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Piano particolareggiato S. Giustina, Consiglio di Stato sconfessa Tar: ha ragione il Comune

Ribaltata dal Consiglio di Stato la sentenza del Tar dell’Emilia Romagna su un piano particolareggiato (comparto edilizio) a Rimini, quello di Santa Giustina.

La sentenza del Tar Emilia Romagna

Il Tar dell’Emilia Romagna con una sentenza pubblicata il 6 Dicembre 2017 aveva dato ragione ai proprietari di una area edificabile in zona Santa Giustina che si sono visti respingere la proposta di approvazione del piano particolareggiato in Variante “Via Borghi” scheda di P.R.G. n. 61. Il Comune di Rimini ha respinto l’approvazione del piano particolareggiato sulla base delle indicazioni del Master Plan approvato nel dicembre 2012.

I giudici del Tar nella sentenza fanno notare che il Master Plan “è un atipico atto pianificatorio” e la motivazione del diniego di approvazione del piano attuativo in variante è contenuta nella parte finale della deliberazione consiliare ed essa consiste, infatti, nella ritenuta incoerenza e incompatibilità del progetto sottostante il piano particolareggiato con “…le linee e gli indirizzi del Masterplan strategico…”. Nella restante parte della deliberazione, invece, l’organo consiliare valuta positivamente il piano particolareggiato di iniziativa privata “Via Borghi” e la variante urbanistica in esso contenuta che modifica la scheda di progetto 6.1 del P.R.G. (relativa all’incremento altezza massima degli edifici).

Una sentenza che aveva creato molta preoccupazione tra i consiglieri comunali che avevano votato il diniego.

Contro la sentenza aveva fatto ricorso il Comune di Rimini al Consiglio di Stato.

Il ricorso del Comune di Rimini

Una sentenza che ribalta il giudizio del Tar e conferma la correttezza della delibera comunale che bocciava il piano particolareggiato. Questi i punti principali del ricorso del Comune accolto:

  • Il Comune contesta innanzitutto i capi della sentenza in cui si afferma che è unicamente sulla base della disciplina contenuta in un atipico atto pianificatorio, cioè il cd. Masterplan, che è stata respinta l’istanza presentata dagli originari ricorrenti e da tutti gli altri proprietari delle aree site in località “Santa Giustina”.
  • Tutti gli organi politici si erano espressi in modo contrario. Dal consiglio di quartiere N.5, alle terza commissione consigliare
  • Il Tar avrebbe poi erroneamente affermato che il piano proposto fosse conforme al PRG, mentre sarebbe fuori di dubbio che l’approvazione del piano particolareggiato presupponeva una variante al PRG per consentire la realizzazione di edifici di un’altezza superiore di tre metri rispetto a quanto stabilito dalle norme dello strumento urbanistico generale. Vi erano anche ulteriori specifiche problematiche relative alla viabilità di accesso carrabile e ciclo-pedonale al comparto.
  • Il comune ha contestato l’affermazione del Tar che il Masterplan sarebbe un atto atipico in materia urbanistica che ha modificato gli strumenti urbanistici del Comune di Rimini. In realtà si tratta di uno strumento volto ad implementare le precedenti scelte politiche dell’Amministrazione comunale e del Piano strategico, approvato nel 2010, che è alla base del Piano Strutturale comunale. Il Masterplan sarebbe dunque semplicemente l’atto con cui si è proceduto a specificare (e non a modificare nella loro essenza) gli obiettivi strategici dell’Amministrazione
  • Le modifiche nella disciplina pianificatoria non sono quindi state attuate dal Masterplan, ma sono state conseguenti ai cambiamenti introdotti con i nuovi strumenti urbanistici in esito alla nuova legge urbanistica regionale (n. 20/2000).

La sentenza del Consiglio di Stato

Le tesi del Comune di Rimini sono state accolte dal Consiglio di Stato. In particolare per i giudici:

  • Il progetto, di piano particolareggiato presentato dai privati “richiedeva una variante, al fine di consentire la realizzazione degli interventi in progetto previsti con un’altezza superiore di tre metri rispetto a quanto stabilito dallo strumento urbanistico (altezza massima degli edifici da 10,50 ml a 13,50 ml), al fine di poter sfruttare la capacità edificatoria massima che il PRG assegnava al comparto”
  • Il piano strategico (elaborato a partire già dal 2006 ed approvato nel 2010) era destinato ad essere il riferimento per tutti gli strumenti generali e settoriali del Comune (non solo, quindi, per gli strumenti urbanistici) e in generale per le politiche dell’Amministrazione comunale, con una visione strategica per il futuro sviluppo economico e sociale della città, e le azioni conseguenti da attuare per raggiungere gli obiettivi prefissati.
  • Comunque, indipendentemente dal piano strategico, lo stesso PSC esprimeva come propri criteri-guida il contenimento del consumo di suolo e la ristrutturazione/riqualificazione urbana, anche mediante una riduzione degli indici di fabbricabilità (nel caso di via Borghi da 8.000 mq di Su a destinazione residenziale e funzioni compatibili previsti dal previgente P.R.G. a circa 4.900 mq di Sc – UT 0,12 mq/mq)

La sentenza del Consiglio di Stato non è appellabile.

