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Rimini, “Momenti di trascurabile felicità” al cinema Fulgor

Per questo fine settimana Chiamamicittà.it consiglia Momenti di trascurabile felicità di Daniele Luchetti, che verrà proiettato al Cinema Fulgor alle ore 16:30, 18:00 e 21:30.

Libero adattamento dei due successi letterari dello scrittore Francesco Piccolo, Momenti di trascurabile felicità e Momenti di trascurabile infelicità, la pellicola del Premio David di Donatello Daniele Luchetti cerca di far convivere l’ormai celebre maschera televisiva e cinematografica di Pif (Pierfrancesco Diliberto), e il testo del Premio Strega campano – che tra l’altro, in coppia, sono attualmente in tour con uno spettacolo teatrale.

La vicenda narrativa muove da una premessa fondamentale: a Paolo (Pif) viene concesso dopo la morte di tornare sulla Terra per novantadue minuti. Un’ora e mezza piena di bilanci: avrà il tempo di fare i conti con gli aspetti più importanti della propria vita, o gli torneranno in mente solo “i frivoli momenti di trascurabile felicità”?

Si tratta però di un ibrido che non riesce a riproporre la levità e l’ironia esistenziale dei due fortunati romanzi, e finisce per dilagare troppo spesso in situazioni al limite dello stucchevole, in una indefinita piattezza dai contorni favolistici e uno sgasato brio surreale: un mix di toni ed elementi che finisce spesso per apparire come una serie irrelata di sketch, ora malinconici e ora romantici.

Pif riesce a rendere il tutto se non altro piacevole, anche se l’attore si dimostra poco a suo agio nei panni del protagonista, ripetendo all’infinito i suoi fortunati tic televisivi, tra cui ovviamente il voice over. Convince poco, inoltre, l’introduzione “palermitana” che, rispetto al libro, ha l’unico scopo di omaggiare e creare riferimenti intertestuali con il regista de La mafia uccide solo d’estate (2013).

Geniale è invece il ruolo e l’interpretazione di Renato Carpentieri che, alle prese con una seconda giovinezza dopo La tenerezza di Gianni Amelio, veste i panni di un impiegato ultraterreno fra i meandri di una burocrazia distopica sul genere di Brazil (1985).

Edoardo Bassetti

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