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Gli studenti non capiscono quello che leggono? Petitti: “Investiamo sulla scuola”

L’assessora regionale Emma Petitti commenta gli ultimi dati emersi sugli studenti italiani.

“La fotografia scattata dal rapporto triennale Ocse/Pisa fa suonare più di un campanello di allarme. Gli studenti italiani peggiorano nella capacità di leggere o comprendere un testo e hanno difficoltà con le materie scientifiche. Solo uno studente su 20 riesce a distinguere la differenza tra fatti e opinioni quando legge un testo che non tratta un argomento a lui già familiare. Uno su 4 fatica a comprendere un testo base”, commenta Petitti

“L’immagine che emerge, dunque, è quella di una generazione che spesso non capisce quello che legge, piazzandosi sotto la media dei Paesi industrializzati e in peggioramento rispetto alla media di 20 anni fa, quindi alle generazioni precedenti. Dati allarmanti. Dati che, ancora una volta, ci parlando di un’emergenza culturale in cui sta sprofondando il nostro Paese, che si lega inevitabilmente anche a un’emergenza politica e sociale”.

“Se i ragazzi non comprendono testi brevi e poco complessi, significa che, nella quotidianità, faticano a capire un articolo di giornale, un semplice foglietto delle istruzioni, il messaggio di una pubblicità – aggiunge – . Significa che viene meno la capacità di elaborazione delle informazioni, di analisi, di pensiero critico. Tutto questo nell’epoca del web, che ci offre da un lato la possibilità di aprirci al mondo, ma che allo stesso tempo è anche un recipiente di fake news che ci presentano una realtà dei fatti distorta, manipolata, banalizzata”.

“Per questo è più che mai importante investire sulla scuola, sulla cultura, sulla conoscenza. Un investimento che deve avere l’obiettivo di istruire e al contempo di stuzzicare la curiosità dei giovani, perché facciano domande, abbiano fame di sapere, si interroghino, trovino piacere anche nel leggere i libri e non solo nel passare il proprio tempo sui social. La rete ci offre una serie infinita di possibilità e opportunità, ma questo non può prescindere dalla capacità di saper discernere i contenuti migliori”.

“Si tratta delle fondamenta del futuro del nostro Paese e della tenuta della nostra Democrazia. Come Regione Emilia-Romagna ci eravamo promessi all’inizio del nostro insediamento di fare della cultura un asse fondamentale della nostra azione politica. Abbiamo triplicato i fondi di bilancio dedicati al settore permettendo l’attuazione dei programmi regionale e cercando di avvicinare i giovani al mondo della cultura, in tutte le sue forme, dal cinema all’arte, dal teatro alla storia, passando alla musica e all’abitudine di frequentare musei, biblioteche, spazi culturali. La scuola e la conoscenza sono le “armi” per combattere il rischio dell’analfabetismo funzionale, ovvero di coloro che sanno leggere, scrivere e far di conto ma tuttavia non hanno gli strumenti analitici e critici per poter padroneggiare tali concetti e informazioni generali. Qui deve intervenire la politica, insieme alla scuola e ai sindacati.

Va combattuta la disaffezione alla cultura e all’istruzione. Se c’è un investimento di cui abbiamo bisogno è proprio questo. Un Paese che non investe sulla cultura è un Paese che non può crescere”, conclude.

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