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Rimini premia i giovani artisti italiani, PART incorona Benni Bosetto

Il Comune di Rimini e la Fondazione San Patrignano annunciano i vincitori della prima edizione del Premio Artisti Italiani PART, riconoscimento biennale per talenti dell’arte contemporanea di età inferiore ai quarant’anni italiani o residenti in Italia: prima classificata è Benni Bosetto con l’opera Doctor Said I might Go Blind. It Helped Me see more clearly. 15 Feb.2022, 17:58; il secondo classificato è Giangiacomo Rossetti con Untitled (light sequence); il terzo premio viene assegnato ex aequo a Binta Diaw con Paysage Corporel VII e a Beatrice Marchi con Amiche Forever.

Benni Bosetto ©Claudio Zamagni

I vincitori sono stati selezionati tra i 12 finalisti della prima edizione dal comitato dei sostenitori del Premio e dal Sindaco di Rimini con le seguenti motivazioni:
“Considerata la qualità di tutte le opere presentate dagli artisti finalisti, selezionati tra i più innovativi della scena italiana; valutato che il Premio vuole sostenere i talenti dell’arte dei nostri tempi, italiani o residenti in Italia, e che esso ha come obiettivo quello di estendere l’offerta di contenuti artistici della Collezione Fondazione San Patrignano incrementandola; considerato altresì che la Collezione stessa nasce come riserva economica, abbiamo deciso di assegnare i premi tenendo conto anche del fatto che alcuni artisti si sono già distinti con mostre in prestigiose istituzioni pubbliche o gallerie private non solo italiane, ma anche di respiro internazionale.
A Benni Bosetto va il primo premio per aver proposto un’opera che coniuga ricerca e tradizione attraverso una tecnica elegante e un linguaggio di grande potenza espressiva, capace di condurre lo spettatore a riflettere sulla complessità dell’essere umano.
A Giangiacomo Rossetti va il secondo premio per aver dimostrato di saper rileggere il passato in forme attuali, senza rinunciare a suggestioni spirituali e portando lo spettatore a porsi domande su temi quali la solitudine e il rapporto con sé stessi e con gli altri.
Binta Diaw è terza classificata ex aequo per la sua capacità di saper raccontare fenomeni sociali di grande rilevanza. La giovane artista, attraverso una fotografia del proprio corpo su cui sono disegnati a gessetto file di piccoli e delicati pomodori, si rende testimone delle sofferenze e del dolore provocato dai sistemi di sfruttamento umano nelle coltivazioni del sud-Italia gestite dal caporalato.
Beatrice Marchi è terza classificata ex aequo in quanto con l’opera presentata, uno dei suoi primi video, indaga con una tecnica di immediata fruizione temi complessi come la definizione dell’identità, le relazioni umane e la ricerca di approvazione”.

Binta Diaw ©Claudio Zamagni

I vincitori si aggiudicano una somma in denaro pari a Euro 10.000 per il primo classificato, Euro 6.000 per il secondo e Euro 4.000 per il terzo classificato. Le opere degli artisti vincitori entreranno a far parte della Collezione San Patrignano, secondo il modello di endowment su cui si fonda la Collezione stessa, e saranno esposte al PART.

Benni Bosetto, Costanza Candeloro, Caterina De Nicola, Binta Diaw, Lorenza Longhi, Beatrice Marchi, Diego Marcon, Daniele Milvio, Margherita Raso, Andrea Romano, Giangiacomo Rossetti e Davide Stucchi sono i dodici finalisti della prima edizione, scelti dal comitato selezionatore composto da Edoardo Bonaspetti, Lucrezia Calabrò Visconti e Francesco Garutti; sono stati i finalisti del premio e sono protagonisti di una mostra all’interno del PART Palazzi dell’Arte Rimini prorogata sino a domenica 9 ottobre.

Jamil Sadegholvaad, Sindaco di Rimini, commenta: “I migliori artisti under 40 hanno trovato casa al Part di Rimini. Questo è per noi un riconoscimento importante nella direzione della valorizzazione dei giovani e in particolare dei talenti artistici italiani che hanno saputo cogliere in anticipo e trasferire nelle proprie opere le contraddizioni e i sentimenti dei nostri anni. Dare uno spazio a questo progetto in un museo riqualificato e rigenerato nel segno del ruolo sociale dell’arte, è una scelta nella direzione di costruire il futuro valorizzando i giovani talenti, con uno sguardo costantemente proiettato al domani. Le opere che sono in mostra e di cui oggi annunciamo la premiazione, affrontano diversi temi: dalle questioni di identità e appartenenza, sino alla domanda sul valore dell’opera d’arte o la capacità dell’arte di essere politica. Credo che il futuro di questo spazio, come il futuro della nostra città, vada sempre più nella direzione di includere i giovani e le domande profonde che pongono”.


