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Regione: a Bruxelles le preoccupazioni dei pescatori su rigassificatori e impianti eolici

La crisi energetica globale, che non risparmia il comparto della pesca e dell’acquacoltura da questa emergenza, ha creato una forte spinta verso lo sviluppo di strategie tese ad aumentare la capacità di ottenere fonti energetiche alternative anche in ambito marino. E per armonizzare la gestione dello spazio marittimo e favorire la coesistenza tra i diversi settori economici della Blue Economy, già dal 2014 l’Unione Europea ha emanato la Direttiva sulla strategia di gestione dello Spazio Marittimo (Direttiva 2014/89/UE), cui l’Italia è sottoposta a procedura di infrazione (messa in mora ex art.258 del TFUE) per il mancato inoltro dei piani di gestione dello spazio marittimo ma che però ha cercato in questi ultimi mesi di porvi rimedio, senza tuttavia rispettare l’art. 9 della medesima che prevedeva l’impegno a consultare gli stakeholder fin dalle fasi iniziali dell’elaborazione dei piani di gestione dello spazio marittimo anziché, come è accaduto, consultandoli i portatori di interesse a lavoro concluso. L’accelerata verso fonti energetiche, tuttavia, sta creando non poco scompiglio in ambito marittimo, in cui accade uno spostamento del baricentro da “mare come fonte di cibo e di approvvigionamento ittico” a “mare come fonte di minerali e approvvigionamento energetico” creando una inevitabile e complessa competizione tra settori che operano nel medesimo spazio marittimo. L’ambizioso obiettivo della Commissione (proponendo che il 30% della domanda di elettricità sia soddisfatto da parchi eolici offshore) non solo sottrae ai pescatori cospicue zone di pesca tradizionali ma mette anche a repentaglio l’attività degli stessi pescatori, scontrandosi con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU 2030 (in particolare sul tema dell’approvvigionamento e della sicurezza alimentare). Di questo, ma anche di rigassificatore a circuito aperto, di trivelle e ancora di sviluppo eolico offshore in Adriatico ed in tutta Europa, si è discusso a Bruxelles venerdì scorso, in occasione della sessione plenaria del Comitato Europeo del Dialogo Sociale Settoriale “Pesca Marittima”, cui ha partecipato il Commissario Europeo per l’Ambiente, gli Affari Marittimi e Pesca Virginijus Sinkevičius. E l’Allenza delle Cooperative Italiane della Pesca, attraverso il Suo rappresentante delegato Massimo Bellavista, membro del comitato dal 2004 in rappresentanza di COGECA, è intervenuto sul tema delle risorse energetiche marine in Adriatico e sull’impatto che queste avranno sulle imprese della pesca, sull’occupazione ma soprattutto sulle risorse alieutiche oltre che sul fragile ecosistema marino adriatico, ponendo alcune questioni indirizzate alla Commissione Europea ed in particolare al Commissario Sinkevičius: premesso che l’Alleanza delle Cooperative di Pesca dell’Emilia-Romagna non è contraria alla realizzazione di un rigassificatore (purché a circuito chiuso) e tanto meno alla realizzazione di impianti eolici offshore, che sono realtà in diverse parti dell’UE, la Commissione Europea è favorevole alla realizzazione di rigassificatori a circuito aperto nei mari e negli oceani europei? Quali monitoraggi vengono presi in considerazione dagli organismi scientifici europei per verificare l’impatto che tali attività (rigassificatore, eolico, ma anche trivelle) hanno sullo stato delle risorse ittiche? Il Comitato Tecnico Scientifico ed Economico Europeo della Pesca è a conoscenza di queste iniziative in campo energetico offshore che hanno un forte impatto sulla conservazione e riproduzione delle risorse alieutiche? 

