Merita di essere commentato l’intervento che il Sindaco di Rimini Andrea Gnassi ha inviato come risposta all’“accorato” appello lanciato dall’agone del “SUN” riminese dai concessionari balneari in ordine alla “malposta” questione delle proroghe che a loro dire dovrebbero concedere quei comuni ai quali la legislazione italiana ha delegato il potere della gestione amministrativa in materia demaniale marittima e lacuale.
Come ho più volte evidenziato i comuni “concedenti” non hanno nessuna legittimazione nel conferire alcunché in materia di “proroghe delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico ricreativo” in quanto la materia è tassativamente riservata alla competenza legislativa statale. Ma di questo, statene certi, il “balneari” ne sono pienamente coscienti ed informati.
La Corte Costituzionale è intervenuta più volte “spazzando via” le velleità normative di quelle regioni che ogni tanto azzardavano, con atti politici legislativi poi risultati illegittimi, l’intervento in materia di “concessioni demaniali” ed in particolare di proroghe delle stesse. Figuriamoci lo spazio che si ritiene possano avere i Comuni in materia: nullo !!
Questa dovrebbe essere una sorta di “clausola di stile” che i Sindaci dovrebbero inserire come “ante factum” nella risposta da fornire ogni qual volta gli venisse ripetuto dai balneari il tormentone-richiesta, “sindaci concedeteci le proroghe”.
Altro discorso concerne “l’annotazione” di carattere amministrativo-fiscale, il famoso “timbro” che i comuni concedenti, per mezzo dell’ ufficio demanio, appongono materialmente sul cartaceo della concessione, che altri non è che un “atto ricognitivo” dell’ avvenuto pagamento della tassa di registro per tutto il periodo di efficacia della concessione, periodo che è “fissato” dalla legge statale e non certo da un atto amministrativo comunale, come invece vorrebbero far credere “urbi et orbi” alla pubblica opinione i “balneari”. Perché? Semplice, vediamo.
La tassa di registro (rectius il pagamento della ) segue la durata delle concessioni fissata dalla legge statale e fino a poco tempo solo gli addetti ai lavori (uffici demaniali e titolari di concessione) erano a conoscenza di tali meccanismi e tutto è “filato liscio” quanto meno fino alla sentenza della C.G.U.E. del 14 Luglio 2016 che ha dichiarato le proroghe generalizzate delle concessioni demaniali marittime (e lacuali) a scopo turistico ricreativo non conformi al diritto euro-unitario con inevitabili conseguenze sull’ ordinamento giuridico italiano che ha visto lo stillicidio di pronunce delle varie “curie” ordinarie e amministrative (per non parlare della Consulta come accennavo), che si sono inevitabilmente conformate ai principi di diritto dei giudici lussemburghesi, “disapplicando” costantemente ai casi sottoposti alla loro cognizione tutte le norme (proroghe ed altro) che contrastavano ai tali principi (vedi da ultimo la questione dello stabilimento balneare di Genova).
Visto che “l’aria” era radicalmente cambiata ecco che, volutamente, con scienza e con coscienza come si suol dire, è anche mutata la strategia della “lobby dei balneari” i quali hanno iniziato a far pressione sui comuni concedenti affinché “annotassero” i pagamenti della tassa di registro, prima dal 31.12. 2015 al 31.12.2020 ed oggi fino al 2034 in modo di avere uno strumento in più da far valere in un eventuale futuro contenzioso.
In buona sostanza la strategia è semplice: tu Comune mi hai creato in ogni caso “un affidamento” annotandomi con un timbro il pagamento dal sottoscritto effettuato all’Agenzia delle Entrate della tassa di registro fino al 2034, magari anche, o forse a “fortiori ratione”, con la consapevolezza (del Comune) ormai granitica che tutte le proroghe, compresa l’ultima, sono non conformi al diritto euro-unitario; io concessionario, se dovessi soccombere in una eventuale e futura pubblica evidenza, sta certo che vengo a chiederti il ristoro dei danni per “lesione di un affidamento creato” in quanto mi hai apposto il “timbro” ricognitivo fino al 2034, facendomi pagare la tassa di registro.
Il problema è che con “gli attributi in mezzo all’ uscio”, come già dal sottoscritto sostenuto, si ritrovano prima di tutto i Comuni concedenti e i singoli funzionari dei vari “Ufficio Demanio” in quanto, da una parte, consapevoli (viste anche le diffide notificate sul tema da singoli cittadini e associazioni che hanno a cuore il problema dei beni demaniali ) della illegittimità delle proroghe generalizzate e quindi consci di potenziali responsabilità penali ed erariali in caso di reticenza alla pubblicazione dei bandi di pubblica evidenza delle concessioni scadute; dall’ altra, sottoposti alle pressioni dei “balneari” per l’apposizione dei “timbri ricognitori” che, se concessa, porterebbe, anch’essa all’assunzione di responsabilità a vario titolo (e quindi non solo erariali in caso di “restituzioni” di ogni genere).
Come ho già sostenuto, ritengo sia troppo alto per gli enti locai il rischio di creare ulteriori “aspettative” ai concessionari balneari e bene ha fatto il Sindaco Gnassi a porre dei paletti alle loro richieste di “apposizione di timbri” (quelle impropriamente denominate “proroghe”).
Il passo seguente, per evitare ulteriori complicazioni, dovrebbe essere quello di bandire al più presto le pubbliche evidenze e chiedere allo Stato, alla Regione Emilia Romagna, e all’ Agenzia del Demanio indicazioni precise in merito anche perché l’associazionismo, i movimenti di opinione a difesa dei beni pubblici e i singoli cittadini non staranno certamente con “le mani in mano” nel vedere perpetrarti le vessazioni nei confronti dei beni pubblici e dei diritti di tutti a scapito dei privilegi di cui beneficiano in pochi “eletti”.
Roberto Biagini