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Rimini, misterioso ritrovamento archeologico in via Melozzo da Forlì

Rimini continua a restituire frammenti del suo passato. L’ultimo ritrovamento non è avvenuto nel centro storico, ma nel Borgo Sant’Andrea. Durante gli scavi del cantiere per la Dorsale Sud PSBO sono stati rinvenuti resti di una costruzione ancora da datare.

La Soprintendenza, subito informata da Hera, sta facendo e farà per le prossime due settimane i rilievi opportuni. In questo periodo i lavori verranno naturalmente sospesi.

Quello che è emerso finora appare come una grossa struttura muraria, leggermente incurvata, in laterizi e conci di pietra, con base a circa due metri sotto l’attuale piano stradale. A cosa può appartenere?

L’area interessata è quella del Foro Boario, il mercato del bestiame che fu installato ai primi dell’Ottocento in un terreno appartenente al conte Baldini, padre dei fratelli che con Claudio Tintori fondarono i Bagni di Rimini nel 1843. Una misura di “pubblica igiene” tipica del periodo; prima di allora il mercato delle “bestie” avveniva dentro la città, in piazza del Corso, oggi piazza Malatesta. E prima ancora addirittura presso il grande convento dei Domenicani di S. Cataldo, che si affacciava sull’odierna via Gambalunga all’angolo con via dei Mille, con l’inevitabile conseguenza che le mandrie proveniwnti dalla campagna per giungervi dovevano attraversare il cuore della città. Ma a prima vista ciò che è stato trovato appartiene a qualcosa di diverso e molto più antico.

Il Foro Boario nell’Ottocento. In nero le mura di Rimini in cui si apre Porta Sant’Andrea (12). Lungo l’attuale via Garibaldi si nota la strettoia di Porta Montanara accanto alla chiesa di Sant’Agnese

Il Borgo Sant’Andrea, (in tempi recenti detto Borgo Mazzini oppure di San Gaudenzo, secondo le vedute politiche), stando allo storico riminese Luigi Tonini (1807-74) si suddivideva in Borgo “vecchio”, immediatamente all’esterno della romana Porta Montanara, e “nuovo”, sorto al di là della nuova porta di Sant’Andrea costruita quando la cerchia delle mura cittadine fu allargata inglobando il burgus veteris. Non occorre pensare a un grande quartiere: per essere “borgo” bastavano poche case addensate oltre la porta urbana.

Il Borgo “nuovo”, sempre secondo Tonini, esisteva già a metà del Duecento. E lo storico cita a riprova il documento che parla della fondazione nel Borgo di un monastero in loco qui dicitur Mirasole. E’ tale Benno Giudice che il 10 settembre 1253 ottiene da Giacomo vescovo di Rimini il permesso di edificare questo convento “ove collocar donne con clausura, le quali vivessero in dipendenza dell’Ordinario, osservando la regola di San Benedetto sotto la istituzione di San Damiano”. La regola del monastero, che fu detto di S. Maria in Mirasole, fu approvata l’anno successivo con Bolla del 30 maggio di papa Innocenzo IV.

Le monache restarono però per poco tempo in quel luogo, perchè già nel 1258 lo stesso vescovo Giacomo le trasferiva all’interno delle mura, aggregandole “a quelle appellate Abbatissae, o Abbatissis” nel monastero di San Marino, la cui chiesa è oggi detta di Santa Rita. Dopo di che secondo Tonini quel luogo fu abbandonato, o al più “convertito in uno de’ tanti piccoli Spedali sparsi per la città e pei sobborghi”. Nel 1377 è effettivamente documentato un Hospitale S.Antonii del Mirasole, ma lo storico riminese non può dire con certezza se si trattasse dello stesso edificio. Anche perchè non si dice in grado di collocarlo esattamente.

Nel Borgo Sant’Andrea esisteva un altro monastero femminile, quello delle Santucce, che però avrebbe dovuto trovarsi più a monte, all’incirca presso l’attuale via Monte Titano. La Beata Santuccia Terrabotti da Gubbio (1235 – 1305) fondò una trentina di monasteri benedettini in quasi tutte le principali città del Centro Italia, da Roma in su e fino a Modena. Appoggiata prima dai Templari e poi dai Ghibellini (il suo protettore Guglielmo degli Ubertini, vescovo di Arezzo, morì combattendo i Guelfi di Dante Alighieri nella battaglia di Campaldino del 1289), oggi viene definita da qualcuno “Imprenditrice dello Spirito” e “Femminista della Chiesa”. Il monastero di Rimini nacque nel Borgo Sant’Andrea intorno al 1270. Anch’esso finì per essere trasferito all’interno della città e nel 1373 si trovava nell’area dell’attuale sede universitaria, già delle scuole Industriali “L.B. Alberti” fra via Mentana e via Gambalunga.

Il ritrovamento appartiene a uno di questi due conventi duecenteschi? A uno “spedale” che vi si è sovrapposto? Un’altra ipotesi può essere ricavata di nuovo dal Tonini. Non un edificio sacro, ma una struttura militare. Nei pressi nell’orto di tale Gerardo de Vico iudicis una rubrica posteriore al 1326 segnala infatti l’esistenza di un belfredum. Il “belfredo” era un piccolo forte, o torrione, che doveva serivire da avamposto ai difensori della città. Nel Borgo Sant’Andrea ne sono documentati due, che sorvegliavano le uniche strade allora esistenti provenienti dal contado. A quella che scendeva lungo la destra del Marecchia provvedeva un belfredo detto “del Gattolo”, di fronte alla porta omonima poi inglobata in Castel Sismondo. L’altro era non distante, appunto, dal monastero delle Santucce: fra la strada Polverara che veniva da Covignano e San Marino, e quella che passando l’Ausa, allora più vicino alla città, presso l’ospitale di santo Spirito giungeva da sud-est staccandosi dalla Flaminia. Una strada percorsa nel 1382 dal duca Luigi d’Angiò con il suo smisurato esercito mentre i riminesi lo scrutavano ansiosamente dalle mura. Un belfredo “di cui pure resta a trovare il posto”, scrive Tonini. Che oggi sia stato infine ritrovato? A meno che sia qualcusa di ancora più antico, addirittura di epoca romana. Ma almeno la datazione, gli archeologi della Soprintendenza sapranno certamente stabilirla.

Stefano Cicchetti

(L’autore ringrazia Oreste Delucca e Paolo Semprini per le notizie storiche e le fonti)

 

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