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Perché Veronesi è stato così grande, anche per Rimini

Ci ha lasciati da pochi giorni Umberto Veronesi. Un personaggio molto apprezzato nel mondo della medicina e dalla maggior parte degli italiani, ma anche molto conosciuto all’estero.

Medico, chirurgo oncologo,  professore, la sua opera è stata meritoria per tante ragioni, che poi elencherò.
Veronesi ha operato in due Istituti Tumori (Ospedali dedicato esclusivamente alla cura delle Neoplasie) di Milano: l’Istituto Nazionale per lo studio e la cura dei Tumori di Via Venezian, in cui ha raggiunto la notorietà sia sul piano scientifico che più in generale; l’Istituto Europeo di Oncologia, da lui fondato e nel quale ha operato nella seconda parte della sua vita.

Ma è nel primo Istituto, quello di Via Venezian, dove ha prodotto, a mio parere, i risultati più riguardevoli.
E questo grazie anche alla collaborazione di altri illustri personaggi della medicina. Fra i primi vorrei citare l’oncologo medico Gianni Bonadonna, ideatore del protocollo chemioterapico CMF per la terapia del tumore della mammella e dello schema di chemioterapia conosciuto come ABVD per la cura del linfoma di Hodgkin; Franco Rilke, anatomo-patologo valente; oltre a numerosi colleghi nel settore della chirurgia del polmone, dell’apparato uro-genitali (Pizzoccaro), del melanoma (Cascinelli), dei tumore testa-collo (Molinari), dell’addome (Gennari) e altri ancora.

Si era creato presso l’Istituto nazionale Tumori di Milano un ‘humus culturale’ che è durato alcuni decenni, nel cui contesto erano cresciuti personaggi e professionisti che resero grande l’oncologia italiana nel mondo.

Cosa abbia contribuito a disgregare in parte questo clima, questo humus e questi risultati, non mi è dato conoscere. Fatto sta che Milano ha oggi due Istituti Tumori, ancora di pregio e di valore, ma non certamente con il prestigio degli anni passati.
Cosa si consigli ora, in assenza del ‘grande capo’, se mantenere due Istituzioni Oncologiche nella stessa città e forse più di due (ce ne sono alcune nel privato convenzionato che fanno in parte anch’esse lo stesso mestiere, Humanitas e San Raffaele) , è un problema che riguarderà gli amministratori della Regione Lombardia.

Sia come sia, Umberto Veronesi è stato indubbiamente un grande personaggio e il fatto stesso che nella stessa città crescessero due Istituzioni per la cura e lo studio dei tumori, caso unico in italia, ne dà lo spessore culturale, manageriale e personale.
Ma leggendo la stampa nazionale e i vari commenti che ho visto sui social-media e in televisione, non mi pare rendono le ragioni di questa originalità e capacità.
Certamente tutti hanno messo in rilievo il valore del grande scienziato, delle novità introdotte nella terapia del tumore della mammella – la Quadrantectomia – della sua vicinanza ai pazienti. Ma a mio modo di vedere merita di spendere qualche ragionamento ulteriore.

PERCHÉ VERONESI VA CONSIDERATO UN GRANDE DELLA MEDICINA E DELLA SOCIETÀ ITALIANA

LO SCIENZATO. I tre principali prodotti scientifici del Prof. Umberto Veronesi sono stati: la Quadrantectomia, Il linfonodo sentinella, la collaborazione con Bonadonna e le terapie adiuvanti.

Quadrantectomia: fino all’arrivo di Veronesi, la chirurgia di elezione del tumore della mammella era l’intervento di mastectomia radicale, seguendo il principio del suo ideatore, l’americano William Stewart Halsted, secondo cui il tumore della mammella era una patologia prevalentemente locale; di conseguenza, più si toglieva, più la malattia guariva. Veronesi ha capovolto questo principio: il tumore della mammella è il più delle volte una malattia sistemica (salvo le fasi iniziali, quando è piccolo) e quindi anche un intervento limitato quale le Quadrantectomia, molto più compatibile per la paziente per qualità di vita e estetica personale, appare garantire gli stessi risultati. E lo studio clinico condotto da Veronesi negli anni ’90 ha dimostrato questo nuovo concetto medico, in concorrenza con l’americano Fisher che negli Stati Uniti procedeva lungo la stessa strada.

