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Quando a Rimini si dipingevano quelle Croci sospese fra cielo e terra

“L’oro di Giovanni. Il restauro della Croce di Mercatello e il Trecento Riminese” A cura di Daniele Benati e Alessandro Giovanardi – NFC.

Lo abbiamo detto e scritto in occasione della piccola mostra allestita fra giugno e luglio 2021 in Duomo dedicata a San Giuseppe, con due quadri di Guido Reni e del Guercino: concentrare l’attenzione degli studiosi e dei visitatori su poche opere, ma significative di un autore, di un periodo, di un soggetto, premia a volte gli organizzatori molto di più di qualche grande esposizione che rischia di essere dispersiva e, alla fine, poco significativa.

E’ il caso della Mostra “L’oro di Giovanni. Il restauro della Croce del Mercatello e il Trecento Riminese” promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, da Soroptimist Rimini, e organizzata dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose A. Marvelli, a Palazzo Buonadrata in Corso d’Augusto, nel centro della Città, inaugurata il 18 settembre u.s.

Migliaia i visitatori che hanno salito le scale per arrivare nella sala espositiva. Unanimi i giudizi positivi sulla qualità dell’esposizione, ed alto l’apprezzamento per aver riproposto all’attenzione della Città la scuola pittorica del Trecento Riminese.

Molto soddisfatto Mauro Ioli, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio: “L’ottimo riscontro avuto finora indica l’esistenza di una domanda di bellezza che la mostra coglie pienamente. E conferma la centralità della stagione pittorica trecentesca tra le radici culturali e artistiche di Rimini”.

Alla Croce di Mercatello si affiancano in mostra la croce dipinta da Giovanni per la chiesa di San Lorenzo a Talamello, il più piccolo crocifisso ‘Diotallevi’, sempre di Giovanni, dei Musei Comunali di Rimini, la croce sagomata dell’Antiquario Moretti di Firenze, il crocifisso Spina del maestro di Montefiore e la testa di Cristo di Giuliano da Rimini, questi due ultimi di proprietà della Fondazione stessa e in deposito nei Musei Comunali.

La Mostra rimarrà aperta sino al 7 novembre, tutti i giorni dalle 10.30 alle 18.30.

Gli stessi curatori della Mostra, Daniele Benati e Alessandro Giovanardi, hanno curato lo splendido catalogo edito da NFC, con le foto di Gilberto Urbinati, sempre più bravo negli scatti alle nostre opere d’arte.

La Mostra ci consente di vedere assieme, per la prima volta nella storia dell’arte, i quattro crocifissi attribuiti al pittore Giovanni. Tra questi il più grande ed integro, l’unico firmato e datato dal pittore, il Crocifisso di Mercatello, che già fu nella nostra Città nel 1935 per la prima grande mostra sul Trecento curata da Cesare Brandi, e che viene esposto dopo due anni di meticolosi e sofisticati interventi di disinfestazione e restauro.

Il volume del catalogo ospita i saggi di Natalino Valentini (“Lo sguardo ad Oriente, tra iconografia e liturgia”), di Daniele Benati (“Giovanni da Rimini: un pittore al bivio”), di Alessandro Giovanardi (“Tra terra e cielo. Iconografia e simbologia delle croci dipinte di Giovanni da Rimini”), di Tommaso Castaldi (“La croce di Giovanni da Rimini a Mercatello: una storia di difficile conservazione”), di Fabio Massaccesi (“Dall’Europa a Rimini: per uno sguardo su alcune funzioni spaziali delle croci dipinte”).

Valentini apre il suo saggio raccontandoci il luogo in cui il grande Crocifisso era affisso: “Sospeso tra cielo e terra, nell’oro e nell’azzurro, illimitato confine tra il ‘sancta sanctorum’ e la navata che radunava i fedeli, quasi a dischiudere la soglia tra immanente e trascendente, tra mortale e immortale, tra la fragilità dell’umano e il diamante infrangibile del divino: così appariva fino a qualche anno fa lo splendido Crocifisso monumentale dipinto da Giovanni (‘Iohannes’) a chi varcava il portale della Chiesa di San Francesco a Mercatello sul Metauro. Appesa sotto l’arco trionfale sul pontile-tramezzo, nell’originaria postura ricorrente nelle chiese degli ordini mendicanti, la Croce rammentava una divina e misteriosa presenza, nonostante l’astrale solitudine di un superbo edificio di culto trasformato in spazio museale”.

Benati scrive: “E’ grazie alla croce di Mercatello che siamo in grado di restituire un nome a uno dei protagonisti più alti non soltanto di quella vicenda, ma dell’intero gotico italiano: un artista per il quale la stessa qualifica di ‘giottesco’ appare riduttiva”.

Invece Giovanardi riflette sul fatto che la Scuola Riminese del Trecento fu “forse troppo breve”, “storia fulminea, notturna e trasgressiva che si consuma nell’arco di cinquant’anni”, che si ipotizza, “non senza motivo, che fosse stata la peste nera descritta da Giovanni Boccaccio nella cornice del ‘Decameron’ a porre fine a questa rapida e splendida esperienza culturale”.

“Tuttavia le botteghe dei Maestri riminesi esaurirono forse già prima la loro forza creativa per motivi a noi ancora ignoti o per la concorrenza delle sofisticate ed esuberanti sintesi greco-bizantine dei coevi maestri veneziani. E tuttavia Giovanni ‘così volumetrico e così solenne’, ‘toccato da una grazia ellenistica’, appare come ‘un ponte gettato nella notte medievale, verso il lascito dell’antichità”. Giovanni non ha nulla da invidiare a Giotto “che segue con sovrana indipendenza e con una fedeltà altrettanto disinvolta alle proprie radici adriatiche e bizantine, nutrite dalla sofisticata cultura costantinopolitana e balcanica del suo tempo”.

Castaldi ci racconta la storia del Crocifisso, riscoperto nel 1913 da Corrado Ricci, allora Direttore Generale delle Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione. La Croce lascia Mercatello la prima volta nel 1935 quando Cesare Brandi la espone a Rimini, alla Sala dell’Arengo e poi nel 1965 quando venne esposta a Ravenna nella mostra “L’arte in Romagna ai tempi di Dante”. Dopo Ravenna la Croce venne inviata a Firenze per interventi di restauro. Qui venne sommersa dalle acque dell’Arno nel corso dell’alluvione del 4 novembre 1966. Il restauro durò quattro anni, dal 1967 al 1971. La Croce rientrò nelle Marche nel 1973, e fu esposta nella mostra a Urbino “Restauri nelle Marche”. Poi ritornò nella Chiesa di Mercatello dopo otto anni di assenza. Ed infine l’ultimo restauro compiuto fra il 2019 e il 2021, prima dell’attuale esposizione a Rimini nella mostra “L’oro di Giovanni”.

Il volume ci consegna un ulteriore, importante, approfondimento nelle conoscenze della Scuola Riminese del Trecento e del suo più importante rappresentante: Giovanni da Rimini.

Paolo Zaghini

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