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Quel bidone di Maria Giovanna Maglie al Grand Hotel di Rimini

Venerdì scorso, “spatacando” col telecomando, mi sono ritrovato su “La Nove” proprio mentre stava iniziando “Belve”, una trasmissione di interviste a donne “che ce l’hanno fatta” a primeggiare. L’ospite che la bravissima Francesca Fagnani si apprestava a intervistare era Maria Giovanna Maglie, la sfasciacarrozze del giornalismo italiano, la sovranista dal “pensiero sovrappeso” che per stile ricorda un mix tra Salvini e Piercamillo Davigo, mentre come giornalista sembra l’assemblaggio ben riuscito di Feltri, Belpietro e Sallusti. Colei che viene definita, con l’evidente esagerazione di uno dei due aggettivi, «una simpatica stronza» da Giuliano Ferrara, col quale a suo tempo condivise la fuga dal PCI per andare entrambi, dopo una temporanea infatuazione craxiana, a star meglio sotto l’ala di Berlusconi, Bossi e Fini.

È per questo che i padroni leghisti della Rai hanno recentemente tentato, senza riuscirci, di affidarle la riedizione di quella “Striscia” a ridosso del Tg che fu un capolavoro giornalistico del loro nemico Enzo Biagi, del quale intendevano così insultare la memoria.

Ad un certo punto l’intervistatrice chiede alla Maglie se abbia qualcosa di cui pentirsi o chiedere scusa, ottenendo come risposta un gran “invrucchiamento” di parole che sottintende un sostanziale no.

Se fosse stata una di quelle trasmissioni in cui è previsto l’intervento del pubblico, avrei telefonato per aiutarla a ricordare: «E il bidone che tirasti non solo a me nel 1984, dove lo metti?».

In quegli anni mi illudevo di compensare il derivato di lunghi mesi di turbinio politico, frammisto a dissolutezza alimentare, con due settimane di estivo “ritiro salutista”. Inizialmente nel raccoglimento delle Terme di Saturnia, all’epoca ben lontane dalla gigantesca e chiassosa “piazza d’armi” che sarebbero poi diventate; in seguito nell’ancor più marcato isolamento della “Colonia della Salute Arnaldi” a Uscio: un habitat semimonacale, non ancora snaturato in moderna SPA, dove passavi la mattina a “badare” il bagno, in omaggio alla miracolosa “pozione” depurativa che ti veniva somministrata all’alba; mentre al pomeriggio smaltivi le poche calorie di una dieta prevalentemente vegetariana, arrancando per boschi e sentieri.

I giornali venivano fatti arrivare da Recco ed io ero l’unico a leggere “l’Unità”. Fino al giorno in cui la “caciarona” che concionava a gran voce di tutto e di tutti, e dalla quale mi ero sempre tenuto a debita distanza, si avvicinò per chiedermi di poter dare un’occhiata al giornale. Che poi sfogliò velocemente, come se le interessassero solo i titoli, e mi restituì quasi subito. La stessa cosa fece all’indomani e il giorno dopo ancora, però questa volta aggiungendo a mezza voce: «Neppure oggi me l’hanno pubblicato». Inevitabile fu il dialogo che ne seguì:
«Ma sei una giornalista de “l’Unità”?»
«Sì, sono Maria Giovanna Maglie».
«Scusa, ti leggo ma non ti conoscevo di persona».
«E tu sei un compagno del PCI, vero?»
«Sono il segretario della Federazione di Rimini».

Per quella sorta di “buonismo fra compagni” che all’epoca costituiva nel PCI un atto dovuto, anche se non sempre praticato, di lì in avanti mi assoggettai ad accettarne la compagnia… pur se a piccole dosi. Ci tenne così a farmi sapere che, dopo la lunga vacanza estiva che si stava prendendo, sarebbe partita per Cuba, in sostituzione di Giorgio Oldrini nel ruolo di corrispondente de “l’Unità”.

Qualche tempo dopo essere tornato a Rimini mi telefonò per informarmi che, in attesa del nuovo incarico a L’Avana (che peraltro non ebbe mai), si stava “divertendo” a collaborare con “Il Piacere”, una rivista al momento in gran voga, elegante e blasonata senza essere pretenziosa. Per il cui numero successivo avrebbe dovuto preparare un servizio su “il piacere della vacanza” o qualcosa del genere, ambientato in una delle principali realtà turistiche italiane. «Più ancora che su Portofino, Viareggio o Ischia, mi piacerebbe incentrarlo su Rimini, a partire dal fascino del Grand’Hotel, che a quel punto dovrei però vivere dall’interno. Lo ritieni possibile?»

Aggiunse che una volta da queste parti, avrebbe pure fatto una puntata a San Marino per intervistare Gloriana Ranocchini, balzata alle cronache perché con la sua elezione a Capitano Reggente era diventata il primo Capo di Stato comunista dell’Europa occidentale.

Naturalmente prospettai la cosa a Piero Leoni, non ricordo se già Presidente dell’APT o ancora dell’Azienda di Soggiorno; il quale mostrò qualche iniziale perplessità: «Non abbiamo mai ospitato alcun giornalista al Grand’Hotel. Come faccio a mandarci proprio quella dell’Unità? Te l’immagini Basagni…?!». Il quale Basagni, per chi non ha età per saperlo, era l’implacabile fustigatore degli amministratori di sinistra dalle colonne del Resto del Carlino.

Gli venne però incontro il mitico Commendator Arpesella il quale, in considerazione del beneficio d’immagine che avrebbe tratto il Grand’Hotel da quel “servizio patinato”, si fece carico – non ricordo se in toto o in gran parte – di quell’ospitalità, che la Maglie estese pure ad una “collaboratrice” portatasi al seguito.

I segni tangibili dei tre o quattro giorni di suo dorato soggiorno al Grand’Hotel furono due: una telefonata a me, per avere il numero della mia cara amica Gloriana, alla quale però non ebbe mai a telefonare; un breve colloquio con Leoni per ricevere qualche informazione utile a quel mega-servizio sull’estate riminese… che deve ancora oggi uscire.

Con l’aggiunta, per me, degli sfottò con lieve doppio senso di Piero: «Senti, ma ne conosci altre di giornaliste in grado di farci un servizio così?».

Nando Piccari

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