Giangiacomo Rossetti  ©Claudio Zamagni

Il Premio Artisti Italiani PART nasce da un’idea di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo e Giuseppe Iannaccone. Può contare su un comitato di sostenitori, composto da Francesca Bazoli, Diana Bracco, Carlo Cimbri, Paolo Clerici, Laura Colnaghi, Alberta Ferretti, Giuseppe Iannaccone, Daniela Memmo, Gilda Moratti, Letizia Moratti, Clarice Pecori Giraldi, Polissena Perrone, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Francesca Scaroni, Roberto Spada, Carlo Traglio, Francesca Tronchetti Provera e Flavio Valeri.

Il Premio Artisti Italiani PART ambisce a supportare l’arte contemporanea italiana emergente e ad alimentare la Collezione e i suggestivi spazi del PART con opere di grande qualità selezionate attraverso un dispositivo dinamico che agisca a sostegno della migliore pratica artistica italiana under 40 e con il coinvolgimento dei curatori più talentuosi, disegnando un inedito percorso virtuoso tra arte, territorio e solidarietà.

GLI ARTISTI VINCITORI

BENNI BOSETTO (Merate – Lecco, 1987)
Doctor Said I might Go Blind. It Helped Me see more clearly. 15 Feb.2022, 17:58, 2022, matita su seta, stoffa, ovatta, legno e ferro, 80x55x4 cm, Courtesy dell’artista e Campoli Presti, Parigi

Doctor Said I might Go Blind. It Helped Me see more clearly. 15 Feb.2022, 17:58 è un complesso disegno a matita su seta ovattata porta lo spettatore in uno spazio intimo e al contempo metafisico. È un’opera che nasce con l’intento di riflettere sulla natura della distrazione, intesa come quello stato mentale che permette connessioni inaspettate tra i momenti altalenanti di concentrazione e deriva. L’opera serve come contenitore di esperienze “divinamente inutili”, fugge la gravità e tende ad elevarsi verso una dimensione ultraterrena, un linguaggio nascosto, un po’ giocoso, attraverso cui sentirsi costantemente fuori strada. Ispirandosi all’iconografia surreale delle grottesche, il disegno rappresenta una specie di macchina ibrida che contiene e funziona tramite liquidi corporei, organi genitali, ortaggi, molteplicità di esseri umani, unicellulari, animali, dolciumi, gattini, parassiti viscerali e gioielli di pietre preziose le cui interconnessioni sono visibili grazie a collegamenti tubolari che ricordano vene, reti molecolari o biomeccaniche che passano attraverso i loro orifizi formando un unico ecosistema vivente che rimanda alle macchine celibi descritte da Michel Carrouges ma adattate ad una visione più compostista. Ciò che i personaggi rappresentati stanno operando, quando non sono assorti in una qualche riflessione o forse nel vuoto sono una serie di gesti rituali e di esercizi per la cura del sé che rivelano la centralità del corpo come origine della percezione. Il titolo è un frammento diaristico quotidiano, estratto da un articolo che ha distratto la mente dell’artista, e suggerisce che il senso si trova tra gli interstizi del reale.

Benni Bosetto, Doctor Said I might Go Blind. It Helped Me see more clearly. 15 Feb.2022, 17:58, 2022, matita su seta, stoffa, ovatta, legno e ferro, 80x55x4 cm, Courtesy dell’artista e Campoli Presti, Parigi, Photo: Henrik Blomqvist

STATEMENT
La pratica artistica di Benni Bosetto indaga la condizione umana sondando il ruolo dei rituali nella società odierna. Abbandonando le nozioni tradizionali del tempo e dello spazio e utilizzando un linguaggio visivo pre logico, Bosetto fa appello a un’inconscia memoria collettiva, rileggendo il concetto di vaporizzazione del corpo e di perdita d’identità, il suo trascendere la dimensione spazio temporale, facendosi immagine di un perenne divenire e movimento. Nelle sue opere la corporeità si dissolve divenendo parte di altre specie, altri generi e altri tempi che si tengono e riallacciano in un racconto eterno. La realtà si rompe in un assemblaggio composto di molteplicità, a ribadire che l’essere umano è innanzitutto compost, essere con gli altri.

