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Piccole cronache estive. De ventris egestione

Giorni fa, alla stazione di Ravenna, sono salito sul treno in attesa della partenza. Un flebile condizionatore alleviava il calore mortifero esterno. All’improvviso, al binario libero da treni di fronte a me, dalla banchina scende agilmente un clochard di mezza età, barba grigia e capelli lunghi sulle spalle, si cala i calzoni e, ormai privo di pudore, effettua una velocissima “cagata” (egestio ventris per i latini) di fronte al vasto pubblico dei viaggiatori.

Gesto “politico”, sberleffo o improrogabile necessità?

Una questione di pochi secondi, un’espulsione esplosiva e silenziosa. Senza neppure pensare a qualche forma di pulizia, il clochard si alza le braghe velocemente e ritorna sulla pensilina a gironzolare, una presenza/assenza come se ne trovano in tutte le stazioni ferroviarie.

Incuriosito, avendo ancora qualche minuto d’attesa prima della partenza, scendo dal treno e vado in stazione per cercare le toilettes d’ordinanza. Mi imbatto così in una gentile signora sui sessanta, seduta davanti ad un tavolino con una specie di dispenser di ricevute. Con fare professionale m’informa che da qualche mese è stato introdotto un ticket per usare le toilettes al modico prezzo di un euro, senza distinzione fra i bisogni esauditi. Aggiunge di essere socia di una cooperativa che ha preso in gestione i gabinetti garantendone pulizia e ordine. Sul momento ho pensato ad un positivo passo in avanti della civiltà, come già avevo visto in altre stazioni. Sono così tornato al treno meditando sul permanente conflitto nelle cose umane fra ordine e disordine.

Seduto nuovamente al mio posto ho però cominciato a riflettere sul tema dei diritti. Ho valutato, non senza soddisfazione, il livello avanzato del welfare nella nostra Emilia Romagna in base al quale chi ha bisogno di cure sanitarie, chiunque sia, le trova al Pronto Soccorso dei nostri ospedali. Chi ha bisogno di cibo, di un letto precario o di un abito sdrucito, li trova presso il generoso volontariato cattolico o laico presente in ogni città.

Ma come farà chi ha bisogno di un luogo appartato dove compiere il delicato esercizio dell’”egestio ventris”? A chi potrà rivolgersi chi non dispone di denaro, neppure di un euro, ed ha bisogno di un luogo dove raccogliersi in meditazione onde liberarsi degli interiori scarti dell’alimentazione e pacificare i tormenti della digestione? Magari facendolo senza scandalo, in armonia con ciò che gli resta dell’istintivo pudore e senza lasciare al suolo tracce indesiderate? Quando furono aboliti i vespasiani di strada, i bisognosi furono dirottati verso i bar ed ebbe un’impennata il consumo del caffè.

Si dirà: cos’è un euro per un ticket o per un caffè, in confronto ad urgenze così impellenti? Giusto, ma l’euro bisogna averlo. Bisogna averlo anche dopo avere risolto l’altro primario bisogno, quello dell’alimentazione. E bisogna averne disponibilità di almeno uno al giorno, in caso di regolari funzioni. In un anno sono 365 euro, una cifra!

Mentre il treno si mette faticosamente in moto, giungo alla conclusione che la comunità umana, dopo avere pienamente riconosciuti l’antico habeas corpus e il moderno ius soli (temo che ci vorrà ancora del tempo per entrambi!) dovrebbe in qualche modo riconoscere il diritto universale all’egestio ventris. Magari distribuendo qualche ticket gratuito a chi (in senso letterale) ha bisogno.

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