Lo scorso 25 aprile la festa della Liberazione era stata celebrata in una Piazza Cavour deserta con le sole autorità a rendere omaggio alla resistenza. E in una Piazza Tre Martiri altrettanto desolata sulle commoventi note di Bella Ciao suonate dal violinista Federico Mecozzi. Erano le ultime settimane di quarantena e anche le manifestazioni pubbliche ne risentivano. Niente piazze piene, niente cortei, niente comizi.
A poco più di un mese le cose sono cambiate. La normalità è ancora forse troppo lontana ma il lockdown è terminato e il virus sta allentando la presa. I cittadini tornano ad appropriarsi dei luoghi pubblici e anche le manifestazioni vengono celebrate non più in piazze deserte, ma tra gli applausi delle persone accorse. Certo, niente folle – nel pieno rispetto delle regole anti contagio ancora in vigore – distanziamento e mascherine alla bocca. Come è accaduto oggi davanti alla Prefettura di Rimini per la ricorrenza della festa della Repubblica.
Presenti tutte le autorità e le istituzioni. Il Prefetto Camporota, il sindaco di Rimini Andrea Gnassi, il presidente della Provincia Riziero Santi, i senatori riminesi Mirco Croatti e Antonio Barboni, la deputata Giulia Sarti, il questore Francesco De Cicco.
A fare da sfondo qualche centinaia di persone, distanziate sul sagrato del Tempio Malatestinao e ai lati, mentre le autorità prendevano parola ai microfoni di fronte all’ingresso della Prefettura. Il Prefetto Camporota ha riletto il discorso pronunciato dal Presidente della Repubblica Mattarella con un particolare accento sul dramma il Paese ha vissuto e tuttora sta vivendo, con un omaggio all’impegno dei cittadini e al rispetto delle istituzioni chiamate esse stesse a un ruolo di responsabilità senza precedenti.
Poi è stata la volta degli studenti della consulta provinciale che hanno riletto le parole di Sandro Pertin, Luigi Einaudi, Piero Calamandrei e Nilde Iotti. Con una accorato appello all’unità dei popoli europei.
A fare da sfondo un’immensa bandiera tricolore alzata dai militari del 7° reggimento Aviazione Vega dell’esercito distaccato a Rimini.
La manifestazione si è conclusa sulle note dell’Inno alla Gioia suonate e cantate dal coro di giovani voci “Le Allegre Note” di Riccione.
E vale la pena, ora, di ripercorrere il senso delle celebrazioni odierne con un focus sul 2 giugno 1946 a Rimini.
Celebriamo infatti oggi i 74 anni della nostra Repubblica, nata il 2 giugno 1946 grazie a quei cittadini che la preferirono la Repubblica alla Monarchia. I voti per la Repubblica (a livello nazionale) furono 12.717.923 (pari al 54,3%) contro i 10.719.923 (45,7%) per la Monarchia (le schede nulle furono 1.498.136). I risultati furono proclamati dalla Corte di cassazione il 10 giugno 1946.
La notte fra il 12 e 13 giugno, nel corso della riunione del Consiglio dei ministri, il presidente Alcide De Gasperi, prendendo atto del risultato, assunse le funzioni di capo provvisorio dello Stato. L’ex re Umberto II lasciò volontariamente il paese il 13 giugno 1946, diretto a Cascais, nel sud del Portogallo, senza nemmeno attendere la definizione dei risultati e la pronuncia sui ricorsi, che saranno respinti dalla Corte di Cassazione il 18 giugno 1946.
Il 2 giugno 1946, insieme con la scelta sulla forma dello Stato, i cittadini italiani (comprese le donne, che votavano per la prima volta in una consultazione politica nazionale) elessero anche i componenti dell’Assemblea Costituente che doveva redigere la nuova carta costituzionale. Alla sua prima seduta, il 28 giugno 1946, l’Assemblea Costituente elesse a capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, con 396 voti su 501, al primo scrutinio.
A Rimini città (come del resto in tutta l’Emilia-Romagna) le proporzioni del voto furono assai diverse: l’82,57% dei cittadini si espressero a favore della Repubblica contro solo il 17,43% per la Monarchia. Nella Provincia di Forlì (di cui allora il riminese faceva parte) 212.472 elettori (pari all’84,75%) si espressero per la Repubblica.
Fu il primo confronto elettorale vero, a guerra finita, che divise l’Italia. A Rimini il fronte a sostegno della Repubblica vedeva in primo piano i partiti della sinistra e quelli laici; anche la DC, seppur in forma molto blanda, optò per la Repubblica.
Il Partito Comunista riminese per mesi condusse una serrata campagna elettorale per convincere gli elettori a scegliere la Repubblica. Esistono, in sede locale, ben pochi documenti fotografici che testimonino di quel lontano confronto politico elettorale.
Pubblichiamo quattro rare immagini di uno dei momenti più importanti di quel confronto: la manifestazione del PCI riminese il 12 maggio 1946 in Piazza Tripoli (oggi Marvelli), a Marina Centro, per sostenere la Repubblica. Occorre una nota: in quei mesi il Centro storico di Rimini era ancora, per gran parte, un ammasso di rovine e macerie, lascito dei bombardamenti del 1944. Per contro Piazza Tripoli era diventato il luogo di ritrovo, oltre che il “mercato” legale (ed illegale) della Città ancora piena di truppe militari alleate e di decine di migliaia di prigionieri tedeschi. Qui presero la parola la domenica pomeriggio il prof. Bruno Toni (1917-1960) e Sara Croce (1918-1996).
Bruno Toni era fra i giovani intellettuali comunisti venuti alla ribalta nei mesi della Resistenza. Insegnante, fu poi corrispondente de L’Unità e direttore di “Nuova Voce”, il periodico della Federazione Comunista dal settembre 1949 al febbraio 1956. Oratore capace.
Sara Croce, figlia dell’on. Ettore Croce, e moglie dai primi anni ’40 di Decio Mercanti (segretario del PCI riminese clandestino e Presidente del CLN), partigiana, militante comunista, fu da subito (dentro e fuori il Partito) l’interprete delle rivendicazioni delle donne. Per anni responsabile della Commissione femminile del PCI e dirigente dell’UDI. Anche lei insegnante ed efficace oratrice.
I due dirigenti comunisti, con i loro interventi, invitarono le centinaia di persone presenti ad impegnarsi per le ultime settimane della campagna elettorale a convincere la gente ad andare a votare e a preferire la Repubblica. Naturalmente Sara Croce batté con forza sulla necessità delle donne di partecipare, anche con la scelta per la Repubblica, alla costruzione della nuova Italia democratica.
Il 2 giugno 1946 gli italiani scelsero la Repubblica e i “Costituenti” diedero il via alla costruzione del nuovo Stato democratico italiano.