Di conseguenza è venuta la tappa del linfonodo sentinella, cioè la teorica affermazione che se il linfonodo più ‘basso’ e vicino al seno è libero da cellule malate, anche tutti gli altri lo sono. Ne conseguiva che l’asportazione di tutti i linfonodi del cavo ascellare non era più necessaria, limitando effetti collaterali e ulteriore danno estetico. Anche questo fu dimostrato con uno studio clinico.

La terza grande intuizione di Veronesi, assieme a Gianni Bonadonna, fuil concetto di terapie adiuvanti subito dopo la chirurgia. Si partiva sempre dalla concezione del tumore mammario come malattia sistemica e quindi un trattamento chemioterapico dopo la chirurgia avrebbe potuto uccidere le cellule neoplastiche sfuggite al bisturi , sterilizzando definitivamente l’organismo dalla malattia. E anche questo con numerosi studi clinici che dimostravano l’assunto.

IL MANAGER. Come accennavo, presso l’Istituto Nazionale Tumori si era creato un clima, un humus culturale nel quale fiorirono numerosi altri personaggi nelle altre discipline, fra i quali ha spiccato Bonadonna, che hanno reso il centro milanese un ‘faro’ per la medicina italiana. Non è facile far crescere questo clima: occorre un personaggio capace, carismatico e comunicativo, oltre che abile manager, e Veronesi ha ben personificato questo ruolo.
Ora sono rimasti ‘scalzi’ a Milano? Direi assolutamente di no, vi sono numerosi quadri medici valenti in entrambi gli Istituti. Ma almeno allo stato attuale, non vedo emergere personaggi altrettanto carismatici come Veronesi. Occorre tempo affinché si realizzino certe condizioni ed emerga la persona o le persone per creare il gruppo dirigenziale.

L’EDUCATORE. Veronesi è stata una figura che ha cambiato la medicina non solo a Milano ma in tutta Italia, dal sud al nord isole comprese.
Moltissimi chirurghi, ma anche oncologi medici e radioterapisti, sono cresciuti alla sua scuola e ai corsi di studio da lui annualmente organizzati.
Lo scenario italiano è stato gradualmente modificato, con un miglioramento diffuso nella qualità delle cure dei tumori in tutta Italia. Anche la Romagna, nella mia persona e in quella di altri colleghi ha risentito positivamente questo influsso.
Ricordo poi la creazione di movimenti di opinione, quali Europa Donna; di società scientifiche divulgatrici delle buone pratiche cliniche in tutta Italia  quali la Foncam (per il tumore mammario), le associazioni per raccogliere fondi in favore della ricerca scientifica come l’Airc e la Fondazione Veronesi; le conferenze tenute in varie parti d’Italia con entusiasmo e capacità oratorie invidiabili, aperte a un pubblico vasto di cittadini e pazienti.
Anche a Rimini ricordo il suo intervento, negli anni ’90, presso la Sala Manzoni, alla presenza di un pubblico numerosissimo.
Non può essere sottaciuta poi la sua attività in favore della corretta alimentazione e della lotta contro il fumo di sigaretta; Veronesi era notoriamente sostenitore della dieta vegetariana.

IL POLITICO. In una parte della sua vita, Veronesi ha tentato anche di inserirsi nel mondo della società civile come uomo politic , fino a divenire ministro della Sanità.
Ha certamente portato in questo settore molti contenuti nuovi, ma debbo dire con molta franchezza che in questo campo ha trovato ostacoli e difficoltà molto spesso insormontabili. I tempi non erano ancora maturi per personaggi di questa caratura (ma lo saranno mai?) e dopo pochi anni si è dovuto ritirare, per modo di dire, nel mondo che più gli confaceva, quello della società civile e della medicina.
Ricordo un episodio che ci divise durante quegli anni in cui guidava il dicastero della Sanità: il ministero deliberò l’istituzione presso l’ospedale di San Marino di 90 posti letto per l’oncologia e la radioterapia. A quella delibera, per la quale fui avvicinato da alcuni suoi collaboratori, mi opposi con forza e il progetto non andò in porto.
Sarebbe stato come svuotare gli ospedali di Rimini di ogni possibilità di sviluppo e fu una delle ragioni per le quali accelerai il pressing sulla Regione per la creazione della radioterapia a Rimini (ricordo che allora non ero ancora Sindaco, ma molto determinato a portare avanti il progetto del miglioramento sanitario dei nostri ospedali, in particolare l’Infermi di Rimini).

