Si trova in un’area sensibile, si deve spostare perchè la salute va tutelata e perchè il ‘distanziometro’ non ha “effetto espulsivo”, dato che l’attività può essere ricollocata altrove. Il Tar dell’Emilia-Romagna boccia il ricorso di una sala bingo di Riccione che aveva sostenuto l’impossibilità di trasferire l’attività lamentando la mancanza di aree idonee sul territorio comunale.
Il Tar, però, ha ritenuto che il distanziometro non provochi l'”effetto espulsivo” delle attività di settore, perchè queste hanno la possibilità di trasferirsi in altre zone, per quanto limitate. La legge regionale del 2013 prevede infatti che queste attività non devono trovarsi a meno di 500 metri da zone sensibili, come chiese e scuole. Per i giudici, insomma, “‘l’effetto espulsivo’ non si determina laddove risulti confermata l’esistenza di aree all’uopo idonee, anche se di superficie pari ad una minuscola porzione di territorio superstite”.
L’azienda, si legge nella sentenza, non ha quindi “in alcun modo dimostrato che la deliberazione comporti l’effetto espulsivo dalla stessa paventato nè tanto meno che essa comporti l’ulteriore effetto, da collegarsi a quello espulsivo, di sostanziale espropriazione, senza alcun indennizzo, dell’attività dalla stessa lecitamente esercitata”. Il Tar fa presente poi che la ricerca di un nuovo spazio “risulta essersi arrestata subito dopo il diniego opposto dalla Agenzia delle Dogane e dei Monopoli” alla richiesta di trasferimento della società. Questo, però non dimostra “in alcun modo la sussistenza dell’effetto espulsivo”.
Secondo il Tar, riporta Agipro, l’operatore avrebbe dovuto impugnare il diniego dell’Agenzia, così come avrebbe dovuto opporsi al silenzio del Comune alla richiesta di indicare le zone del territorio comunale idonee per la sala, “in modo da consentire il contraddittorio processuale e il sindacato giurisdizionale di legittimità” di tali atti. Per i giudici, infine, il distanziometro può essere applicato anche alle attività già operative al momento della sua entrata in vigore: l’esistenza di un’autorizzazione precedente, conclude il Tar, non giustifica una “deroga permanente che sottragga l’operatore all’applicazione della disciplina regolamentare a tutela della salute”.
(Asa/ Dire)