Dal 17 ottobre al primo dicembre 2018 torna la “Biblioterapia”, ciclo di incontri con le figure guida del contemporaneo curata da Oriana Maroni per la Biblioteca Gambalunga di Rimini, con la collaborazione dell’Ufficio scolastico di Rimini, il contributo del Gruppo SGR e il sostegno di IBC. “Narrami l’uomo, o Musa” è il titolo che corona dieci edizioni sotto il segno del racconto, idealmente chiudendo il cerchio di un percorso intrapreso interrogando le biblioteche di autori e lettori.
La bussola è l’ironico sottotitolo della rassegna, “Come curarsi (o ammalarsi) coi libri”: ipotesi di lettura come pharmakòn, esplorazione creativa e spalancarsi del faccia a faccia con l’abisso. Nel segno del raccontare come ciò che dà forma e direzione al caos delle vite singolari. Vite che “non sono la mia”, ma che di racconto in racconto le danno forma, e senso. O sperdimento. Kafka chiedeva libri che fossero “un’ascia per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi”, e la loro lettura può certo renderci diversi per coscienza e conoscenza, evocando, per contro, una pratica che può essere un mero esercizio di consumo, lasciandoci intatti.
Quella di “Biblioterapia” è un’esperienza singolare, nel novero delle rassegne a tema. Nel corso di questi dieci anni si è creata una comunità di ascolto, sempre più numerosa e partecipe, nello scambio tra scrittori e lettori, che hanno evocato i libri e gli autori che si sono intrecciati alle loro esistenze. Sono stati chiamati per nome, di anno in anno, i libri di formazione, quelli che hanno trasmesso esperienza, gioia, libertà, ma anche dato angoscia, sobillato idee perverse… Storie di letture, memorie intellettuali, narrazioni di biblioteche interiori, che si sono incrociate con le domande radicate nel cuore della vita.
Esplorando temi quali il male, l’altro da noi, il corpo, la paura, il desiderio, la meraviglia. Nodi che indicano la nostra postura dentro una trama che chiamiamo realtà, sul cui significato l’uomo si interroga da sempre. E adesso, torniamo al cuore.
Se nel 1936 Walter Benjamin scriveva: “l’arte di narrare si avvia al tramonto. Capita sempre più di rado di incontrare persone che sappiamo raccontare qualcosa come si deve” come se fossimo privati di una facoltà che sembrava inalienabile, la più certa e sicura di tutte: la capacità di scambiare esperienze, oggi, come suggerisce Giorgio Agamben, è il momento del corpo al corpo con la domanda intorno a che cos’è in gioco nella letteratura, qual è il “fuoco” che il “racconto” ha perduto e cerca a ogni costo di ritrovare. Sulla pietra filosofale che gli scrittori, con altrettanto accanimento che gli alchimisti, si sforzano di produrre nella loro fornace di parole.
Consapevoli che da millenni siamo stati istruiti a organizzare il nostro sapere nella forma dei libri, e che per parlare del mondo reale abbiamo bisogno di tesserlo in una narrazione, per dirigere un senso, il viaggio dedicato alla lettura, ai suoi sortilegi, alle sue avventure, ai suoi conforti, alla sua necessità inessenziale, giunge ora al suo punto di approdo, che è anche un ritorno, un nòstos.
E dunque, nel segno del proemio dell’Odissea, grande racconto fondativo della cultura occidentale, con “Narrami l’uomo, o Musa…” torneremo più consapevoli e ancora interroganti lì dove siamo partiti, all’innato bisogno umano di storie, nostro strumento privilegiato per venire a patti con le sirene e i ciclopi della navigazione umana.
A inaugurare la rassegna, mercoledì 17 ottobre (Teatro degli Atti, ore 21), sarà l’attore e autore Marco Baliani, che con “Ogni volta che si racconta una storia”, attraverso un dipanarsi di letture, narrazioni, ricordi, riflessioni, farà rivivere l’antica esperienza di quando, davanti al fuoco, si stava tutti insieme, ammaliati da “quella voce che ci riempie di uno stupore conosciuto, quello del ritrovamento”.
Il comportamento narrativo è infatti universale, caratteristica fra le più specifiche del funzionamento della mente umana. Ne parlerà Alberto Oliverio, studioso di psicobiologia e neuroscienze, sabato 27 ottobre (Sala del Giudizio, ore 17) che con “Il cervello narrante” introdurrà alla dimensione narrativa della mente, e a “quella intima della narrazione, che, man mano, ci porta a ristrutturare le nostre esperienze di vita, le nostre memorie e, al tempo stesso, la costruzione del sé nell’individuo”.
