Un comunicato del Circolo PD di Rivabella sulla situazione del dibattito post elettorale all’interno del PD:
“Il risultato delle elezioni appena concluse non lascia spazio a interpretazioni di sorta, è stata una sconfitta terribile.
Prendiamo atto delle dimissioni di Renzi e ci auspichiamo che si svolga una profonda e ampia analisi del percorso che ci ha condotto a questo risultato.
Una discussione seria, senza tabù e senza paletti, ampia e approfondita, ma serena e senza rappresaglie.
Questo il nostro contributo:
Pensiamo necessario ripartire dal basso, dalla struttura dei circoli e dei simpatizzanti, aprendosi ad un percorso di confronto con la società civile, quella vera, quella dei lavoratori, dei professionisti, delle associazioni, delle associazioni di cartegoria, delle imprese e dei sindacati, senza nessun tipo di preclusione;
Un’ampia fetta di italiani ci ha lanciato un segnale inequivocabile: non li rappresentiamo! Siamo stati, anche ingiustamente, identificati come il partito dei benestanti gaudenti, degli inclusi, degli integrati, di quelli che partono sempre da posizioni favorevoli. Abbiamo correttamente raccontato di una società che cambia, ma rispetto alla quale ci siamo dimostrati senza idee e strategie, senza armi. Ci auspichiamo comunque di non fare mai promesse demagogiche, come han fatto altri; gli elettori, in particolare al sud, con situazioni ben note di necessità urgenti, hanno riconosciuto negli slogan elettorali più populisti solo la parte buona e non quella nascosta, dando fiducia a chi li ha diffusi.
Il nostro obiettivo dovrà essere quello di rispondere alle richieste concrete delle persone, pur non alimentando false e demagogiche aspettative.
Ci si è dedicati alla realtà delle cose fatte, ma tralasciando indicazioni di strategie proiettate nel futuro. Dimenticando anche di dare maggiore forza di coesione al Partito, che già dava segni di insofferenza nei confronti delle soluzioni indicate.
Si sono descritti questi spaventosi cambiamenti come qualcosa di ineluttabile, da affrontare ciascuno per sé, con solo l’ impegno e la volontà dei singoli, come se il punto di partenza, come se le opportunità e gli strumenti dei singoli fossero uguali per tutti. Dobbiamo tornare ad occuparci di fornire a tutti gli stessi punti di partenza, la stessa possibilità di accesso alle opportunità.
Un partito assente dai luoghi più difficili, privo di rappresentanti dell’area sociale più disagiata, con una base elettorale dalla media di età molto elevata, si è trovato nella scomoda posizione di decidere del destino dei giovani, degli esclusi; si è trovato a maneggiare speranze, prospettive ed ambizioni di ampie fasce della società senza porsi il tema di coinvolgerle, di capirle, di confrontarsi. Torna indispensabile decidere a chi vogliamo rivolgerci e confrontarsi con essi, o le nostre ricette, per giuste o adeguate che siano, saranno rispedite al mittente.
Per rigenerare un confronto proficuo con la società civile, gli amministratori, che hanno nelle loro mani la possibilità di decidere, devono rivestire un ruolo di assoluto protagonismo, con rinnovata generosità, instaurando meccanismi di partecipazione e condivisione a tutti i livelli, che sicuramente non sempre pagheranno nella velocità decisionale, ma pagheranno in prospettiva sul senso di inclusione.
Riguardo alla questione delle alleanze, abbiamo fiducia nell’operato del Presidente della Repubblica, ci auspichiamo che si vadano a vedere le carte di chi ha la responsabilità della proposta, ma riteniamo che l’unica possibilità percorribile, sia un governo che coinvolga tutto l’arco del parlamento. In ogni caso, se e quando ci sarà chiesto un contributo, ci auguriamo che le decisione coinvolga in una consultazione tutti gli iscritti del PD.
Il nostro ruolo dovrà essere quello di cucire una veste seria e concreta ai sogni e alle ambizioni delle persone in difficoltà, scegliendo in modo inequivocabile da che parte stare, con uno sforzo inedito di condivisione e discussione a tutti i livelli, dando
importanza alle persone ed alle loro proposte. Abbiamo creduto che fosse sufficiente un bravo leader, ma abbiamo anche scoperto che serve di più una base elettorale larga e convinta”.