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Rimini, “Ogni generazione ha la sua guerra. Questa è la nostra”. L’intervento di Gnassi in consiglio

Si è tenuto oggi il promo consiglio comunale in video conferenza nella storia del Comune di Rimini. Di seguito parte dell’intervento del sindaco di Rimini Andrea Gnassi. 

“Ogni generazione ha la sua guerra da combattere. Questa, cominciata in Emilia Romagna e a Rimini circa 40 giorni fa, è la guerra della nostra generazione.

Grazie per la vostra presenza a questa seduta del Consiglio comunale che, per la prima volta nella storia bimillenaria di Rimini, avviene con modalità virtuali.

Se ci pensate è un po’ il simbolo delle due facce della battaglia contro il coronavirus: da una parte il doloroso distanziamento sociale, l’interruzione delle relazioni fisiche, ma dall’altra il desiderio incomprimibile delle persone di parlare, discutere, di presente e di futuro.

Per questo voglio ringraziare la Presidente Sara Donati e tutti voi consiglieri: esattamente in questo momento affermiamo, ognuno di noi e insieme, che la democrazia non è sospesa. Questo schermo diviso in tante finestre, con volti diversi, è uno spazio infinito di libertà e di dibattito. E proprio perché questo non è un luogo asettico governato da un software ma è pieno di pietas e di umanità voglio rivolgere un pensiero a chi non c’è più, alle famiglie, a chi è su un letto di ospedale. Comunque andrà, il tributo pagato da Rimini a questa guerra è altissimo. E, purtroppo, siamo ancora qui in trincea a combattere. Stringiamo i denti nel presente per essere pronti alla ripartenza.

Abbiamo fatto sacrifici enormi: in Regione solo Piacenza e Medicina hanno avuto, anzi scelto responsabilmente, misure particolarmente restrittive come quelle adottate a Rimini. Lo ha detto ieri anche il commissario straordinario Sergio Venturi: ci sono comunità come Rimini, Piacenza, Medicina che hanno preso misure sanitarie durissime, ma nella piena consapevolezza che quello era l’interesse delle loro comunità. Perché è stata interrotta la catena del contagio. Queste comunità hanno avuto la pazienza e la forza d’animo di resistere e questo sacrifico sta ripagando non solo quelle popolazioni perché gli altri territori a loro vicini dovrebbero ringraziare Piacenza, Rimini. Medicina.

Non ci voltiamo indietro, non ci rilassiamo ma d’altro canto i dati numerici confermano alcuni indispensabili segni di speranza.

Abbiamo passato settimane dall’8 marzo, giorno in cui fu promulgato il provvedimento del Governo di misure a forte contenimento sociale in Lombardia e in 14 altre province tra le quali Rimini, in cui la media giorno dei nuovi contagi era in vertiginosa crescita: 40, 60, 80, 109 con incrementi statistici giornalieri compresi tra il 15 e il 20 per cento. La scorsa settimana la media quotidiana dei tamponi positivi sul territorio riminese si è fermata a 28 e nei primi giorni di questa settimana siamo a poco più di 10.

Questo è il frutto degli sforzi fatti dall’8 marzo, raddoppiati e resi ancora più stringenti quando il 19 marzo tutti i Comuni e la Prefettura hanno chiesto alla Regione e al Governo di adottare un’ordinanza ancora più restrittiva, la cosiddetta ‘Ordinanza Rimini’. L’abbiamo condivisa con le amministrazioni, le forze sociali e economiche, consapevoli tutti – e di questo da sindaco ringrazio mille volte – che la salute e la persona viene prima di ogni altra considerazione.

Dobbiamo ribaltare il concetto: proprio rispettare un’ordinanza così rigorosa ha l’esclusivo scopo di farci tornare alla vita libera di esprimersi. Il professor Ricciardi parlando dell’epidemia, dei contagi e dei decessi ha correlato questi, il loro numero maggiore o minore, proprio in relazione alle misure di contenimento sociale. In assenza di queste misure, secondo il professor Ricciardi, sicuramente i decessi sarebbero stati tre o quattro volte tanto. Nella nostra provincia, sinora, sono stati purtroppo un centinaio. Fare sacrifici, stare a casa, chiudere le attività produttive, le scelte che abbiamo preso qua, questo lavoro enorme e di un’intera comunità, la nostra riminese ha salvato centinaia di persone. Ha permesso alle strutture ospedaliere sin qui di reggere un urto enorme. Non è scontato che ciò sia automatico. Se i medici gli operatori sanitari gli infermieri sono al fronte, la nostra comunità ognuno di noi è la retrovia che li deve supportare.

Il mio intervento vuole essere prima di tutto una nota informativa, una fotografia di quanto fatto, quanto si sta facendo e quanto si farà, in ordine al contrasto alla pandemia del Covid-19.

