Il Progetto Tiberio continua a far discutere. Da Giovanni Benaglia riceviamo e pubblichiamo:
Egregio direttore,
constato, da un po’ di tempo, un progressivo imbarbarimento nel dibattito politico soprattutto quando si tratta di discutere di eventuali critiche alle azioni di governo locale o nazionale.
Il renzismo, un tempo dilagante e oggi piuttosto ridimensionato, ha introdotto in molti politici il principio del “me ne frego” di fronte alle diversità di opinioni, il tutto in nome di un decisionismo che, alla prova dei fatti, si limita a fare le cose a prescindere dalla loro effettiva utilità o validità: spesso, infatti, sono fatte pure male come testimoniano la riforma costituzionale, la legge elettorale o la riforma delle Province.
Non è mia intenzione, in questa sede, affrontare un discorso generale su questo tema ma, al contrario, vorrei limitarlo a un esempio che può essere assunto quale archetipo di quanto sto affermando. Mi riferisco alle ultime prese di posizione di alcuni esponenti sia dell’Amministrazione che del Partito di Governo, contro i critici dell’intervento attorno all’area del Ponte di Tiberio. E’ mio interesse, da principio, sgombrare il campo dai dubbi e, pertanto, denuncio da subito la mia opinione positiva su quanto si sta facendo in quel luogo: non mi appare così disdicevole anzi, al contrario, mi sembra forse l’unica cosa che va nel senso di valorizzare un monumento importantissimo non solo per Rimini ma, credo, per tutta l’Italia.
Ciò, però, non esime nessuno, tanto meno chi amministra la cosa pubblica o aspira a farlo, ad ascoltare con attenzione chi, invece, ha un’opinione esattamente contraria alla propria. Tuttavia le parole fino a qui usate sono quanto di più distante da quelle che un saggio politico dovrebbe usare. Ha iniziato il segretario comunale del Pd appellando gli oppositori come “Monuments Man” che dimostrano “il vuoto pneumatico di idee quando non meri interessi elettorali o personali”. Poi, a seguire, l’Amministrazione Comunale che parla di “professionisti del no” (i famosi gufi e rosiconi che non hanno portato tanta fortuna all’inventore) e, infine, pure il Circolo Pd del luogo si unisce al coro definendo i critici come coloro che sono “uniti dal livore contro l’Amministrazione”.
Viene da chiedersi se questo è lo stesso Pd che, di fronte alla sconfitta delle recenti amministrative, anche e soprattutto nella nostra Provincia, ha ammesso che per rilanciare la sua azione politica, deve ascoltare di più la “società civile”!
In realtà tutto ciò non fa altro che dimostrare i limiti culturali e politici di una forza di Governo che si trova assediata nel fortino del potere e che usa l’arroganza delle parole solo con l’intento di zittire le voci dissonanti mettendo in campo i muscoli e dimostrando, in tal modo, l’enorme vuoto pneumatico delle idee che ormai contraddistingue quella che, una volta, era una grande forza di Sinistra. E così, pure fare una passerella pedonale diventa qualcosa che attiene all’eterna lotta tra “odio e amore” piuttosto che alla logica e al buon amministrare. E chi si oppone è senz’altro uno che odia, animato dal livore o, finanche, da una certa frustrazione per non essere lui quello che fa costruire quella passerella. Questa distinzione fra chi ama e chi odia è di puro stampo berlusconiano, a dimostrazione che, ormai, la metamorfosi è compiuta, e l’idea di uno Stato proprietario ha fatto breccia nella cultura di un Partito che ha sempre vissuto, invece, sul valore dell’etica pubblica.
Il quotidiano, ormai, è diventato l’orizzonte massimo temporale dell’azione politica, perché per spingersi più in là occorre partire da un atto rivoluzionario di questi tempi: ascoltare le persone. Per conservare il potere, invece, è sufficiente un costante controllo e, quindi, occore far fuori le voci dissonanti attraverso il discredito e insinuando il sospetto. Facendo ciò, però, si realizza una sorta di endogamia politica che, proprio come in natura, non porta a una crescita del proprio patrimonio genetico ma, al contrario, a un suo inesorabile danneggiamento.
Sia chiaro, però, che Rimini non è un caso isolato ma, semplicemente, la declinazione di un comportamento già presente in campo nazionale e che, negli ultimi anni, è diventato la cifra dell’amministratore di centro sinistra. Con due evidenti risultati elettorali: o le persone stanno a casa, alimentando l’astensionismo oppure vanno a votare e si rivolgono a dei movimenti, cosidetti “populisti”, ma che in realtà non hanno fatto nient’altro che mettere in primo piano la persona piuttosto che l’arroganza delle idee dei propri dirigenti.
Mi permetto, in conclusione, un suggerimento sia all’amministrazione che al Pd. Fate un atto rivoluzionario: chiamate in residenza comunale gli oppositori al progetto e state ad ascoltare le loro idee, i loro suggerimenti e le loro critiche. Probabilmente ciascuno rimarrà sulle proprie posizioni, ma almeno avrete fate un servizio alla democrazia e, alla nostra città e, forse, lanciato un esempio pure a livello nazionale. Forse persino migliore di quello sbandierato delle alleanze con i rimasugli della destra berlusconiana.
Giovanni Benaglia