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Rimini, evasione, usura ed estorsione: sequestri e arresti in tutta Italia – VIDEO

Un vaso di pandora, una panacea di reati e condotte dannose nei confronti dello Stato e in particolare dell’erario. Alle prime luci dell’alba di oggi sabato i Carabinieri del Comando Provinciale di Rimini ed i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Rimini, congiuntamente ed in stretta collaborazione, hanno dato l’avvio ad una vasta operazione di polizia, denominata “Never Dream”, in Emilia Romagna e, in contemporanea, nelle regioni Marche, Calabria, Lombardia e Puglia, a contrasto dell’infiltrazione della criminalità nell’economia della Provincia, che ha consentito di smantellare un sodalizio criminale con base nel riminese, in particolare nella zona sud della Provincia, ma con ramificazioni e interessi economici anche in altre Province (Pesaro, Vibo Valentia, Varese, Monza Brianza, Bari), con al vertice un imprenditore di origini calabresi, pluripregiudicato da anni operativo nelle Provincie di Rimini e Pesaro e composto da oltre 20 persone indagate e collegate. Evasione, usura, ed estorsione aggravata dalle minacce, questi ultimi nei confronti di due persone del riminese, sono i reati contestati. E poi ancora riciclaggio e antiriciclaggio e false fatture per operazioni inesistenti riconducibili a 36 società sparse in tutta Italia  (12 a Pesaro, 8 a Roma, 6 a Rimini, 4 a Milano, 3 a Monza, 1 a Reggio Calabria, 1 a Genova e 1 ad Alessandria) e due in Lituania. Per lo più società che a livello operativo non erano più attive.

Sono 22 in tutto le persone indagate, cinque quelle arrestate: tra di loro l’imprenditore calabrese la compagna da cui le indagini erano di fatto partite dopo una segnalazione della dda di Napoli che risale a diversi anni fa. Una volta caduta l’ipotesi di reato di stampo mafioso l’inchiesta e di fatto passata nelle mani della magistratura riminese.

Al centro delle operazioni condotte dal sodalizio, il reato di evasione e il reato di indebita compensazione di crediti inesistenti che l’imprenditore arrestato ai vertici del sodalizio perseguiva avvalendosi della collaborazione diretta ed indiretta di tutti i suoi sodali. In particolare, avvalendosi di un professionista, nei dettagli un consulente fiscale anch’egli indagato e posto agli arresti domiciliari.  In particolare era stato avviato un meccanismo ben rodato e finalizzato a produrre impressionanti surplus di IVA a credito, sia a mezzo di fatture per operazioni inesistenti, che mediante esportazioni fittizie di ingenti quantitativi di materiali verso l’estero – la Lituania, in particolare dove avevano sede due delle 38 aziende coinvolte nel giro di fatture – con lo scopo di ottenere un ingente arricchimento patrimoniale personale. Successivamente, le società allo stesso “dominus” riconducibili dietro alle quali si celava con la collaborazione di prestanome e teste di legno utilizzavano i suddetti crediti IVA (fittizi) per l’indebita compensazione delle imposte dovute, nonché per operazioni di accollo di debiti tributari mediante stipulazione di specifici contratti con società terze beneficiarie, per un importo accertato pari a 1.415.000 euro.

Al termine dell’operazione di questa mattina il bilancio annovera 9 misure cautelari personali di cui 3 in carcere e 2 ai domiciliari; 2 misure interdittive da esercizio attività d’impresa; 1 obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria; 1 obbligo di dimora, 7 misure cautelari (sequestri preventivi funzionali alla confisca per equivalente del profitto derivante da reati tributari, di riciclaggio ed auto-riciclaggio di proventi illeciti, di usura). I sequestri per equivalente sono stai effettuati sui beni intestati o nella disponibilità degli indagati. Nei dettagli 5 unità immobiliari,  1 terreno, quote sociali per circa € 46.000,  12 mezzi (autoveicoli, motoveicoli e ciclomotori), saldi attivi di  20 rapporti finanziari, fino a concorrenza dell’importo di complessivi valori per circa 9 milioni di euro.

per un totale di 9 milioni di euro sequestrati.

Capitolo riciclaggio. Nel corso dell’operazione sono state fermate sul nascere operazioni di “riciclaggio” e “auto-riciclaggio” di parte del denaro proveniente dalla commissione dei reati tributari, pari a circa € 315.000. Operazioni che consentivano il graduale e consistente arricchimento del patrimonio personale sia del dominus, che di altri appartenenti all’associazione per delinquere, nonché di terzi che hanno avuto contatti più o meno assidui con gli indagati.

In più nelle Province di Pesaro e Rimini il boss dell’organizzazione criminale ricorreva talvolta anche all’usura e all’estorsione “strozzando” di fatto imprenditori in difficoltà sotto minaccia. Si vantava delle proprie origini calabresi e delle proprie “conoscenze”. Dal titolare di un negozio di articoli per l’infanzia il sodalizio criminale si era fatto consegnare assegni in bianco con la scusa di investirli nell’attività, assegni poi di fatto messi subito all’incasso. E quando il titolare del negozio si rifiutava di pagare, ecco che partivano le minacce. Al titolare di un distributore di carburanti i criminali avevano applicato un tasso di usura del 75% in seguito all’erogazione di un prestito.

Il video della Guardia di Finanza e dei Carabinieri:

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