Con la Prefettura, con gli altri 24 Comuni, con la Provincia abbiamo condiviso una direzione di marcia, di assoluta responsabilità. Questa è una bella lezione per i cinici che ci aspettavano al varco per dire: ognuno andrà per i fatti suoi. Nel momento forse più duro, quando intorno a metà marzo scaturiva un quadro in cui la zona sud della provincia aveva un rapporto contagi/popolazione molto più alto del Comune capoluogo la scelta è stata quella di agire assieme. Abbiamo stabilito una catena di comando nella comunicazione, coordinata dal Prefetto Alessandra Camporota che davvero voglio ringraziare per quanto sta facendo”.

I NUMERI

Lo stato dell’epidemia Covid-19 in Regione, così come comunicato poche ore fa dal commissario Venturi è questo:

18.234 i casi positivi in Emilia-Romagna.

5.144 i posti letto aggiuntivi destinati ai pazienti Covid-19.

I casi lievi in isolamento a domicilio sono 7.864.

Continuano a salire le guarigioni, che arrivano complessivamente a 2.890.

Diminuisce il numero dei pazienti nelle terapie intensiva: 361.

decessi in Emilia Romagna sono 2.234, 123 dei quali in Provincia di Rimini (42 nel capoluogo).

Nel dettaglio i contagi sono 2.980 a Piacenza (27 in più rispetto a martedì), 2.395 Parma (30 in più), 3.352 Reggio Emilia (137 in più), 2.811 Modena (53 in più), 2.433 Bologna (99 in più), 325 Imola (3 in più), 538 Ferrara (16 in più), 746 Ravenna (8 in più), 1.058 Forlì-Cesena (di cui 585 Forlì, 21 in più rispetto a ieri, e 473 a Cesena, 3 in più), 1.596 Rimini (12 in più).

Da Piacenza a Rimini prosegue il lavoro all’interno della rete ospedaliera per attuare il piano di rafforzamento dei posti letto messo a punto dalla Regione: sono complessivamente 5.127 quelli rilevati ieri, tra ordinari (4.554) e di terapia intensiva (573). Nel dettaglio: 654 posti letto a Piacenza (di cui 46 per terapia intensiva), 1.070 a Parma (69 terapia intensiva), 705 a Reggio Emilia (64 terapia intensiva), 551 a Modena (86 terapia intensiva), 1.135 nell’area metropolitana di Bologna e Imola (163 terapia intensiva, di cui 16 a Imola), 264 Ferrara (38 terapia intensiva), 748 in Romagna, di cui 107 per terapia intensiva (nel dettaglio: 222 Rimini, di cui 39 per terapia intensiva; 41 Riccione; 131 Ravenna, di cui 14 per terapia intensiva, a cui si aggiungono ulteriori 8 posti messi a disposizione da Villa Maria Cecilia di Cotignola per la terapia intensiva; 99 Lugo, di cui 10 per terapia intensiva; 89 Forlì, di cui 10 per terapia intensiva, a cui si aggiungono 30 letti ordinari nella struttura privata Villa Serena; 128 a Cesena, di cui 26 per terapia intensiva).

 LA SANITA’

 Già nelle settimane precedenti i primi casi italiani l’Ausl aveva trasmesso agli operatori sanitari istruzioni e linee guida rispetto all’insorgere del problema coronavirus. Tali misure sono state intensificate a partire dal primo caso nel nord Italia, venerdì 21 febbraio.

Il 25 febbraio, al verificarsi del primo caso in provincia, oltre all’indagine epidemiologica e all’attivazione delle quarantene per i contatti, l’ufficio tecnico e la direzione medica dell’Ausl iniziavano immediatamente la pianificazione per dare corso alla “riconversione” graduale del quinto e sesto piano del DEA, seguiti in tempo reale dagli uffici comunali per la necessaria parte autorizzativa.

Già la settimana successiva è stato attivato il laboratorio di Pievesestina, in integrazione con quello di Bologna, in modo da rendere più rapida ed efficace la verifica dei casi.

E’ stata attuata una riorganizzazione del Pronto soccorso, identificando e allestendo una apposita area per pazienti sospetti covid.

A seguito delle ordinanze sindacali del Comune di Rimini si è attuata la riconversione e utilizzo dei due piani del Dea di cui sopra e anche di altre aree dell’ospedale per pazienti covid anche a seguito del minor utilizzo dei reparti dovuto al rallentamento delle attività sanitarie non urgenti. Contestualmente alla creazione di queste “aree covid”, si è provveduto a pianificare l’ampliamento della Terapia intensiva che è passata dai 15 iniziali a 39 posti letto ampliati a 52 con l’attivazione di altre aree dedicate e adeguatamente attrezzate presso lo stesso ospedale e a Novafeltria.

Successivamente, anche ad indicazione della Regione, è stata attivato un covid hospital a Riccione ed ulteriori spazi presso varie strutture. Costantemente si sono presi contatti con privati del territorio per accettare effettuare attività, principalmente chirurgiche, che era più opportuno svolgere al di fuori dell’ospedale e per accettare pazienti non covid e potenzialmente, al bisogno, anche covid. Gli accordi sono stati stipulati con Villa Maria, Sol et Salus e Nuova Ricerca di Rimini e con la clinica Montanari di Morciano.

