Basta un timbro e la concessione è prorogata? Il sindaco di Rimini Andrea Gnassi nutre parecchi dubbi in proposito e li spiega in una articolata riflessione.
Delle concessioni balneari si è parlato anche ieri al SUN, come puntualmente accade ogni anno visto che la faccenda si trascina ormai da tantissimo tempo. Una “Questione delicata e confusa, e non da oggi – secondo Gnassi –. Faccio una battuta: ci vuole poco a passare dall’ufficio timbri all’ufficio… pacchi. Nel senso che, rispettando l’opinione di tutti, la materia non è così facilmente comprimibile nell’immagine del timbro. Se così fosse nessun Comune, Rimini per primo, avrebbe problemi a garantire certezze agli operatori che investono, soprattutto se, come accade a Rimini, quel potenziale investimento è legato alla rigenerazione molto più ampia della zona della Marina”.
“Se ancora si contano sulle dita di una mano i Comuni che hanno concesso la proroga dei 15 anni, è perché le altre centinaia e centinaia di amministrazioni locali vogliono garanzie e percorsi amministrativi certi. Quello che ancora non c’è”, sottolinea il sindaco di Rimini.
“In una relazione del Ministero delle Finanze datate settembre 2019, quindi ieri, si mette in evidenza per iscritto come non sia sufficiente l’apposizione di un timbro da parte di un ufficio comunale per garantire la proroga delle concessioni al 2033”.
“Il MEF richiama ‘la necessità che la proroga o il rinnovo della concessione avvenga attraverso l’adozione di un atto formale di proroga’. Quindi un atto amministrativo, e dunque una procedura, che esplichi il tutto. Quale sia questa procedura ancora lo Stato italiano non lo ha chiarito”.
“Dunque da una parte abbiamo una legge dello Stato italiano che dice sì alla proroga quindicennale, dall’altro un’articolazione dello stesso Stato che scrive: non basta un timbro, serve una procedura più complessa senza indicare precisamente quale. Il MEF aggiunge che ‘i risultati dei provvedimenti ed interventi riguardanti i rilievi indicati’ (e quindi anche la richiesta che i comuni facciano un atto formale di proroga e non un timbro) siano trasmessi alla Procura Regionale della corte dei conti”.
“In sostanza il MEF dice ai comuni che non solo non basta un timbro, occorre un atto e devi mandare tutto alla Corte dei conti perché verifichi se hai fatto o no quello che è stato chiesto”.
“Inoltre a complicare tutto vi sono sentenze della Corte Europea e sentenze dei tribunali di ogni livello e grado che mettono in forte dubbio la liceità delle proroghe”.
“Per questa matassa abbiamo chiesto come Anci, e come Comune di Rimini, che venga chiarito dal Governo formalmente la procedura da adottare per rimanere dentro un percorso garantito e a prova di bomba, sia per gli operatori che per l’Ente”.
“Chiediamo alla Regione che si faccia parte in causa con noi verso il governo per mettere nelle condizioni giuridiche e amministrative tali affinché i comuni possano procedere. Quale atto? Come? Basta il timbro? Lo si chiarisca, lo si scriva”.
“Quando arriverà la risposta, Rimini e le altre centinaia di Comuni non avranno alcun problema ad affrontare e ad adottare la soluzione migliore che tuteli operatori e comunità. Fino ad allora parlare di mettere un timbro e via mi pare amministrativamente azzardato. E come detto prima ci vuole poco a passare dall’ufficio timbri all’ufficio pacchi che ricadrebbero sulla testa di dirigenti dei comuni e delle amministrazioni comunali”, conclude Andrea Gnassi.