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Signorini, orafo a Rimini da 60 anni: “L’artista? E’ chi resta bambino”

Entro in un laboratorio di via Monte Titano, a Rimini. Tavoli e banchi pieni di materiali, strumenti, cassetti, di fogli di carta scarabocchiati. La prima impressione è quella di un disordine “ordinato” cui, come tutti ormai sanno, la creatività paga pegno.

 

E’ quello di Luigi Signorini, riminese, classe 1943, maestro orafo da sessant’anni e di suo figlio, Marco (1973), che ha preso il testimone dell’arte del padre.

Mi piace e mi fa piacere e mi suscita curiosità ogni cosa che si realizza con le mani e la testa, che si ottiene intrecciando sensibilità e intelligenza, passione e riflessione, fantasia, esperienza e, per conseguenza, profonda conoscenza dei metodi e dei materiali.

D’altra parte San Francesco diceva che “Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista”, e qui, in questo laboratorio, di cuore ce n’è tanto.

 

Luigi, come hai iniziato con questo lavoro che non è un mestiere, nemmeno una professione, ma appartiene, forse, più all’arte?

Mi è sempre piaciuta l’arte, disegnare, sin da bambino. Poi, come spesso succede, è il caso che ti aiuta o meno ad indirizzarti in una strada o in un’altra. Avevo un parente che mi ha mandato, come garzone (bòcia, come si dice da noi), da Benvenuti che allora era in via Garibaldi. Una grande scuola dove c’erano 15 persone a fare oreficeria e che mi ha insegnato tanto. Saldare, incidere, lavorare e pulire oro e argento erano il pane quotidiano. Dopo due anni ero capo laboratorio perché riuscivo meglio degli altri. Ricordo quel periodo con grande soddisfazione, mi piaceva”.

 

Poi, cosa è successo?

“C’era il boom dello sviluppo economico e, tornando dal servizio militare, con un amico, abbiamo aperto un laboratorio in via Lagomaggio. Era un periodo di grande fermento e creatività. Inventavamo cose nuove, differenti dalle altre, insomma, creavamo e vendevamo agli orefici con una nostra rete commerciale. Poi sono stato chiamato da Arzilli, il gioielliere di San Marino e ne sono in parte diventato uomo di fiducia. E’ stato un periodo di grande lavoro ma anche di grandi soddisfazioni. Sono rimasto 10 anni. Entravano nell’atelier di Arzilli 2500 persone al giorno. C’era il boom dei turisti nordici, e c’erano commesse che venivano da quei paesi. Monalisa era una di queste ragazze, svedese, e io l’ho sposata. Devo proprio dire che questo lavoro mi ha dato praticamente tutto”.

 

Luigi, come è cambiato il gusto dai primi anni ad oggi? Cosa è cambiato?

Si faceva tutto artigianalmente, a mano. Polsini, gemelli, fermacravatta, collier, bracciali, anelli a scudo, medagliette… I gioielli erano soprattutto delle donne, molto spesso di famiglia. Erano sempre in oro giallo. Oggi sono cambiati i gusti, spesso si lavora l’oro bianco, altre volte l’argento. Chi si rivolge a noi è perché vuole qualcosa di unico e originale”.

 

Il gusto è cambiato, ma il lavoro?

No, lì è cambiato poco, la tecnica è la stessa. Si lavora con il bulino, le lime, i seghetti, le pinze ma, soprattutto, le mani…”.

 

Luigi, come nasce un gioiello?

“Ci sono diverse possibilità, dipende se dobbiamo inventarlo di sana pianta (e mi fa vedere alcuni schizzi su fogli bianchi) oppure se il cliente viene con una propria idea e dobbiamo trasferirla su metallo prezioso. Normalmente facciamo il modello con la tecnica della “cera persa” e poi, raggiunto l’obiettivo, realizziamo la fusione in oro o nel materiale richiesto. Segue la fase della rifinitura, della pulitura e della lucidatura fino ad arrivare al prodotto finito”.

 

Altri interventi?

Spesso si lavora di bulino per “togliere” parti di metallo per arrivare ad un disegno o una forma o una scritta (incisione) da realizzare sull’oggetto finito”.

 

E adesso cosa stai facendo, oltre alle creazioni originali che produci?

Un lavoro di grande soddisfazione è quello che facciamo per la LAVS di Filippo Sorcinelli di Santarcangelo che fornisce paramenti e oggetti sacri al Vaticano. Ultimamente ho decorate e impreziosito alcuni Pastorali”.

 

Luigi, ultima domanda, cos’è la creatività?

La creatività è qualcosa che portiamo dentro da quando siamo piccoli. E’ innata, o c’è o non c’è. E se c’è bisogna mantenerla nel corso della vita. Insomma un artista è qualcuno che è rimasto – in qualche modo – un bambino”.

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L’ultima creazione del maestro. Il grifone delTeatro Galli.

 

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