“Oggi è una giornata normale, sembra un giorno qualunque” A parlare è un signore riminese, Giovanni, che l’anno scorso ha fatto i bagagli per trasferirsi a Barcellona insieme alla moglie spagnola e ai suoi due bambini “Quello che fa paura è ciò che succederà lunedì prossimo, quando il governo catalano probabilmente dichiarerà l’indipendenza. Da lì inizierà il vero caos.”
Fino a ieri sera le strade di Barcellona pullulavano di manifestanti che urlavano per l’indipendenza della Catalogna impugnando le bandiere giallorosse. Proprio martedì si è tenuto lo sciopero generale indetto dai sindacati Cgt, Iac, Intersindical Csc e Cos per denunciare le violente repressioni attuate domenica dalla polizia madrilena. Solo a Barcellona, secondo quanto riportano le forze dell’ordine, si sono radunate 700 mila persone. Che in piazza hanno protestato grudando, sbattendo cucchiai contro le padelle (la “cacerolada”, come da tradizione iberica) e bloccando il mercato.
Ma questo è solo uno dei volti del caos dilagante in Catalogna. Dietro alle vaste schiere rumorose c’è infatti anche una larga fetta di popolazione che resta silenziosa. E’ la maggioranza?
“Questa protesta culminata in questi giorni – prosegue Giovanni – è tutto l’opposto di quello che si legge sui giornali esteri, inclusi quelli italiani: adesso come adesso è molto dura per chi non è indipendentista. L’aria che si respira è pesante, c’è una violenza psicologica. Si potrebbe parlare di repressione, quasi. I catalani non indipendentisti non vengono considerati“.
Come si è capito, Giovanni, spagnolo acquisito, l’indipendenza non la vuole. Ma sopratutto è l’atmosfera di finta libertà a contrariarlo: “Una coppia della Galizia, per esempio, ha chiesto alla scuola che i propri figli seguissero più ore di lingua spagnola, ma l’istituto si è opposto – denuncia il riminese – La madre così si è rivolta al Tribunale, che le ha dato ragione. Da lì sono scoppiati i problemi per i genitori. Il preside è insorto, etichettando il fatto come inammissibile e riportando il nome della donna sui social. Il tutto ha avuto delle conseguenze non trascurabili. La signora aveva da poco aperto un negozio che non a caso è fallito nell’arco di poco tempo. E non solo. Il primo giorno di scuola gli insegnanti hanno regalato a tutti i bambini una maglietta rossa, tranne al figlio della signora, proprio per identificarlo come diverso“.
A confermare le stesse dinamiche è Ambra, riminese di ventisei anni, a Barcellona per ragioni di studio e di lavoro:“La gente non si oppone. Molti dei catalani contrari all’autonomia domenica hanno preferito rimanere a casa e non assumersi il rischio di votare per il no.“. E aggiunge: “Credo ci sia molta ignoranza diffusa. La gente non sa che se la Catalogna uscirà dalla Spagna probabilmente uscirà anche dall’Unione Europea.”
Intanto, dopo il durissimo discorso di re Felipe II, in Catalogna stanno arrivando rinforzi dell’esercito spagnolo; ufficialmente come “supporto tecnico alla polizia nazionale”. Mentre la dichiarazione d’indipendenza della Catalogna sembra ormai questione di giorni, se non di ore.
Benedetta Cicognani