Come l’UE garantisce il rispetto e il monitoraggio degli standard ambientali, sociali e di sicurezza su tutte le attività e le industrie economiche che operano nel mare e sul mare? La Commissione come intende valutare l’impatto che altri settori economici come i trasporti marittimi, il turismo, le estrazioni in mare, l’eolico offshore hanno sull’ambiente marino e sulle risorse ittiche? “Il Commissario Europeo Sinkevičius dichiara Massimo Bellavista, Responsabile Pesca e Acquacoltura di Legacoop Emilia-Romagna – che già conosce la realtà di pesca e acquacoltura in Emilia-Romagna, avendo avuto modo di visitare alcune marinerie nel maggio scorso, in occasione dell’European Maritime Day 2022 celebrato a Ravenna, ha glissato su tutte le domande. Tuttavia, nell’ambito del Suo intervento, il Commissario ha dichiarato piena disponibilità, affermando che le sue porte sono sempre aperte per cui – incalza Bellavista – lo ringraziamo per aver partecipato alla sessione plenaria del CDSS e provvederemo a recapitargli a breve una relazione tecnica rinnovando i quesiti sottoposti e inoltrando la medesima anche alla Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen, alle DG interessate, allo STECF ma anche ai membri delle Commissioni PECH ed ENVI. Nel frattempo, anche in Adriatico continua il dialogo e il confronto sul tema delle risorse energetiche. Sempre venerdì scorso si è svolta la riunione interregionale del Distretto Alto Adriatico, alla presenza degli Assessori delle tre Regioni: Cristiano Corazzari della Regione Veneto, Stefano Zannier della Regione Friuli-Venezia Giulia e Alessio Mammi dell’Emilia-Romagna, cui hanno partecipato i rappresentanti delle Associazioni settoriali della pesca e dell’acquacoltura. “Abbiamo espresso tutte le nostre perplessità sui progetti in cantiere in tema di risorse energetiche marine – dichiara Vadis Paesanti, Vicepresidente Confcooperative/Fedagri Pesca Emilia-Romagna e le forti preoccupazioni delle marinerie dell’Adriatico. Continueremo a essere contrari ai rigassificatori con sistema a ciclo aperto – prosegue Paesanti – perché è ben noto che non sono altro che dei frullatori che distruggeranno ogni forma di vita nel nostro mare”. La rigassificazione del GNL – evidenziano dall’ACI Pesca ER – richiede una fonte di calore: l’acqua di mare a temperatura ambiente (“circuito aperto”) oppure il calore generato in impianto, (tipicamente dalla combustione di un’aliquota del medesimo gas trasportato e processato: circa lo 0,87%), il cosiddetto “circuito chiuso”. Se si usa acqua di mare, bisogna aggiungere un biocida (ipoclorito) per tutto il volume di acqua che entra nell’impianto, per evitare che il circuito si intasi di cozze, organismi incrostanti ecc. L’acqua viene poi restituita – in toto – in mare fredda e sterilizzata, avendo ucciso ogni forma di vita marina. Meno evidente è la formazione di cloro-derivati organici e cloramine, fortemente tossici, che distruggono i microorganismi (zoo- e fitoplancton) presenti nell’acqua del mare. Tutto ciò ha effetti diretti sull’ecosistema marino, poiché i microorganismi distrutti sono quelli che normalmente consentono l’auto-depurazione del mare e rappresentano la base fondamentale della catena alimentare, dalla quale dipende la vita di tutti gli organismi acquatici e dalla quale dipendono, di conseguenza, anche le attività (pesca, acquacoltura, ecc.) che su questi organismi si fondano. “Il settore della pesca dovrebbe essere al centro delle strategie di sviluppo delle politiche del mare per svariati motivi – interviene Patrizia Masetti, Responsabile AGCI/AGRITAL Pesca Emilia-Romagna – e non essere considerato un marginale settore di nicchia. Non dimentichiamo che il nostro settore è fondamentale per il turismo balneare e marittimo, rappresentando una componente importante per l’economia costiera”.

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