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“Parco eolico a Rimini. Ancora ‘Non nel mio giardino’?”

Ho apprezzato le conclusioni del Sindaco in Consiglio Comunale, martedì sera, in particolare la necessità di collocare la proposta di “Parco eolico” in un quadro di programmazione energetica e di qualificazione ambientale del nostro territorio. Purché, ovviamente, non si sia trattato del classico allargamento dell’orizzonte per allungare il brodo. 

Penso che il campo eolico rappresenti un’opportunità che, se ben gestita, può consolidare il percorso di emancipazione dal combustibile fossile del nostro territorio. Il rischio che vedo è il “Non nel mio giardino!”, l’espressione corrente di chi si oppone a qualcosa di non gradito. Nasconde pensieri apprezzabili, come l’attaccamento al territorio e alla sua identità. Ma nasconde anche pensieri ambigui: ”Continuo a consumare, ad usare acqua, a produrre rifiuti, a consumare energia, ma non voglio né discariche, né dighe, né centrali. Almeno non le voglio sul mio territorio. Fatele più in là, magari dove non hanno 27 milioni di presenze turistiche!”. 

Ma è proprio dove ci sono 27 milioni di presenze che si consuma energia elettrica. 

Dell’attenzione al “giardino” esiste anche una versione “green”: ”Non servono le discariche o gli inceneritori, dobbiamo tendere a rifiuti zero attraverso la raccolta differenziata al 100%, dobbiamo produrre energia con piccole centrali domestiche, valorizzare le sorgenti locali, ecc.”. 

Giustissimo, ma da qui a quando avremo il 100% di raccolta differenziata, come ce la caviamo? Non è per caso che la regione Emilia-Romagna non ha mai avuto crisi sui rifiuti, anzi ha talvolta soccorso altre regioni; è stato possibile grazie ad un mix di impianti e di raccolta differenziata, puntando ad aumentare questa e progressivamente a ridurre quelli.

L’Italia è fra le prime dieci potenze industriali del mondo, quando parliamo di svolta verde, non pensiamo alla “decrescita felice”, ma pensiamo ad un nuovo ciclo di sviluppo basato su qualità che sostituisce quantità. O, come diceva Barry Commoner, padre dell’ecologia moderna, a contabilizzare i costi reali di ogni azione umana, quelli che si vedono e quelli che non si vedono. Credo sia questo l’approccio corretto alla questione del Parco Eolico.

Il nostro problema è che vogliamo superare i combustibili fossili ma, nello stesso tempo, pensiamo a smart working, a connessione totale con il 5G, ad auto elettriche, a trasporto pubblico elettrificato (compresi i monopattini!), ecc. Dove si produrrà l’energia necessaria a questa svolta verde? 

Stranamente, nel dibattito che si è aperto sulla proposta di centrale eolica in Adriatico, non sento voci contro i 700 MegaWatt della centrale a gas di Porto Corsini, a pochi chilometri da Rimini. Tanto quella c’è già ed è nel giardino dei ravennati! Così come sento poche obiezioni al proliferare delle piattaforme estrattive al largo di Ravenna, ecc. ecc. 

La questione è resa ancor più seria dal fatto che la svolta deve avvenire in tempi relativamente brevi perché gli equilibri del pianeta sono già a rischio. Abbiamo il tempo di aspettare che ogni edificio, ogni auto, ogni bus, ogni casa, compia la sua autonoma “micro” rivoluzione ecologica, o dobbiamo porci velocemente il problema di una transizione che riduca, entro pochi anni, la produzione di elettricità con i combustibili fossili?

Mao Tse Tung diceva che “la rivoluzione non è un pranzo di gala”. Parafrasando potremmo dire che “la transizione ecologica non è un pranzo di gala”, come in tutte le cose ci sono vantaggi da acquisire a cui corrispondono prezzi da pagare.

Dal punto di vista del marketing, credo che sarebbe molto efficace sui mercati internazionali l’immagine di un intero comparto turistico alimentato da energia rinnovabile. Certamente più efficace del legno brasiliano (a proposito di foreste e di identità dei luoghi) per il nuovo Lungomare di Rimini. 

Lo scenario programmatorio evocato dal Sindaco è un impegno importante: conoscere a fondo il progetto e lo scenario in cui è collocato, i suoi effetti per il turismo, per la pesca, per la navigazione, attraverso una rigorosa Valutazione di Impatto Ambientale; infine esaminare i vantaggi per il territorio coinvolto. E verificare puntualmente l’attendibilità dei proponenti. 

Giuseppe Chicchi

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