La direzione aziendale Ausl Romagna spiega la sua posizione dopo la mobilitazione del personale del Pronto Soccorso all’ospedale “Infermi” di Rimini, in seguito di ripetuti e gravi episodi di violenza.
“Sono assolutamente comprensibili i sentimenti di disagio, amarezza, senso di impotenza – si legge nella nota – che colpiscono un operatore sanitario quando diviene oggetto di violenza fisica, proprio da parte dei pazienti di cui si sta prendendo cura. Quella di medico e infermiere, specialmente (ma non solo) del 118 e del Pronto soccorso, così come ad esempio le forze dell’ordine, sono professioni in cui si è purtroppo più esposti a questo rischio”.
“Tanto è vero che l’episodio portato ad esempio dal sindacato, dell’infermiere cui è stato rotto il setto nasale, è stato messo in atto da una persona già in stato di restrizione, alla presenza di agenti di pubblica sicurezza, uno dei quali nell’ambito della colluttazione è stato a sua volta percosso”.
“Questi episodi purtroppo accadono, a Rimini come nel resto dell’Ausl Romagna e ovunque: proprio oggi un quotidiano bolognese riporta casi analoghi verificatisi in due presidi ospedalieri di quel territorio. Ed esistono, per operatori che lavorano in situazioni più critiche, previsioni contrattuali ad hoc (così come esistono, ad esempio, per gli operatori esposti a rischio clinico, ad esempio i tecnici di radiologia)”.
“A ciò si aggiunge l’impegno dell’Azienda per cercare di limitare quantità ed effetti di queste situazioni. Ad esempio rispetto agli interventi strutturali, nell’anno 2019 sono state progettate modifiche soprattutto nella zona del triage del Pronto Soccorso di Rimini in parte realizzate di recente ed in parte da completarsi entro la fine dell’anno, ed inoltre è stato avviato l’iter per l’implementazione del sistema di videosorveglianza all’interno dei locali del Pronto Soccorso”.
“Più in generale, in tutta l’Azienda, è continua l’opera di monitoraggio e intervento attraverso installazioni di pulsanti di allarme nelle zone di maggior rischio, dispositivi d’allarme portatili per gli operatori, adeguamento in sicurezza dei vetri nelle postazioni di front-office/accettazione, fissaggio al muro di arredi negli ambienti in cui viene svolta attività a diretto contatto con utenti/pazienti; individuazione di locali adeguati per la gestione del paziente aggressivo; vigilanza delle aree a rischio, misure organizzative per cercare di limitare le file e le attese, apposita formazione del personale (misure con le quali l’Azienda sta perseguendo le più recenti linee guida regionali)”.
“Non si esclude certo, comunque, al tavolo sindacale, di verificare ulteriori ipotesi di intervento legate ad esempio agli orari degli operatori, o all’implementazione di un servizio di mediazione, magari in collaborazione con altre Istituzioni e terzo settore. E anche sul fronte della tutela legale, vista la delicatezza del tema, si prenderanno in considerazione eventuali, ulteriori, misure di tutela, con gli uffici preposti”.
“Ciò premesso va però precisato che tirare in ballo, di nuovo e anche in quest’ambito, le politiche del personale, è fuori luogo. Solo pochi giorni fa è stato ribadito che questa Direzione generale ha attivato una imponente politica occupazionale in virtù della quale i dipendenti dell’Azienda a fine 2018 erano 830 in più rispetto al 2014, in gran maggioranza personale infermieristico, tecnico e medico, oltre al potenziamento estivo (quest’anno con 280 operatori in più)”.
“Alle assunzioni si sono affiancati la stabilizzazione del personale per oltre 1000 dipendenti e l’espletamento, nei mesi scorsi, di procedure selettive che hanno portato alla approvazione di due graduatorie: una con 3.282 infermieri e una con 1.629 oss, che si stanno scorrendo. E ancora, altro tema sollevato, mai è stato fatto mancare, da parte dell’Ufficio legale dell’Azienda, il previsto supporto, laddove possibile per normativa, al personale oggetto di violenza. Così come non è mai mancato, sempre secondo normativa, il supporto anche psicologico”.
“Tali prestazioni, congiuntamente al monitoraggio del fenomeno, vengono curate dal servizio “Sistemi per la salute e la sicurezza dei lavoratori”. E da tale monitoraggio, i dati 2018 parlano di 152 episodi di violenza fisica sugli operatori, in tutta l’Azienda a fronte di circa 15mila dipendenti: numeri da non sottovalutare, certo, ma che non paiono prefigurare situazioni diverse da altri territori”.
“Vi sono poi fenomeni, che traspaiono dalle parole degli operatori intervistati: le criticità del finanziamento del sistema sanitario nazionale, le difficoltà a reperire personale sul mercato del lavoro, l’invecchiamento della popolazione coi conseguenti fenomeni di cronicizzazione che richiederà, tra l’altro, sempre più accessi ospedalieri. Situazioni che, sovrapponendosi, contribuiscono a creare un clima difficile che talvolta si esaspera e sfocia nella maleducazione gratuita quando non, purtroppo, nella violenza, da parte dell’utenza. Fenomeni che si è tentati di lasciar correre perché “non ci si può fare nulla”, ma che invece, al contrario, non vanno trascurati e richiederebbero un impegno congiunto. L’Azienda ci sta provando”.