Cerca
Home > Intervista > Il riminese Mirco Paganelli: come diventare “Reporter in Valigia”

Il riminese Mirco Paganelli: come diventare “Reporter in Valigia”

Un giornalista alla scoperta del mondo. Il riminese Mirco Paganelli, 32 anni, che nella vita fa appunto il giornalista per Teleromagna e TR24, è anche un appassionato di viaggi, ha deciso di aprire un canale YouTube dove racconta attraverso una telecamera luoghi particolari che i turisti non avrebbero mai pensato di visitare. Abbiamo chiesto a questo giornalista esploratore di raccontarci come gli è balenata in testa l’idea di questo canale multimediale che si chiama “Un reporter in valigia.”

Mirco Paganelli

Mirco, innanzitutto, quando hai deciso di voler fare il giornalista?

«Da piccolo avevo fondato una redazione in soffitta, ma è durata poco. Dopo la laurea ho lavorato per un po’ come architetto, ma la crisi attanagliava il mercato e così ho rispolverato la mia vecchia passione. Da ragazzo ho sempre letto tanti quotidiani e tenevo un blog in cui commentavo l’attualità, così ho iniziato a collaborare con delle redazione locali. La svolta è arrivata quando ho imparato a usare la telecamera e a montare. Ho capito che il video era lo strumento che più mi si addiceva per raccontare la realtà».

Come mai?

«Perché mi permette di sfogare la creatività figurativa e di attingere a un’altra mia grande passione, il cinema. Inoltre amo le interviste video, perché sono “maledette”: nel senso che rispetto alla carta colgono il non detto e le emozioni. Per questo le interviste sono protagoniste di “Un Reporter in valigia”».

Oggi quanto è complicato fare questo mestiere?

«Molto, per via della carenza di risorse e perché la gente cerca informazioni su più canali, spesso poco autorevoli. Questo contesto è però uno stimolo per rinnovarsi. A me ha insegnato ad essere, come si dice in gergo, “crossmediale”, cioè a comunicare con più strumenti, dal testo all’immagine. Il giornalismo oggi è fluido, bisogna costruirsi una barca robusta e versatile per affrontarlo».

Quando invece è nata la tua passione per i viaggi?

«Dai libri di geografia delle medie, quella era una delle mie materie preferite. Credo inoltre che lo spirito internazionale di Rimini abbia contribuito ad incuriosirmi sin da bambino verso chi parla una lingua che non comprendo. Mi ha sempre affascinato l’ignoto. Sono uno che si butta, a volte forse un po’ avventatamente, ma alla fine ne esco sempre gratificato e con molti insegnamenti in più».

Hai voluto riassumere le due passioni in un canale YouTube, perché?

«È nato tutto in maniera naturale. L’anno scorso sono partito da solo per un viaggio in Galizia, nel nord della Spagna, in cui mi sono portato dietro l’attrezzatura video. Mi sono ritrovato a girare per un arcipelago in mezzo all’Atlantico con un cavalletto in mano e a raccontare alla telecamera il passaggio delle caravelle di Colombo da quel punto. Eravamo solo io e i gabbiani. Poi ho intervistato la gente del posto, esplorato la cucina locale e una volta a casa ho montato tutto e mostrato il risultato agli amici. La risposta è stata un entusiasmo che non mi aspettavo. Penso che piaccia il mio modo di raccontare a metà tra la divulgazione storico-giornalistica e l’improvvisazione divertita. Un mix, umilmente parlando, tra Piero Angela e Turisti per caso. Su YouTube e Instagram è pieno di travel-blogger. Io punto a distinguermi con questo stile di racconto».

Quali posti hai visitato e visiterai?

«Tra le prossime stagioni di “Un Reporter in valigia” ci sono la Giordania, il Portogallo e l’Andalusia. Vorrei poi andare al più presto in Iran e in Islanda. Mentre in Canada ci ho lasciato il cuore».

Chi ti aiuterà a realizzare questi servizi? Come riesci a finanziare questo progetto?

«Per ora faccio tutto da me, riprese e montaggio. Mi finanzio da solo viaggiando durante le ferie. Le mie vacanze sono tutto fuorché rilassanti: esco la mattina presto e torno in albergo la sera tardi camminando in media 20 chilometri al giorno. Ma queste sono le esperienze che mi gratificano. Alla gente auguro di trovare lo stimolo per aprirsi al mondo, perché ciò che c’è fuori casa fa molta meno paura di quanto venga dipinto oggi. Il che non significa essere ingenui. Al contrario, viaggiare aiuta a rafforzarsi e a discernere tra il bene e il male. E credo anche che contribuisca a mantenere la mente giovane. Insisto poi nell’incoraggiare le persone a fare almeno un viaggio da soli nella vita».

Perché proprio da soli?

«Perché farlo senza compagni obbliga a comunicare con la gente del posto, fa nascere amicizie inaspettate e meravigliose, e fa tornare a casa con maggiore stima di se stessi».

Nicola Luccarelli

Ultimi Articoli

Scroll Up