BIOGRAFIA
Benni Bosetto vive e lavora a Milano. Laureata all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, ha studiato al Sandberg Instituut ad Amsterdam. Tra le mostre personali: MAMbo, Bologna e Campoli Presti, Parigi (2022); ADA, Roma (2021); Almanac, Torino (2020); Kunstraum, Londra (2019); Tile Project Space, Milano (2017). Tra le mostre collettive: MAXXI L’Aquila (2022); Campoli Presti, Parigi (2021); Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma (2021); Quadriennale di Roma (2020); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Guarene (2020); Villa Medici, Roma (2019); OGR, Torino (2019); MAMbo, Bologna (2019); Fondazione Baruchello, Roma (2019); DAMA, Torino (2016); De Appel Art Center, Amsterdam (2016). Benni Bosetto ha ricevuto il Pollock-Krasner Foundation Grant nel 2020.

GIANGIACOMO ROSSETTI (Milano, 1989)
Untitled (light sequence), 2022, 4 Gelli Print Monotypes su carta, 52×62 cm ognuno, Courtesy dell’artista e Galleria Federico Vavassori, Milano

Giangiacomo Rossetti, Untitled (light sequence), 2022, 4 Gelli Print Monotypes su carta, 52×62 cm ognuno, Courtesy dell’artista e Galleria Federico Vavassori, Milano, Photo: Henrik Blomqvist

BIOGRAFIA
Giangiacomo Rossetti vive e lavora a New York. Ha studiato all’Accademia di Brera a Milano e ha poi conseguito un master all’FHNW a Basilea. Le sue più recenti mostre personali includono Federico Vavassori, Milano (2021); Greene Naftali, New York (2020); Mendes Wood DM, Bruxelles (2019); Riverside, Berna (2018); Federico Vavassori, Milano (2017). Le mostre collettive a cui ha partecipato includono CFA live, Milano (2021); Greene Naftali, New York (2021); Aspen Art Museum, Aspen (2020); Stuart Shave Modern Art, Londra (2020); Greene Naftali, New York (2019); Braunsfelder Family Collection, Colonia (2018); MAK Center for Art and Architecture, Los Angeles (2017).

BINTA DIAW (Milano, 1995)
Paysage Corporel VII, 2021, Gessetto naturale su carta di cotone, Ed. 2/3, 110×165 cm, Courtesy dell’artista e Galerie Cécile Fakhoury

Paysage Corporel VII è la settima opera fotografica della serie ‘Paysages Corporels’, un corpus di fotografie ritoccate in superficie con pigmenti naturali. Il corpo femminile nero è la testimonianza evidente di dolori, violenze, lotte, sofferenze e disuguaglianze. Il rapporto ancestrale tra i corpi femminili e la Natura, ritorna in queste opere in cui vengono fotografate diverse parti del corpo dell’artista. Un Corpo come terreno di resistenza, di potere e di azione, illuminato da tracce di colori sulla superficie fotografica, che trasformano le linee, le tracce, le simbologie e le forme del corpo in viaggi, riflessioni e paesaggi armoniosi e idealmente infiniti. Queste tracce effimere, sono il risultato di un processo di questioning e di una continua ricerca interiore legata a rivendicazioni identitarie, al movimento ciclico delle donne, della Natura sotto una lente critica. In questa fotografia, in particolare, l’artista ha voluto disegnarsi addosso grappoli di pomodori con numerosi riferimenti storici, identitari e culturali. La fotografia a interpretazione aperta, come per tutte quante, riflette sulla cittadinanza e sul concetto di italianità a partire dal pomodoro, simbolo che ha accompagnato l’Italia nella storia dal passato al giorno d’oggi. I pomodori al giorno d’oggi oltre a essere colonna portante della gastronomia italiana, sono il fulcro di violenti sistemi di sfruttamento umano nelle piantagioni gestite dal Caporalato, nel Sud Italia.

Binta Diaw, Paysage Corporel VII, 2021, Gessetto naturale su carta di cotone, Ed. 2/3, 110×165 cm, Courtesy dell’artista e Galerie Cécile Fakhoury

STATEMENT
Spesso declinata sotto forma di installazioni di varie dimensioni, la ricerca plastica di Binta Diaw è parte di una riflessione filosofica sui fenomeni sociali, culturali e identitari, che definiscono il nostro mondo contemporaneo come la migrazione, la nozione di appartenenza o la questione di genere, attraverso corpo e spazialità. Alimentando la sua pratica attraverso contributi sull’intersezionalità e sul femminismo, Binta Diaw ci porta nell’esplorazione di molteplici livelli di identità; la sua come donna nera, in un mondo europeizzato; la nostra e quella di un continuo crocevia di storie e geografie.

