Con l’approvazione della delibera, ieri pomeriggio, la Giunta Comunale di Rimini ha deciso di resistere nel giudizio dinanzi al Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ai due ricorsi in appello proposti dalla Associazione “Pro Vita e Famiglia” Onlus, per l’annullamento delle ordinanze cautelari emesse dal Tar dell’Emilia-Romagna, sede di Bologna.
Con la nomina della Civica Avvocatura, come legale difensore e procuratore del Comune di Rimini, la Giunta ha deciso di continuare a difendere la propria scelta, presa nel dicembre 2020, con la quale è stato emesso il diniego per l’affissione di 100 manifesti nell’ambito della campagna nazionale di sensibilizzazione contro l’uso della pillola abortiva RU 486, presentata dall’associazione “Pro Vita e Famiglia”.
Come noto la vicenda ha avuto inizio con la mancata autorizzazione da parte dell’Amministrazione comunale all’affissione dei manifesti raffiguranti una donna stesa per terra con una mela rossa accanto, accompagnata dalla scritta “Prenderesti mai del veleno? Stop alla pillola abortiva RU486. Mette a rischio la salute e la vita della donna e uccide il figlio nel grembo”.
Una campagna di comunicazione contenete un’ informazione che la Giunta ha ritenuto “idonea a ingenerare in maniera ingiustificata allarme per la salute e la vita delle donne che ne fanno uso” – visto che – “ il farmaco oggetto della campana d’informazione in parola risulta essere approvato dal’AIFA , Agenzia Italiana del Farmaco”.
Una decisione confermata anche dal Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia-Romagna che, con ordinanza cautelare del marzo 2021, aveva respinto il ricorso presentato dall’Associazione “Pro Vita e Famiglia” con il quale si chiedeva l’annullamento del diniego di affissione.
Si tratta di una campagna pubblicitaria che dal suo avvio ha scatenato anche parecchie polemiche in varie parti di Italia, a partire da Milano e Bergamo dove è stata disposta la rimozione dei manifesti, in quanto conterebbero messaggi falsi e fuorvianti, motivando la scelta della rimozione in quanto il farmaco – RU486 – è sicuro e approvato dall’Aifa e i manifesti mirano a ingenerare allarme per la salute e la vita delle donne che ne fanno uso.
Una linea che condivide anche la Giunta Comunale che con la sua decisione ha dato diniego formale all’affissione dei manifesti per diversi motivi in quanto l’art. 46 del Codice dell’Autodisciplina della Comunicazione Pubblicitaria dice che anche i messaggi di comunicazione sociale non possono:
1. sfruttare indebitamente la miseria umana nuocendo alla dignità della persona, né ricorrere a richiami scioccanti tali da ingenerare ingiustificatamente allarmismi, sentimenti di paura o di grave turbamento;
2. colpevolizzare o addossare responsabilità a coloro che non intendano aderire all’appello;
3. presentare in modo esagerato il grado o la natura del problema sociale per il quale l’appello viene rivolto.
Inoltre, è specificato che i promotori di questi messaggi di comunicazione sociale possono esprimere liberamente le proprie opinioni sul tema trattato, ma deve risultare chiaramente che trattasi di opinioni dei medesimi promotori e non di fatti accertati.
La definizione di “veleno” per un farmaco approvato dall’Ema e dall’Aifa, giudicato quindi sicuro dalle massime autorità in materia, rappresenta quindi una comunicazione falsa, fuorviante e ingannevole e non sostenuta da fatti accertati. Dunque, al netto delle considerazioni in merito all’utilizzo del farmaco che rientrano nel campo delle scelte più private dell’individuo, questa pubblicità costituisce una comunicazione distorsiva della realtà, volta a disincentivare l’uso della pillola creando un falso allarmismo, senza il supporto dei fatti. Allarmismo ancora più pericoloso quando il tema è la salute, in questo caso delle donne.