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Quando Tondelli capisce che Rimini è la capitale del ‘tempo vuoto’

Maurizio Maria Taormina: “8tanta Rimini. A spasso con Tondelli” – Bookstones.

Pier Vittorio Tondelli nasce a Correggio (in provincia di Reggio Emilia) il 14 settembre 1955 e qui muore il 16 dicembre 1991, all’età di 36 anni, di AIDS. Giornalista, scrittore, raggiunge il successo con il suo primo libro “Altri libertini” (Feltrinelli, 1980), all’età di 25 anni. A questo seguiranno “Pao Pao” (Feltrinelli, 1982), “Rimini” (Bompiani, 1985) e, ultimo, “Camere separate” (Bompiani, 1989).

Quando uscì in libreria “Rimini” (a fine maggio 1985), la critica lo accolse freddamente, mentre il successo delle vendite (oltre 100.000 copie in pochi mesi) testimoniò del grande interesse che si accese attorno a questo libro. Il volume era stato presentato al Grand Hotel di Rimini il 5 luglio 1985.

La storia racconta che il giovane giornalista milanese Marco Bauer, nell’estate del 1983, venne spedito a Rimini dal direttore del suo quotidiano nazionale a dirigere per due mesi il supplemento estivo “Pagina dell’Adriatico”. Anche se per Bauer “Rimini era semplicemente una espressione geografica, simbolo di vacanze a poco prezzo, confusione, intasamento”. Attorno a Bauer Tondelli costruirà un insieme di storie (l’antiquaria tedesca alla ricerca della sorella, un sassofonista innamoratosi di una moglie in vacanza, due giovani cineasti alla ricerca di fondi per un loro film) che si aggiungeranno alle terribili descrizioni della Riviera romagnola: i locali, i caffè, la spiaggia, il consumo di droga, la nuova musica, gli improbabili concorsi per miss, le prime radio libere, il primo parco dei divertimenti (Italia in miniatura). “Racconto a più voci di una stagione sulla riviera romagnola degli anni ottanta, romanzo polifonico e polimorfo, impastato di vari generi narrativi” che “mostra la strada per una nuova narrativa, tutta da vivere e da godere, nei toni ironici e in quelli drammatici, in quelli sentimentali e apocalittici, nelle sue intensità mistiche e in quelle erotiche, con pagine che sembrano gialle, altre da commedia sentimentale, accanto a quelle da romanzo esistenziale o da impietosa indagine sociologica”.

La mia copia di “Rimini” porta la data (avendo da sempre l’abitudine di porla nella prima pagina dei miei libri) del 23 giugno 1985, un mese dalla sua uscita. Il libro può essere stato amato oppure no. Eppure dopo quasi quaranta anni di questo libro si continua a parlare (era già successo nel 2005, a vent’anni dalla sua uscita, con gli incontri e le pubblicazioni edite da Guaraldi “Rimini e il romanzo vent’anni dopo” e “Riccione e la Riviera vent’anni dopo”, entrambi a cura del critico letterario Fulvio Panzieri). Ed è successo in questi mesi estivi 2022 con una serie di iniziative a cui si è dato il titolo di “Gli anni Ottanta, Rimini e la musica: un’estate sulle tracce di Pier Vittorio Tondelli”. Dentro queste iniziative c’è stato anche  l’8 luglio, nel giardino delle sculture del Part, la presentazione del libro “8TANTA RIMINI” di Maurizio Maria Taormina, edito dalla casa riminese ​Bookstones Edizioni.

Anni ’80, violenze, terrorismo politico e mafioso, P2, guerra fredda. Rimini cambia e, insieme alla stanca offerta di pensione per famiglie, nasce qualcosa di unico: diventa centro delle nuove culture e rifugio per chi è alla ricerca del piacere. Nascono le discoteche più cult d’Italia. Si balla e si sballa, si prega e si pianifica, si fa business e si bagorda. Rimini diventa un brand.

Un piccolissimo volume, nel formato e nel numero di pagine (una settantina), in cui Taormina prova a raccontarci la sua (e quella di Tondelli) Rimini degli anni Ottanta. Sapendo però che questo sarà solo il primo di cinque volumetti che dedicherà agli anni Ottanta riminesi. La collana “Pagine strappate” vuole essere “non critica o analisi, solo una mappa narrata. Un viaggio alla ricerca di luoghi raccontati nella letteratura di ogni tempo”.

E questo fa Taormina utilizzando “Rimini” di Tondelli. Secondo il mio modesto parere, sposandone un po’ troppo il racconto estremo che l’Autore fa di Rimini in quegli anni: “Rimini si offre come una ‘Neverland’ dove tutto o quasi è concesso, senza limiti di età, classi o ruoli sociali: commessa o segretario di partito, idraulico o bancario, operaio o manager. E’ ben gradito affrancarsi, mescolarsi, cercare la propria palma sotto cui riposare, scatenarsi, fuggire il tempo, divertirsi, amare, dimenticare, scoprire e tanto altro fino a sfrenati eccessi. Rimini accoglie, elabora, assembla, digerisce tutto (…). Non si può capire la complessità degli ’80 italiani se non si passa da Rimini, e soprattutto se non si legge la straordinaria e profetica narrazione che Pier Vittorio Tondelli restituisce con ‘Rimini’, metafora delle trasformazioni”.

Rimini “è la capitale del ‘tempo vuoto’, del non lavoro. Tempo da riempire con ogni mezzo ed espediente: pace, quiete, sballo, rovesciamento della notte con il giorno e frenetico divertimento”.

Considerazioni fatte post, col senno del poi. Forse se ne accorge anche Taormina quando scrive: “una nuova Italia, ancora non letta e colta dai più del tempo”. Si, però mi viene da domandarmi anche dove fosse Taormina in quegli anni, dove li abbia vissuti. Un racconto narrativo, come quello di Tondelli, può essere letto come un’analisi sociologica delle tendenze e delle novità che, in particolare fra i giovani, si affermavano in quegli anni?

“Rimini respira alla grande, respira internazionale, e respira la nuova aria che il paese chiede; incarna la ricerca di nuovi spazi di libertà, intesa soprattutto come consumo e trasgressione”.
Per arrivare, purtroppo, al “traffico di stupefacenti, gli omicidi, i soldi sporchi e il riciclaggio: una Rimini noir, nata dai vizi e dalle storture del suo recente passato ma altrettanto specchio di quell’Italia che sarà narrata e letterariamente celebrata, qualche anno dopo, nei romanzi di Carlotto, di Lucarelli e di altri”. E Rimini, in questi ultimi anni, nei romanzi di Enrico Brizzi, di Enrico Franceschini e di Gino Vignali.

“Lo stesso Tondelli ebbe a dire in una intervista ‘pochi hanno compreso che Rimini è un romanzo triste, cupo’, uno specchio dell’Italia leggera e in dissoluzione verso qualcosa che non si conosce ancora e che comunque non lascia molte speranze” .

Ma Tondelli scriverà anche: “Il fatto curioso è che molti snobbano la nostra riviera. Ma più per sentito dire che per altro. Dici Rimini o Riccione e subito quelli pensano alla pensioncina, alla piadina e alla mazurka sull’aia. E dicono Rimini per carità, l’Adriatico, via! Poi li porti qui un week-end e non si toglierebbero mai più”.

Paolo Zaghini

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