Non sappiamo ancora perché l’uomo abbia sviluppato questa capacità, ma di sicuro raccontare e ascoltare storie è necessario. “Gli uomini, ha scritto Borges, lungo i secoli hanno ripetuto sempre due storie: quella di un vascello sperduto che cerca nei mari mediterranei un’isola amata, e quella di un Dio che si fa crocifiggere sul Golgota” (G. Ravasi). Da uno dei testi fondativi dell’umanità, in cui si conservano gli antichi strati della memoria dell’Occidente, partirà Piero Boitani, studioso del mito, della Bibbia e delle sue ri-scritture. Con la coversazione su “Da Abramo a Mosè: narrazione biblica tra Genesi ed Esodo”, farà risuonare le narrazioni e le interrogazioni, gli echi letterari che sono germinati dalla “piccola biblioteca” del mondo; della trasformazione della parola di Dio in mito e narrazione (giovedì 1° novembre, Sala del Giudizio, ore 17).
Narrando o narrando-ci costruiamo noi stessi. E se l’intera attività terapeutica è in fondo una sorta di esercizio immaginativo che recupera la tradizione orale del narrare storie, senza libri, senza storie, forse non riusciremmo a vedere in noi stessi. Ne parlerà lo psicoanalista Massimo Recalcati (venerdì 9 novembre, ore 18, Teatro degli Atti) con “I libri che non abbiamo dimenticato”.
Già gli antichi greci ritenevano che l’identità di ciascuno fosse espressa dalla storia o dalle storie della sua vita risultante della somma di tutti gli avvenimenti cui questi aveva preso parte. Quando Ulisse alla corte del re dei Feaci siede in incognito e sente l’aedo cieco che canta e racconta, per la prima volta sente cantare della Guerra di Troia, di se stesso e delle sue imprese, si commuove e piange. Di “Ulisse. L’ultimo degli eroi”, a cui l’umanità ha affidato il suo anelito di conoscenza, parlerà i Giulio Guidorizzi, grecista e filologo (domenica 11 novembre, ore 17, Teatro degli Atti), accompagnato dalle letture di Silvio Castiglioni.
Il consueto reading ideato per la rassegna, il 17 novembre (Auditorium Lettimi, ore 17) mapperà un’ideale “biblioteca” sul tema, con la drammaturgia di Lorella Barlaam. Il titolo, “Questa è l’acqua. Raccontalo ai pesci”, rinvia al discorso che lo David Foster Wallace nel 2005 fece
ai giovani laureati del Kenyon College: «Ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice “Buongiorno ragazzi. Com’è l’acqua?” I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede “ma cosa diavolo è l’acqua?». Così noi: a mollo in una corrente di narrazioni che non sappiamo riconoscere. Un ambiente fatto di storie. Di questa acqua chiederemo a Cees Nooteboom, Boris Pahor, Antonella Anedda, Juan Rulfo, Amos Oz, Peter Bichsel, Jorge Luis Borges, Italo Calvino. Per poi riprendere a nuotare, un po’ più consapevoli di quello che ci sostiene e ci fa respirare, e con qualche domanda in più. Le letture saranno dell’Associazione Mala Testa e il Visual di Maurizio Giuseppucci.
Dal racconto dell’uomo al racconto della terra, lentamente e laboriosamente costituito attraverso cosmogonie, cosmologie, e cosmografie. All’origine della necessità di fissare i luoghi sulla carta, c’è il bisogno di viaggiare: ogni mappa «presuppone un’idea narrativa, è concepita in funzione di un itinerario, è Odissea». Sarà il geografo Franco Farinelli a introdurci nella “Vita della terra: breve biografia cognitiva del nostro pianeta tra mito ed epistemologia”, attraverso una serie di racconti mitici (tutti occidentali) (sabato 24 novembre, ore 17, Sala del Giudizio).
Perché leggere, e perché leggere certi libri? Con la domanda che dieci anni fa aprì la rassegna,
si concluderà quest’ultima edizione, che affida la risposta a Nicola Gardini, scrittore, pittore, latinista, che afferma di non credere nell’attualità, ma nel presente, che è fatto in gran parte di passato”. Ascolteremo “La mia biblioteca indispensabile” sabato 1 dicembre alle ore 17, Sala del Giudizio.