I vitelloni è il terzo film diretto da Federico Fellini, il secondo in solitaria. Viene dopo Luci del varietà, firmato assieme ad Alberto Lattuada, e Lo sceicco bianco, che fu un flop disastroso al botteghino e accolto con poco entusiasmo dalla critica. I vitelloni è il film dei tradimenti e dei riscatti: dell’addio alla provincia e dell’affondo al canone neorealistico; del riconoscimento a pieno titolo di Fellini come regista e di Sordi come attore. E per questo un film decisivo nella carriera del riminese, una delle prime sue accelerazioni verso un modo nuovo, rivoluzionario di intendere il mestiere di regista e di concepire l’arte e il linguaggio del cinema.
A 70 anni dalla sua uscita, il Fellini Museum del Comune di Rimini e il Dipartimento delle arti dell’Università di Bologna hanno chiamato a raccolta una ventina di studiosi provenienti dalle Università di tutta Italia per una riflessione a tutto tondo sul film: un giorno e mezzo di interventi, spunti, analisi, approfondimenti.
Con il coordinamento di Roy Menarini, giovedì 13 aprile nella sala della cineteca di via Gambalunga 27, si apre la prima sessione del convegno: a partire dalle ore 15 si alternano, con contributi di 20’ l’uno, Francesco D’Asero su Alberto Sordi e la condizione vitellonesca, Lucia Rita Vitali sul personaggio di Moraldo, il primo di una lunga serie di alter ego felliniani, Sara Martin che si sofferma sui costumi mentre Eleonora Chiais stringe su un accessorio specifico, il cappello; finale di giornata in musica con la relazione di Antonio Ferrara su Nino Rota.
Si riparte con la seconda sessione del convegno venerdì 14 alle 9.30 non al cinema Fulgor. A condurre Andrea Minuz che introduce Cecilia Brioni e il suo intervento su stile e giovani nel cinema degli anni cinquanta. A seguire Marco Bertozzi, che del vitellone traccia una fenomenologia imperfetta, anticipando il contributo di Gabriele Landrini sulle raffigurazioni giovanile disegnate dal film, e quello di Mariangela Palmieri sempre sulla questione giovanile. Del vitellonismo come emergenza sociale discute Francesca Cantore mentre Enrico Biasin mostra l’altra faccia del giovanilismo vitellonesco ossia lo spettro dell’invecchiamento; chiude la sessione del mattino, Pietro Ammaturo che si schiera col vitellone mancato: Leopoldo Trieste.
Con lo scrittore Cristiano Cavina e con il suo contributo dal titolo “La casa dei Puffi ovvero il lungo addio a cose che non esistono più” prende avvio, alle ore 15 di venerdì 14 sempre al Fulgor, la terza e ultima sessione del convegno. Dopo di lui, moderati da Marco Bertozzi, seguiranno gli interventi di Andrea Minuz sul come I vitelloni abbia scoperto e inventato la provincia italiana, di Miriam Petrini sui vitelloni radiofonici di Fellini, di Luana Fedele, che ricostruisce quelle che oggi chiamiamo le strategie di marketing, e di Alberto Boschi che ci presenta il protagonista invisibile ovvero la voce narrante. Prima dell’intervento di Rinaldo Vignati sulla filiazione cinematografico del film che chiude sessione, giornata e convegno, Shannon Magri si cimenta in una lettura ecocritica dell’opera.
Ingresso libero.