L’UMANISTA. Veronesi ha sostenuto alcune posizioni all’avanguardia nella società italiana. Basta pensare alle sue posizioni in favore della dignità del paziente nella fase dell’assenza di terapie valide e premoriente, e quindi dell’eutanasia. E sempre perla dignità del paziente si batté per la creazione degli Hospice. Prese poi posizione a favore della depenalizzazione delle droghe leggere  E poi sostenne anche le unioni civili.
Su questi argomenti, debbo dire che ha influito anche sul mio modo di pensare personale e, anche se le mie posizione sono in parte più articolate delle sue, trovo che il suo pensiero vada considerato con molta attenzione. Ho avuto modo di esprimerle su Chiamamicitta.it nei miei interventi su ‘Eutanasia fra compassione e benevolenza“, e sulla depenalizzazione per uso personale di piccole quantità delle droghe leggere.

LA GUIDA E IL COMPETITORE. Veronesi ha sempre rappresentato una guida certa per i suoi collaboratori. Non ho mai visto nessuno, nello scenario dell’Istituto e in Italia, mettersi in contrapposizione al suo operato: era carismatico, autorevole e equilibrato.
Ma anche all’estero era molto apprezzato, in particolare negli Stati Uniti. I medici americani hanno per molto tempo considerato il mondo accademico italiano molto pasticcione e confusionario dal punto di vista scientifico, quasi un riflesso della nostra classe politica.
Veronesi e il suo gruppo hanno fatto cambiare questa concezione, e in questa scia si sono potuti inserire, mettendosi in luce, numerosissimi altri ricercatori scientifici del nostro Paese.
E la competizione fra gli studi italiani e quelli americani ha riverberato per parecchi anni sui congressi medici, ai quali anche io  ho partecipato personalmente.
L’esito è che da tempo possiamo osservare nei libri di testo universitari per gli studi di medicina negli Stati Uniti, anche i nomi di Veronesi e Bonadonna, fra coloro che hanno segnato tappe fondamentali e migliorative delle terapie medico-chirurgiche.

Un grande personaggio quindi, che ha segnato profondamente la storia della medicina non solo nel nostro Paese. Molto di più rispetto alle numerose strutture universitarie italiane, che ancor oggi fanno fatica a decollare sul piano culturale e della ricerca.

VERONESI E RIMINI

La figura di Veronesi ha influenzato anche lo sviluppo delle nostre strutture sanitarie locali.
Probabilmente, senza questo valente personaggio avremmo faticato maggiormente a trovare i giusti indirizzi e le vie per sviluppare le varie discipline mediche ospedaliere che sono state realizzate nel corso degli anni.
Penso ad esempio allo sviluppo dell’oncologia medica e dell’ematologia, alla valorizzazione della prevenzione sia primaria (lotta al fumo e alimentazione) che secondaria (diagnosi precoce), alla radioterapia di Rimini (i due acceleratori lineari) e Santarcangelo (radioterapia intraoperatoria), alle chirurgie delle vie biliari, polmonare, ginecologica e in particolare alla nuova struttura alberghiera e alle nuove sale operatorie.

Anche a Rimini si era creato quell’humus particolare, che descrivevo per l’Istituto Nazionale Tumori di Milano, che ha fatto crescere qui tanti medici, tante figure professionali nei diversi settori, tanti primari e gruppi di lavoro.
Mantenere questo humus culturale, questo spirito, mi appare ancor oggi fondamentale.
La sua scomparsa richiederebbe infatti, molto tempo e sforzi culturali prima di poterlo ricostruire.
È per queste ragioni che lo dobbiamo tutelare.
E da questo humus pazienti e cittadini ne traggono sicuramente beneficio.

Alberto Ravaioli

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