BIOGRAFIA
Binta Diaw si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano e all’ÉSAD di Grenoble, vive e lavora a Milano. Il suo lavoro è stato esposto in diverse mostre: “and plant seeds for a different way of living”, Titanik and Museum of Impossible Forms, Turku (2022); “The Recovery plan”, Istituto Italiano di Cultura, Parigi (2022); “Les Filons Géologiques”, Palazzo Accursio, Bologna (2021); Museo Novecento, Firenze (2021); “Dïà s p o r a”, Galerie Cécile Fakhoury, Abidjan (2021); School of Water–Mediterranea, Young Artists Biennale, San Marino (2021); “I have this memory, it is not my own”, Galerie Cécile Fakhoury, Dakar (2020); “Waves Between Us”, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Guarene (2020); “Nero Sangue”, Museo MAGA, Gallarate (2020); “In Search of Our Ancestor’s Garden”, Milano (2020); “Soil is an Inscribed Body”, Savvy Contemporary, Berlino (2019).

BEATRICE MARCHI (Gallarate – Varese, 1986)
Amiche Forever, 2017, HD animazione video, colore, suono, 4’32’’, Courtesy dell’artista e Sandy Brown, Berlino

In video animation Amiche Forever (2017), una video chiamata tra Susy e Culinski, che appare sullo schermo di un iPad, mostra le due amiche discutere in inglese e in italiano. “La tua ossessione di avere una BFF è ridicola!” “Voglio essere internazionale!”. Il video termina con un makeover di Culinski che ricorda un tutorial di YouTube, completo di contouring, ciglia finte e rossetto labiale, mentre suona il ritornello della canzone “Never My Friend”.

STATEMENT
Attraverso diversi media, il lavoro di Beatrice Marchi indaga alcuni processi coinvolti nella definizione dell’identità, creando personaggi clowneschi che prendono vita in dipinti, video, performance e sculture. Prendendo ispirazione da episodi della sua vita quotidiana, il lavoro di Beatrice Marchi ruota intorno allo studio dei diversi stati di vulnerabilità di un individuo in relazione a una collettività, per esplorare la complessità delle relazioni umane, la coscienza sporca, l’insoddisfazione e la ricerca di approvazione.

Beatrice Marchi, Amiche Forever, 2017, HD animazione video, colore, suono, 4’32’’, Courtesy dell’artista e Sandy Brown, Berlino

BIOGRAFIA
Beatrice Marchi ha completato un MfA alla Hochschule für Bildende Künste di Amburgo nel 2017 e oggi vive e lavora a Berlino. Ha collaborato con Motel Lucie e Gasconade. Tra le sue mostre personali: Istituto Svizzero, Milano; Sandy Brown, Berlino; Casa Masaccio Centro per l’Arte Contemporanea, San Giovanni Valdarno; Riverside, Berna; Collezione Giuseppe Iannaccone, Milano; Hester, New York; Exo Exo, Parigi; Fanta, Milano; Gasconade, Milano. Il suo lavoro è stato presentato in mostre collettive presso diversi spazi istituzionali tra cui: Fondazione Prada, Milano, MACRO, Roma; Museion, Bolzano; Palazzo Reale, Milano; Performance Space, New York; Mambo, Bologna; Galerias Municipais de Lisboa – Galeria Boavista, Lisbona; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; 16a Quadriennale di Roma; PAC, Milano; GAM, Milano.

