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Rimini: chiusi tutti gli scavi, la millenaria chiesa di San Martino torna sottoterra

I resti della millenaria chiesa di San Martino sono tornati sottoterra. Concluso lo scavo archeologico, la piazzetta è stata ricoperta dalla gettata di cemento che farà da base al nuovo arredo urbano. Il progetto fa parte di quello più complesso che riguarda la realizzazione del Museo Fellini, un intervento che gode di finanziamenti pubblici per oltre 13 milioni di euro e che si estende dal Fulgor al Castel Sismondo, “per rinnovare e rigenerare l’intera area”.

Dallo scavo sono emerse le fondamenta della chiesetta di San Martino ad carceres – che dà tuttora il nome alla piazzettae anche molto altro, come fosse granarie e decine di scheletri. Si era ipotizzato di poter lasciare in vista qualcosa, ma una volta effettuati i rilevamenti e recuperati i reperti più interessanti, si è ritenuto che si poteva richiudere tutto. Ora si sta studiando il modo di segnalare comunque al passante ciò che si trova sotto i suoi piedi; pannelli informativi o altri apparati che ricordino quanta storia – e non solo quella felliniana – sia custodita in questo scrigno incastonato nel cuore della città.

Il progetto originario di arredo non dovrebbe quindi subire troppe modifiche. Quella più rilevante è la scomparsa della “fontana” – più precisamente un piccolo specchio d’acqua in vasca – che doveva abbinarsi al “rinoceronte”, una raffigurazione per richiama il film di Federico Fellini “E la nave va”. Fra resti archeologici e sottoservizi, è risultato che non vi sono le quote sufficienti per realizzare il piccolo invaso. Mentre la stessa “statua” del rinoceronte dovrebbe essere spostata di qualche metro rispetto a quanto previsto.

Il rinoceronte in "La nave va" di Federico Fellini

Il rinoceronte in “La nave va” di Federico Fellini

Riguardo ai risultati degli scavi, la Sovrintendenza di Ravenna sta procedendo all’esame analitico dei ritrovamenti. Di certo, sono stati rintracciati e rilevati in buona parte i muri perimetrali di quella chiesetta che è esistita a Rimini fin da prima dell’anno Mille. Non si sa in quale epoca divenne la cappella al servizio delle carceri comunali – di qui l’appellativo “ad carceres” – che si trovavano nella torre campanaria accanto all’Arengo. Certamente ristrutturata più volte, l’ultima nel XVIII secolo, San Martino fu sconsacrata ai primi dell’Ottocento, per essere adibita a usi civili e infine demolita verso la fine del secolo.

Piazzetta San Martino durante gli scavi archeologici

Accanto alle muraglie sono state trovate due fosse granarie, dove ancora dell’Ottocento venivano depositate le scorte di cereali. Dopo la sconsacrazione, si sa che la chiesa fu adibita anche a magazzino di grano. Inoltre è spuntato anche un pozzo con una condotta “praticabile” che corre diagonalmente dal centro al lato settentrionale della piazzetta. Si trattava di una galleria sotterranea che permetteva di andare ad attingere l’acqua del pozzo direttamente da una cantina, che pure pure è stata individuata. La condotta serviva anche alla manutenzione del pozzo artesiano. Una caratteristica, questa del “praticabile”, tipica proprio di queste zone: ne è stata trovata una simile presso la chiesa del Suffragio e l’attuale Museo civico. Sempre da questo lato, è emerso anche un tratto di pavimentazione del vicolo accanto alla chiesa. Si tratta di un selciato in cotto, che potrebbe risalire al ‘700 ma anche a prima. Anche questo un elemento interessante: evidentemente non tutte le strade di Rimini erano pavimentate, quando lo erano, con i sassi di fiume che si potevano ancora vedere prima delle asfaltature moderne.

Il pozzo e alla sua sinistra la condotta sotterranea per raggiungerlo; a destra una delle fosse granarie

Verso il cinema Fulgor sono invece apparse le sepolture. Era usuale inumare i defunti accanto alle chiese, fino a quando Napoleone non lo proibì ai primi dell’Ottocento dando il via alla realizzazione dei cimiteri comunali. Qualche scheletro era già stato individuato durante i primi lavori al cinema Fulgor. Scavando di nuovo da quella parte, da gennaio ad aprile ne sono stati estratti a decine. E altri se ne sarebbero certamente trovati, se non si fosse deciso di interrompere i sondaggi. E’ molto probabile che quel luogo, prospiciente l’attuale via Verdi, custodisca i resti di riminesi che vi sono stati seppelliti nell’arco di mille anni.

Sono decine e decine gli scheletri estratti durante gli scavi

 

Ora tutto questo torna a scomparire dalla vista. I ritrovamenti sono di grande interesse dal punto di vista storico per ricostruire l’aspetto di Rimini nel passato. Ma si è valutato che farli tornare alla luce non sarebbe valso la pena. Troppo complicata la loro conservazione: lasciarli scoperti significherebbe abbandonarli alla consunzione dovuta agli agenti atmosferici, mentre protezioni come quelle in vetro comportano mille problemi, dalle muffe all’umidità. E per mostre cosa? Solo gli specialisti potrebbero apprezzare quelli che per il comune viandante appaiono solo come ruderi indecifrabili.

Si fugano quindi i timori dei numerosi locali della piazzetta: lo spazio per i dehors non sarà ridotto. Si attende ora il progetto definitivo dell’arredo con i tempi di conclusione dei lavori.

Quanto a San Martino, tutto quello che continueremo a vedere è la splendida pala d’altare che adornava la chiesa. Dopo la soppressione, la sede della parrocchia fu spostata nella chiesa dei Gesuiti, San Francesco Saverio della “del Suffragio”. E qui si trova tutt’ora il “San Martino Vescovo con San Giovanni Battista e la Vergine in gloria” di Nicolò Frangipane, artista padovano attivo fra il 1565 e il 1597.

San Martino Vescovo con San Giovanni Battista e la Vergine in gloria” di Nicolò Frangipane (seconda metà XVI secolo)

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