È andata, la gara che ha sancito l’inizio della terza avventura in biancorosso di Leo Acori si è conclusa in parità.
Si temeva particolarmente questo avversario che ha dimostrato di meritare senza ombra di dubbio la buona classifica che ha.
Dopo pochi giorni di lavoro, con alcune assenze pesanti, Leo è partito cercando un equilibrio che proteggesse la difesa con un’impostazione tattica differente.
Difesa a quattro in entrambe le fasi di gioco e una linea di centrocampo a tre in fase di possesso palla che diventa però a quattro quando si difende con Guiebre che copre la fascia davanti al terzino.
Il risultato, aldilà del punteggio, che è scaturito rispecchia la volontà del mister con una squadra che si è districata bene in difesa, rischiando pesantemente solo nel pressing avversario degli ultimi minuti, rintuzzando anche in attacco con un palo che forse non si è concretizzato in gol proprio per volere del Dio, pallone che non voleva illudere troppo i tifosi riminesi.
Il potenziale della squadra resta quello ma abbiamo visto una gara che rispecchia, forse, una logica classica del calcio che a Rimini avevamo un po’ perso.
Una squadra che vuole fare tanto ma che, umilmente, conosce i propri limiti di solito soffre, lotta, combatte e proprio nelle fasi problematiche trova la grinta anche per pungere.
Se c’è una cosa che non mi tornava nella logica di Righetti era, almeno all’apparenza, la non preparazione delle fasi difensive e di sofferenza.
Fasi di gioco in cui, fisiologicamente, si subisce l’avversario perché più in palla, per demeriti propri o anche per ricaricare un po’ le batterie nell’arco dei 90 minuti.
Il Rimini visto sino a domenica scorsa pareva votato a lottare faccia a faccia, dandosi botte da orbi, sino a che ne aveva non prevedendo e non organizzando le inevitabili fasi di ripiegamento o di apnea fisiologiche.
Fasi che il Rimini ha sempre gestito male lasciando punti quando era in vantaggio o perdendo malamente come domenica scorsa.
Una rondine non fa primavera, l’immensa fiducia che l’ambiente nutre in Acori e il pareggio con gli altoatesini non sono elementi sufficienti a dimostrare che il peggio possa essere passato.
Domenica a Gubbio arriverà l’ennesima prova del 9 per questa squadra che, opposta ad un avversario alla portata, dovrà dimostrare di aver capito che in C potremo rimanerci se sapremo cantare e portare la croce, sempre, in ogni partita e contro tutti i tipi di avversario.
Il nuovo credo tattico e qualche rientro importante potrebbero essere il preludio a una gara importante e in grado di dare al Rimini la prima vittoria in trasferta di questa stagione.
Sono anche, se non soprattutto, i risultati a fare la differenza e non solo in classifica ma anche nella testa di chi va in campo.
Emanuele Pironi