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Il riminese Sergio Casabianca canta i Nomadi e Guccini a Verucchio

Un artista poliedrico e mai uguale a se stesso. Un musicista, cantautore, cantastorie e performer unico nel suo genere. Questa figura così enigmatica e per questo molto interessante risponde al nome di Sergio Casabianca, riminese di 52 anni. Questo artista romagnolo ha collezionato, durante la sua lunga carriera, importanti collaborazioni con grandi nomi del panorama musicale italiano come Zucchero, Irene Fornaciari, Paolo Vallesi, Filippo Graziani, Andrea Mingardi e I Nomadi. E proprio con questi ultimi è nata una splendida realizzazione: la canzone ‘Io ci credo ancora’, contenuto nell’album ‘Nomadi dentro’, pubblicato dalla band emiliana nel 2017. Casabianca ha poi voluto omaggiare il gruppo e anche Francesco Guccini, autore di tanti brani cantati dai Nomadi, con uno spettacolo ‘ad hoc’, che andrà in scena al Teatro Pazzini di Verucchio questa sera, sabato 7 aprile (21,00).

Sergio, come possiamo definirti?

«Un sognatore che crede ancora nelle persone».

Quando ti sei avvicinato alla musica?

«Mi sono avvicinato alla musica in modo concreto sulla soglia dei trent’anni, prima era un gioco che mi piaceva fare in modo spartano e a cui non davo il giusto valore. Successivamente, mi sono reso conto di quanto fosse importante soprattutto dal punto di vista della condivisione, che ritengo il punto fondamentale della mia carriera. La prima volta che ho preso la chitarra in mano, da autodidatta, l’ho fatto con il solo scopo di far divertire gli amici, i parenti, i famigliari e poter far colpo su qualche ragazza e devo dire che sono stati anni bellissimi in cui l’incoscienza e la spensieratezza la facevano da padrone; anni in cui riuscivo a vivere fortemente il presente dando sfogo a tutti i cosiddetti deliri che appartengono alle menti attive, ed è anche grazie a quegli anni, vissuti in modo inconsapevole, che è iniziato quel percorso così bello e profondo che mi ha portato ad essere oggi un’anima con tanto da esprimere e raccontare».

Qual è il tuo genere di riferimento?

«Non esiste un genere particolare come riferimento, diciamo che i cantautori mi hanno sempre affascinato per il loro modo di entrare dentro le persone attraverso la loro profondità o a volte la loro semplicità. La musica italiana è quella che prediligo da sempre e pensare di poter donare qualcosa o che qualcuno attraverso le parole di altri si possa riconoscere o riconoscere, mi affascina tantissimo e mi dà la spinta necessaria per continuare a credere in un sogno che vorrei non fosse solo il mio, ma che io possa condividere con tante persone cercando di renderle il più possibile protagoniste della propria esistenza».

Perché in questo spettacolo hai voluto riproporre i Nomadi e Guccini? È stato difficile allestirlo?

«Perché Augusto Daolio, Beppe Carletti e Francesco Guccini, le considero anime capaci di attraversare quei muri che mente e cuore a volte ci creano. Mi piace pensare che sia l’arte a dover vincere ‘sul così vanno le cose’ e che la vera arte sta dentro a tutti quelli che hanno qualcosa da dire senza il troppo condizionamento che inevitabilmente la società ci carica sulle spalle. E che riescono a farlo mettendosi a nudo di fronte ad ogni persona che ha voglia di ascoltare. Da sempre mi sento un’anima Nomade e l’aver scritto un brano per questo storico gruppo dal titolo ‘Io ci credo ancora’ e che è stato inserito nel loro ultimo disco ‘Nomadi Dentro’ , mi ha reso cosi orgoglioso al punto tale di sentirmi non dico in obbligo, ma fortemente spinto a dedicare loro un tributo. E visto e considerato che Guccini ha scritto tanti brani per I Nomadi, ho voluto omaggiare anche quello che definisco un poeta prima di cantautore. Non è mai semplice allestire uno spettacolo che non si limita al cantare canzoni, ma che vuole cercare di regalare emozioni e sorrisi. Come in ogni show che scrivo o propongo, occorre sempre pensare al fatto che ci sono persone o fan che nel loro ascoltarti e partecipare agli eventi, ti fanno un dono talmente grande che solo il dare tutto te stesso può ripagarli…almeno per me è così».

Hai già in mente quale sarà il tema del tuo prossimo spettacolo?

«Diciamo che sta prendendo forma un’idea che ha a che fare con le nostre radici, una sorta di racconto tra monologhi e letture a ricordarci chi siamo e da dove veniamo. Inoltre, sto scrivendo nuovi testi che mi auguro di poter presentare presto nei miei concerti. Quest’anno proporrò due situazioni musicali diverse tra loro, con diverse sonorità. Proprio per colmare quel desiderio di non trattenere mai le emozioni, le inquietudini, i dubbi, le incertezze e soprattutto i sogni che dentro di me ardono come un fuoco sempre acceso. Una cosa che ci tengo a sottolineare più di tutte, però, è il fatto che la gente, le persone, il pubblico e ogni anima che incontro, sono per me la più grande fonte di ispirazione ed è per loro che non smetterò mai di credere in un mondo migliore in cui tutti si possano sentire i protagonisti della propria esistenza colorata di pace».

Nicola Luccarelli

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