Governare non è mai stato facile. Chi come me ha trascorso buona parte dei suoi anni a studiare e ad insegnare le diverse forme di governo che l’uomo nel corso dei secoli ha sperimentato, penso che convenga con questo giudizio. “Homo ominus lupus”: tanti, tra cui Plauto, Hobbes, lo stesso Shopenhauer con il suo pessimismo, hanno messo a fuoco un inquietante aspetto della natura umana. Simile a quella dei lupi che per sopravvivere non esitano a sbranare il più debole.
Da qui la nascita, l’“invenzione” della politica come insieme di regole condivise da una comunità che esce dalla scomoda matrice di una identità ferina.
Quello che in questi giorni sta accadendo e accadrà nel nostro Paese penso farà capolino nei testi dei futuri libri di Storia. Sto esagerando? Forse, ma ho buoni motivi per farlo!
Il populismo è sempre esistito. Che abbia codificato una propria identità formale nella Russia del XIX sec. è vero. Come del resto vero é il richiamo al popolo di qualsiasi sovrano assoluto re o imperatore che fosse…
Ma quei popoli delle età passate non avevano gli strumenti per partecipare alla “condivisione” del potere che oggi la rete permette. E non mi sto riferendo a quella di Casaleggio in particolare, ma ad internet in generale…
Morale: sono saltati e stanno saltando le modalità con le quali il potere era stato socializzato e condiviso. Partiti in primis.
L’Italia, con le modalità, le forme, i modi con i quali questa crisi di governo è stata aperta, viene e sarà gestita è una plastica ed eclatante espressione di questo assunto.
Sintetizziamo il tutto, consapevoli dell’effetto collaterale di banalizzare i contenuti.
Abbiamo un leader che, spinto da una marcata volontà popolare registrata in tutto il Paese durante i comizi di una permanente campagna elettorale e sui social, decide di sfiduciare il governo a cui egli stesso ha dato vita.
Tradendo tra l’altro la coalizione di cui faceva parte.
Motivo? Due soprattutto: i no dei penta stellati su temi caldi del suo partito (flat tax, autonomia regionale, grandi opere, TAV…) e l’avvicinarsi della scadenza entro la quale dovranno essere trovate le risorse (una ventina di miliardi?) per sterilizzare l’aumento dell’IVA.
Consapevole di trovarsi di fronte a due muri non del tutto trascurabili (la UE e i Mercati) e dovendo sfidarli con la proposta di allargare il deficit per scongiurare l’aumento dell’IVA, non per un delirio di onnipotenza (al quale comunque non pare essere insensibile), ma per un mero calcolo razionale, meglio affrontare il tutto con un incrementato consenso popolare e un governo più accondiscendente..
Ma nel momento in cui la sfiducia prende corpo con una mozione, ecco una contromossa che nessuno si aspetta: l’ex leader, nonché ex primo ministro del maggior partito di opposizione, contravvenendo ad ogni regola interna del PD, fa una proposta che fa saltare il tutto…
Niente sfiducia prima dell’audizione in Parlamento di Conte e conseguente formazione di una nuova ed inedita maggioranza rosso/verde, che sbarra il passo alla lega e soprattutto potrebbe diventare preludio ad una nuova maggioranza parlamentare dalla durata imprevedibile. Se alla base ci sarà un programma condiviso che supera gli attuali temi emergenziali.
Da qui una contromossa disperata di Salvini: dire di si alla proposta degli stellati sulla riduzione del numero dei parlamentari prima dello scioglimento del governo.
Il nostro sole in questi ultimi tempi ha picchiato molto… qualcuno fa notare al fenomeno che è difficile fare leggi se non c’è più il governo..
E intanto nella Lega qualcuno si interroga se non sia opportuna una nuova contromossa: ritirare la mozione di sfiducia e ritrattare con Di Maio (ovviamente non insensibile al richiamo) i termini di ripartenza del Governo.
Tutto questo assomiglia assai di più ad una partita a scacchi che ad una battaglia politica.
Che fine hanno fatto gli ideali, i programmi e le forme con cui esternali? In una parola la politica a cui eravamo abituati e che per tanti decenni ha segnato il “confine” entro cui siamo cresciuti?
Rivangare il passato e piangersi addosso serve a ben poco: il presente è questo. E con questo ognuno di noi, volente o spiacente, è costretto a fare i conti. Giorgio Grossi