L’intervento del sindaco di Rimini Andrea Gnassi.

Una sentenza importante sotto molti punti di vista. Voglio ringraziare innanzitutto gli avvocati Maria Assunta Fontemaggi e Federico Gualandi per il gran lavoro fatto nel rappresentare le ragioni del Comune di Rimini. Il ringraziamento va obbligatoriamente esteso ai consiglieri comunali che ormai 9 anni fa votarono quell’anno, in un clima pesantissimo di pressioni. 

Abbiamo subito individuato la strada di un cambiamento necessario nella pianificazione strategica, cioè l’idea di capire e individuare nuove priorità diverse dal consumo del territorio, usato per alimentare l’economia. Questo portò alla individuazione del Masterplan. Uno strumento di indirizzo in cui in maniera innovativa venivano analizzati, anche con un meccanismo di analisi per matrice, gli obiettivi e i bisogni della città in funzione di un cambiamento di modello di sviluppo. Uno strumento di indirizzo radicalmente nuovo perché trasparente, dichiarato e in sintonia con la comunità riminese. Che, in altre parole, aveva coraggio, analizzava le proposte mettendole in relazione alla coerenza o meno con i bisogni di un’area, con il disegno complessivo di città, con le strade, con le scuole, con il sistema fognario. Nel passato troppo spesso si era assistito, in Italia e anche a Rimini, al planare di interventi che poi avevano portato ad un eccesso di “cementificazione”, al meccanismo dei motori immobiliari che producevano anche contesti abitativi slegati nelle funzioni, nei servizi, nella connessione urbana. A essere premiata era la rendita immobiliare. Allora la scelta di Rimini con il Masterplan, coerente col Piano strategico, fu coraggiosamente di dare indirizzi agli strumenti urbanistici, una rivoluzione che metteva al centro l’interesse e un’idea di crescita armonica dei luoghi e della socialità. 

Ricordiamo benissimo quelle settimane di tensione, dubbi, paventate richieste risarcitorie milionarie, l’accusa di bloccare l’economia (che con la crisi e speculazione immobiliare era già saltata). Ricordiamo notti e giorni passati a interrogarci sul senso alto delle scelte da compiere, le assicurazioni individuali da sottoscrivere prima del voto in Consiglio. Ma ricordo ancora meglio la volontà della maggioranza a Rimini di superare con il Masterplan una cultura in cui l’urbanistica aveva tanto, troppo a che fare con il consumo del suolo e ogni voce critica veniva stoppata dal muro ‘dell’atto dovuto’, del diritto acquisito. Oggi possiamo dirlo, alla luce di un’Italia complicata e burocratica dove anche gli atti più nobili e trasparenti finiscono spesso nel coacervo di norme spesso interpretate a geometria variabile, con la sentenza del Consiglio di Stato si rimarcano bene principi che la politica di allora ebbe il coraggio di affermare. È anche una spinta forte alla politica di oggi, alle scelte amministrative ancora da compiere. E che non sono scontate, viste e considerate certe “visioni di città” con il viso voltato all’indietro. Perché la politica che decide, soprattutto per il dopo Covid, deve avere il coraggio di scelte di merito e radicali nei fatti per affermare quella rivoluzione ambientale che deve proseguire più di prima più di ieri e che dovrebbe essere in cima a ogni agenda amministrativa.  

La sentenza del Consiglio di Stato afferma che ogni amministrazione, ogni consiglio comunale ha la possibilità e l’opportunità di agire e non solo di eseguire. La sentenza del Consiglio di Stato, se vogliamo, è un inno alla politica più nobile, quella che non ha paura, quella che non si fa spaventare, quella che non viene chiamata ad alzare la mano solo per obbligo notarile o paura di poteri forti, diritti acquisiti immodificabili anche se contrastanti con la città. Con il Masterplan abbiamo voluto fare proprio questo, dare una seconda opportunità al nostro territorio di pensarsi in modo differente. Lo stesso è stato, per altri versi, con l’archiviazione degli impattanti project financing ‘disfunzionali’ sul lungomare. Fogne sotto, verde senza auto e con giardini palestre sopra. Non massicci carichi edificatori, con sistemi fognari inadeguati, vista mare. La stagione del Covid, con gli spazi più grandi da ricercare, la natura, il rifiuto di ogni tipo di assembramento, anche edilizio, ci dice che l’intuizione fu giusta ed è dunque da continuare in futuro”

 

 

La sentenza 

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