Questo al fine di dare la risposta più adeguata possibile, coerentemente con protocolli clinici e linee guida, a tutti i pazienti a seconda della loro gravità.

Attraverso queste manovre in provincia attualmente i posti letto dedicati a covid 19 sono 360 DI CUI 52 di terapia intensiva. Ma stanno procedendo i lavori per l’allestimento anche del quarto piano del Dea per terapia intensiva (12 posti letto) e post-intensiva (altri 12), anche a seguito di un apposito finanziamento di 3 Milioni di Euro, parte del quale utile anche all’acquisto di nuovi ventilatori.

Contestualmente ha avuto luogo una spinta riconversione delle risorse umane che dalle attività sanitarie “in rallentamento” sono state indirizzare alla presa in carico di pazienti covid. Contestualmente l’Azienda ha attivato tempestivamente tutte le procedure per il reperimento di ulteriore personale, che ha portato a Rimini 130 infermieri, 86 oss e 20 dirigenti medici.

Tale strategia ha consentito di dare una risposta adeguata alla prima fase dell’infezione, caratterizzata da un alto numero di positività ma soprattutto di casi gravi che rendevano necessario il ricovero e lo spostamento in Terapia intensiva. Tale trend, che si è sviluppato in particolare nella seconda e terza decade di marzo, ha messo a rischio la tenuta degli ospedali tanto da rendere necessaria la pianificazione di ulteriori strutture di ricovero e cura: a tal fine le ipotesi percorse sono state quelle di un ospedale da campo da realizzarsi nell’ambito dell’Ospedale Infermi o della riconversione degli spazi della Fiera di Rimini creando 48 posti letto, metà dei quali per terapia intensiva. Ipotesi queste tutt’ora valide ma che al momento non pare necessario percorrere.

Si è infatti entrati in una nuova fase dell’infezione, caratterizzata – almeno dai dati di questi ultimi giorni – da un rallentamento dei contagi ma soprattutto dei ricoveri e dei casi gravi. In questa fase ha un ruolo ancor più fondamentale il contrasto della patologia sul territorio. Le Unità Speciali di Continuità assistenziale (Usca), operative già da oltre due settimane, composte da medici che si recano a casa dei pazienti covid gestiti a livello domiciliare, per monitorare in maniera più diretta l’evolversi del loro quadro clinico in coordinamento col medico di famiglia. La strategia in questa fase prevede che la ricerca proattiva e il contrasto della patologia sul territorio. Non appena il paziente presenta i primi sintomi e contatta il medico di famiglia, questi ha la possibilità, attivando le Usca, di effettuare il tampone e soprattutto prescrivere uno specifico farmaco antivirale, la clorochina, che le evidenze disponibili pongono tra le armi da utilizzare per ridurre l’evoluzione del quadro clinico verso forme gravi. Grazie alla collaborazione della Farmacia Ospedaliera e della Croce Rossa i farmaci vengono consegnati direttamente a domicilio dei pazienti. Oltre a dare una risposta più adeguata al paziente, in questo modo si limitano gli accessi ospedalieri: il paziente non peggiora, guarisce prima e diventa meno contagioso, e in questo modo si contiene anche l’espansione delle positività.

A tali misure è stato affiancato, in stretto raccordo coi Comuni e la Prefettura, il reperimento di strutture ad hoc per lo svolgimento del periodo di quarantena per coloro che, per motivi logistico famigliari, non sono in condizioni di effettuarlo congruamente al proprio domicilio. Contemporaneamente l’Azienda ha reperito alloggi per i medici e operatori neo-assunti provenienti da fuori, o per coloro che, lavorando in aree covid, preferivano avere un “punto di appoggio” vicino all’ospedale piuttosto che recarsi a casa al termine dei turni di lavoro.

Al fine di dar corso più rapidamente ai tamponi di negativizzazione (dopo la fine dei sintomi per dichiarare guarito un paziente servono due tamponi negativi a distanza di 24 ore l’uno dall’altro) è stato inoltre predisposto nella vecchia camera calda dell’Ospedale di Rimini, operativo da venerdì 3 aprile, il drive trhu presso il quale pazienti che hanno già un primo tampone negativo possono recarsi a fare il secondo, in maniera protetta e senza scendere dall’auto, in modo da razionalizzare tempi e risorse umane. Il numero dei guariti completamente validato all’8 aprile dalla Regione, è di 128 persone. Per quanto riguarda il dato complessivo delle persone diagnosticate covid positivo in provincia di Rimini, comprensivo anche dei residenti fuori provincia, è ad oggi, 8 aprile, di 1.596, mentre i positivi residenti nel Comune di Rimini risultano 566. I decessi al momento attuale risultano 123 in provincia di cui 42 a Rimini.

Sul fronte della tutela del personale sanitario sono stati attivati i test rapidi sierologici di screening degli operatori: partiti sabato 4 aprile se ne eseguono attualmente, a Rimini circa cento al giorno

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