Cerca
Home > Cultura e Spettacoli > Cosa ci fa Rimini a Rodi?

Cosa ci fa Rimini a Rodi?

“Dunque, in greco quella non si legge P, ma R.. quella specie di U si legge M… ma allora.. siamo in via Rimini!”. Tutti i riminesi che hanno visitato Rodi hanno manifestato più o meno queste espressioni di sorpresa. Anche perché una volta giunti nella meravigliosa isola ellenica è difficile non imbattersi in via e soprattutto in piazza Rimini (πλατεία Ρίμινι), dove si trova il terminal di tutti gli autobus che dal capoluogo conducono agli altri centri.

Qualcuno si è però incuriosito e ha provato a informarsi. E ci ha fatto pervenire, assieme alla foto, questa spiegazione raccolta presso alcuni anziani rodioti, che ancora ricordano il periodo italiano dell’isola.

Già, perché insieme a tutto l’arcipelago del Dodecanneso, Rodi fu italiana a tutti gli effetti dal 1912 a – ufficialmente – il 1946. Faceva parte di una delle Province del Regno d’Italia, denominata “Isole italiane dell’Egeo” e contraddistinta anche dalla targa automobilistica RD.

Ma cosa c’entra Rimini? Ebbene, via e piazza Rimini si trovano nel moderno quartiere costruito di sana pianta dagli italiani accanto all’antica cittadella fortificata dei Cavalieri. Vi trovarono posto importanti infrastrutture: edifici pubblici come il palazzo delle poste, l’ospedale, il teatro, alcune scuole. In gran parte le nuove realizzazioni si devono all’architetto Natale Sardelli, che progettò anche il tribunale, il lungomare, il mercato coperto, il minareto della locale moschea, un ponte sul fiume Gadurà, lo stadio, il brefotrofio, l’acquedotto, l’acquario, oltre ad una serie di villette destinate agli impiegati governativi. Il tutto su impulso del governatore Mario Lago, che seppe farsi apprezzare da tutte le comunità dell’isola – greci, turchi, ebrei – instaurando un clima di pacifica convivenza.

A questi benevoli sentimenti della popolazione locale, che tutt’ora ricorda quel periodo come “gli anni d’oro di Rodi”, non fu estraneo il faraonico programma di investimenti pubblici di Lago, che si era anche trovato a dover fronteggiare le conseguenze dell’ennesimo terremoto.

Fu in quegli anni che nacquero anche via e piazza Rimini, mentre a Rimini si intitolava una via Rodi a Marina Centro.

Ma gli italiani erano tutto sommato sempre degli invasori, mentre il successore di Lago, il quadrumviro ultra-nazionalista Cesare Maria De Vecchi, non è altrettanto rimpianto dai greci; perché dopo la fine della guerra i nomi delle vie non furono cambiati?

Per due ragioni opposte, secondo gli anziani dell’isola.

Da una parte, il ricordo dei loro “anni d’oro” ha continuato a prevalere nei rodioti anche in anni di acceso nazionalismo, sia durante la guerra civile che si scatenò in Grecia dopo il conflitto mondiale, sia durante la dittatura dei colonnelli; tant’è vero che al governatore italiano è ancora intitolata perfino una cittadina da lui fondata, Portolago.

D’altra parte Rimini, per i militari greci, aveva nel frattempo assunto anche un altro significato.

Il 21 settembre del 1944 erano state proprio le truppe elleniche che combattevano nell’Ottava Armata britannica a liberare la città pagando anche un consistente tributo di sangue, come testimoniato dalle 114 tombe del cimitero militare greco di Riccione. Da quel giorno la Terza Brigata di fanteria greca si sarebbe chiamata “Brigata Rimini”.

Quell’azione – per quanto simbolica: a spianare la strada erano stati i corazzati neozelandesi – non fu un caso: il governo greco in esilio chiedeva da tempo l’onore di entrare per primo in una città italiana che fosse di primaria importanza almeno dal punto di vista militare. E Rimini rispondeva in due modi a quel requisito: per una ragione d’attualità, quale caposaldo della Linea Gotica; per la motivazione storica, come è scolpito negli annali militari: nel 49 a.C fu la prima civitas occupata da Giulio Cesare sul suolo della repubblica dopo aver violato il confine del Rubicone al grido “Alea iacta est!”.

Ultimi Articoli

Scroll Up