio, senza polemiche, ma costruttivo. Per questo chiedo formalmente una risposta al Sindaco, all’Assessore di competenza, ai Tecnici comunali. E sarebbe interessante anche un intervento degli urbanisti riminesi.
Grazie.
Oreste Delucca