 

LE BIOGRAFIE DEI TRE SELEZIONATORI

EDOARDO BONASPETTI
Edoardo Bonaspetti (Reggio Emilia, 1975) è fondatore e co-direttore di Ordet, piattaforma espositiva, di ricerca e produzione per l’arte contemporanea a Milano e fondatore e co-direttore della casa editrice Lenz Press. Dal 2019 è direttore artistico della Fondazione Henraux la cui mission è rivolta alla sperimentazione artistica e alla promozione della tradizione e della lavorazione del marmo. Dal 2019 al 2020 è stato direttore editoriale presso Skira e dal 2014 al 2018 curatore del Dipartimento di Arti Visive de La Triennale di Milano. Ha fondato la rivista d’arte contemporanea Mousse nel 2006, la casa editrice Mousse Publishing nel 2009 e l’agenzia di comunicazione Mousse Agency nel 2011, dirigendole fino al 2018. Insieme ad Andrea Lissoni e Filipa Ramos nel 2013 ha ideato Vdrome, piattaforma online di film e video d’artista. Ha organizzato numerosi progetti espositivi, collaborando con artisti come Neïl Beloufa, Ian Cheng, Marc Camille Chaimowicz, Thea Djordjadze, John Knight, Ghislaine Leung, Liliane Lijn, Diego Marcon, Michael E. Smith, Walter Swennen, Luke Willis Thompson, Samson Young e Christopher Williams. Per dOCUMENTA (13) ha sviluppato progetti e workshop a Kabul, in Afghanistan (2012). Tra il 2009 e il 2010 è stato co-responsabile e contributor per la sezione Arte di Domus. Ha tenuto lezioni presso l’Accademia di belle arti di Milano, NABA, IULM ed è docente del Master in Alta Formazione in Immagine Contemporanea presso la Fondazione Fotografia di Modena.

LUCREZIA CALABRÒ VISCONTI
Lucrezia Calabrò Visconti (Desenzano del Garda – Brescia, 1990) è una curatrice e critica. Attualmente curatrice e responsabile del dipartimento curatoriale di Pinacoteca Agnelli, dal 2018 al 2021 ha lavorato alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo come responsabile del Young Curators Residency Programme. Nel 2018 è stata la curatrice della 6th Moscow International Biennale for Young Art, “Abracadabra”. Progetti recenti includono il public programme di Verso per Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (2021); “Esasperate, Eretiche, Estatiche” con Giulia Crispiani per Almanac Inn (2021); “Get Rid of Yourself (Ancora Ancora Ancora)” per Fondazione Baruchello (2019); “Abstract Sex. We don’t have any clothes, only equipment” con Guido Costa per Artissima (2019); “Good Luck, See You After the Revolution” con Mira Asriningtyas e Shona Mei Finlay, Università di Amsterdam e De Appel (2017). Nel 2017 ha fondato La Scuola della Fine del Tempo con Ambra Pittoni e Paul-Flavien Enriquez-Sarano. I suoi testi sono stati pubblicati in cataloghi e riviste specializzate. Ha curato il volume Shifting Views on Italian Art con Irene Calderoni (2021) e The New Work Times (2018) per Maurizio Cattelan. Dopo la laurea in Arti Visive e dello Spettacolo si è specializzata in Studi e Pratiche Curatoriali presso De Appel, Amsterdam e Campo, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Lucrezia Calabrò Visconti ha ottenuto un perfezionamento filosofico in Teoria Critica della Società presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca ed è attualmente iscritta al Master di Ricerca in Curatorial Critical Cybernetic Studies alla HEAD, Ginevra. Calabrò Visconti è co-fondatrice e vicepresidente di AWI – Art Workers Italia.

FRANCESCO GARUTTI
Francesco Garutti (Milano, 1979) è curatore ed editor d’arte contemporanea e di architettura. Dal 2017 come Curator Contemporary dirige l’Exhibition and Public Program Department del CCA – Canadian Centre for Architecture di Montreal. Attivo nella costruzione di ricerche trasversali e letture critiche sulle questioni chiave del contemporaneo – dalla relazione tra tecnologia e politica al ruolo delle istituzioni oggi – Francesco Garutti è stato autore di progetti come “Elegantia. Harald Thys & Jos de Gruyter” per La Triennale di Milano (2017), e per CCA Montreal ha recentemente curato le mostre “Our Happy Life: Architecture and Well-Being in the Age of Emotional Capitalism” (2019), “The Things Around Us: 51N4E and Rural Urban Framework” (2020-2021) e i progetti di ricerca e documentary film Misleading Innocence (2014) e Now, Please Think About Yesterday (2019). Architetto e ricercatore per Peter Zumthor Architekturbüro (2007-2008), Art and Architecture Editor per la rivista Abitare (2011-2013), Francesco Garutti ha curato “FAIRLAND – Explorations, Insights and Outlooks on the Future of Art Fairs”, Koenig Books & Mousse Publishing (2014) ed è parte del team di autori dell’opera multi-volume The Museum is Not Enough edita da Sternberg Press e CCA (2019 – in corso). Dal 2019 Garutti è direttore del programma “Out of the Box” sulla Collezione Gordon Matta-Clark del CCA di Montreal.

