Calvaruso è considerato dagli inquirenti uno dei capi di spicco di Cosa nostra, dopo essere subentrato a Settimo Mineo, finito in carcere nel 2018 mentre ricostituiva “la cupola”. Aveva preso la residenza a Riccione nel 2014, dopo essere stato scarcerato ed eludendo così la sorveglianza speciale cui era stato sottoposto.
In un articolo del Fatto Quotidiano viene oggi ricostruita la carriera criminale del boss, che da Palermo era riuscito a intessere una rete di affari e traffici che arrivava a Singapore da un parte, a Natal in Brasile dall’alra. E poi Riccione, da dove circolava “liberamente nel territorio nazionale”.
Calvaruso è stato arrestato dai carabinieri di Palermo su impulso della procura, assieme a Giovanni Caruso, Silvestre Maniscalco, Francesco Paolo Bagnasco e Giovanni Spanò, accusati di associazione di tipo mafioso, estorsione consumata e tentata, lesioni personali, sequestro di persona, fittizia intestazione di beni, tutti reati aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose. “Un’indubbia caratura mafiosa”, da quanto emerge dalle indagini del Nucleo investigativo dei Carabinieri, coordinate dall’aggiunto della procura di Palermo Stefano De Luca e dai pm Federica La Chioma e Dario Scaletta.
E nelle intercettazioni emerge il ruolo ancora attivo dei fratelli Graviano del quariere di Brancaccio, oltre a innumerevoli episodi di intimidazioni, violenze, affari opachi. Non mancano considerazioni ironiche su vittime della mafia come Don Pino Puglisi assassinato da Gaspare Spatuzza, poi pentito: “Minchia, Santo lo hanno fatto!- si dice del sacerdote nelle conversazioni – ma Santo di che? Ha fatto miracoli?”.