Ciao Don,
sono io, una “pecorella” come tante che tu hai accolto nel tuo gregge.
Ti scrivo perché non sono brava a parlare.
Ti voglio dire grazie per la tua accoglienza e per i tuoi sorrisi, per le tue parole che mi facevano sentire al sicuro, perché conoscevi le mie ombre e i miei fantasmi e mi hai aiutato ad affrontarli, per aver colto le mie luci e avermele mostrate, per aver dato un volto buono e accogliente alla Chiesa. Tu sei stato per tutta la comunità moltissime cose: un amico, una guida, un uomo saggio, arguto, forte, empatico, diretto e a volte sì, anche un po’ irriverente perché non avevi paura di essere te stesso come solo i grandi possono esserlo. Del tuo modo di fare, Don, ci si innamorava perché sapevi ascoltare con un interesse avvolgente e tiepido che faceva sentire a casa, perché avevi lo spessore denso e ipnotico di un vero leader, l’autorevolezza e il carisma delle persone speciali, perché affrontavi la vita con il coraggio noncurante dei Giganti che sanno essere anche bambini, perché in ogni cosa che facevi mettevi il tuo entusiasmo e la tua forza inimitabili.
La leggerezza della profondità è l’eredità che hai tramesso ai giovani con passione e fiducia perché era il futuro che ti interessava.
Dove sei Don adesso?
Sei negli occhi, perché se li chiudo ti vedo ridere divertito per una cosa buffa.
Sei nelle orecchie con le tue parole che mi sussurri “In alto i cuori”.
Sei nello sguardo lieve sul mondo, nel rispetto e nell’amore verso tutti.
Sei nei ricordi, che sono troppo pochi ma di cui ti sono grata.
Sei dappertutto, ingombrante, presente, necessario ora più che mai.
Conoscerti e ascoltare le tue parole è stato un privilegio prezioso, un regalo.
Con il tuo ricordo e un pezzo di te dentro, il mondo sarà un posto migliore.
Michela Grossi