SAN PATRIGNANO
San Patrignano nasce nel 1978 su una collina nell’entroterra di Rimini. In poco tempo diventa una risposta concreta al problema della tossicodipendenza. Nel 1985 viene istituita la Fondazione San Patrignano allo scopo di perseguire in via esclusiva finalità di “solidarietà sociale”. Dal 1978 San Patrignano ha accolto oltre ventiseimila ragazze e ragazzi offrendo loro una casa, il calore di una famiglia, assistenza sanitaria e legale, la possibilità di riprendere gli studi e ottenere una formazione professionale utile al loro reinserimento. La permanenza in comunità è completamente gratuita e ad oggi San Patrignano ospita circa mille persone, tra le quali anche minorenni reduci da problematiche di disagio e consumo di droghe. La Comunità accoglie da sempre anche persone che svolgono il percorso riabilitativo in alternativa al carcere. La Comunità è accreditata dal Servizio sanitario regionale dell’Emilia-Romagna, riconosciuta come “Organizzazione Non Governativa” (NGO) e presso le Nazioni Unite con lo status di “consulente speciale” presso il Consiglio Economico e Sociale dell’Onu.

ENDOWMENT PER SAN PATRIGNANO
Quanto realizzato dalla Fondazione San Patrignano con la collezione è uno strumento di sostenibilità innovativo; la prima esperienza in Italia di endowment sul modello anglosassone, che permetterà a San Patrignano di avere una risorsa patrimoniale in caso di futuri investimenti strutturali. Le opere che costituiscono la collezione sono donate da artisti, collezionisti e galleristi. La Fondazione ha l’obbligo di tenerle e valorizzarle per almeno cinque anni e, passato questo intervallo di tempo, solo per esigenze straordinarie a favore della comunità di San Patrignano, le opere potranno essere vendute.

LA COLLABORAZIONE CON IL COMUNE DI RIMINI PER I PALAZZI DELLE ARTI
Due palazzi storici, riportati al loro splendore architettonico. Un museo nuovo e diverso. Un raro affresco, capolavoro dell’arte medievale italiana. Una collezione d’arte d’eccezione: un’affascinante panoramica sulla creatività contemporanea, situata nella piazza principale di Rimini. PART, inaugurato nel 2020, è il risultato di una collaborazione tra il Comune di Rimini, proprietario dei palazzi dell’Arengo e del Podestà – oggetto di lavori di restauro a cura di Luca Cipelletti per dotare la città di un ampio spazio per l’arte contemporanea – e la Fondazione San Patrignano che ha messo a disposizione, in esposizione permanente, le opere della sua collezione.

LA COLLEZIONE
La Collezione Fondazione San Patrignano riunisce ad oggi opere tutte donate di: Mario Airò, Vanessa Beecroft, Bertozzi&Casoni, Domenico Bianchi, Alessandro Busci, Pier Paolo Calzolari, Maurizio Cannavacciuolo, Loris Cecchini, Jake e Dinos Chapman, Sandro Chia, Roberto Coda Zabetta, George Condo, Enzo Cucchi, Anne de Carbuccia, Thomas De Falco, Nicola De Maria, Gianluca Di Pasquale, Zehra Doğan, Nathalie Djurberg & Hans Berg, Sam Falls, Flavio Favelli, Giuseppe Gallo, Alberto Garutti, Giorgio Griffa, Shilpa Gupta, Mona Hatoum, Damien Hirst, Carsten Höller, Emilio Isgrò, Giovanni Iudice, William Kentridge, Loredana Longo, Claudia Losi, Iva Lulashi, Ibrahim Mahama, Agnes Martin, Paul McCarthy, Sabrina Mezzaqui, Igor Mitoraj, Davide Monaldi, Gian Marco Montesano, Mimmo Paladino, Tullio Pericoli, Achille Perilli, Diego Perrone, Luca Pignatelli, Pino Pinelli, Michelangelo Pistoletto, Gianni Politi, Matteo Pugliese, Jean-Paul Riopelle, Pietro Ruffo, Mario Schifano, Julian Schnabel, Elisa Sighicelli, Andreas Slominski, Ettore Spalletti, Grazia Toderi, Francesco Vezzoli, Velasco Vitali, Silvio Wolf, Yan Pei-Ming, Zhang Xiaogang.

 

 

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