Giornata di mobilitazione, quella di ieri, che ha visto fermarsi il mondo della marineria riminese e regionale. Alle 10, sul porto, sono state fatte suonare le sirene delle imbarcazioni e avanzate proposte per fare in modo di potere operare con tranquillità. Erano presenti, alla manifestazione, il parlamentare PD Tiziano Arlotti, il consigliere regionale Nadia Rossi, il parlamentare europeo Affronte.
Il mondo della pesca soffre, da tempo, di una profonda crisi. Si calcola che negli ultimi 15 anni il settore abbia subito una riduzione di un terzo in quanto a numero di imbarcazioni, e una diminuzione del 40% de pescato. A questo si aggiunge che, per rispettare la legge (n. 154, art. 39), i pescatori dovrebbero sostanzialmente “calibrare” ogni singolo pezzo del pescato, per non incorrere nelle pesanti sanzioni previste. La Legge, in effetti, ha depenalizzato il mancato rispetto delle norme, che ora è soggetto solo a sanzione amministrativa, ma ha posto in condizione i pescatori di lavorare sempre sul filo del rasoio. Le sanzioni possono andare da 4 a 150.000 mila euro e si può giungere al sequestro dell’imbarcazione e al ritiro della licenza di pesca. E possono essere sanzionati non solo i pescatori, ma anche coloro che commercializzano il prodotto.
Spiega Massimo Pesaresi, Direttore della Cooperativa Lavoratori del Mare di Rimini: “Esempio: in un sacchetto di vongole ci sono circa 2500 pezzi che devono avere – così prevede la legge – almeno 22 millimetri di diametro. Se una di queste non raggiunge questa dimensione, ed è, diciamo, di 20 millimetri, il pescatore incorre nella sanzione e così pure il distributore, compresi i supermercati, le pescherie e i ristoranti”.
Insomma, secondo i pescatori sostanzialmente la legge è inapplicabile, a meno che non si “calibri” il pescato pezzo per pezzo, come a dire trovare un ago in un pagliaio. Si badi bene, quanto descritto per la vongola vale anche per le sogliole e altri tipi di pescato.
Quindi quali sono le richieste dei pescatori?
“In primo luogo – risponde Pesaresi – creare le condizioni rendere l’attività della pesca ancora possibile, creando una tolleranza sulle calibrazioni; la possibilità per tutto il settore di poter usufruire della cassa integrazione; ripristinare l’abolita Commissione consultiva centrale per la pesca e l’acquacoltura presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, coinvolgendo le associazioni rappresentative delle imprese di pesca; modificare le modalità di attribuzione delle quote del tonno rosso, con particolare riguardo a quella indivisa, al fine di superare i gravi inconvenienti riscontrati in questi anni dagli operatori della pesca di quelle regioni italiane escluse dall’attribuzione delle quote finora stabilite”.
Il tonno rosso è infatti una storia a parte. “L’Europa – prosegue Pesaresi – ha determinato le quote per la pesca per l’Italia. Le quote sono divise un due parti: una riguarda la pesca vera e propria, l’altra riguarda la pesca “occasionale”. Per pesca di quest’ultimo tipo si fa riferimento al pescato “accidentale”, non professionale; vale a dire, ad esempio, un tonno che rimane impigliato nella rete dei pescatori a strascico. In questo caso la marineria riminese vuole una ripartizione della possibilità della pesca diversa rispetto a quella attuale, dove alcuni armatori (in particolare salernitani e pugliesi) si “accaparrano” non solo le quote regolari, ma anche quelle che riguardano la pesca accidentale dell’animale. In sostanza, se un tonno rimane impigliato nella rete di un peschereccio, occorre che lo si rimetta in acqua (anche se morto), perché se lo si “denuncia” alla Capitaneria (come dovrebbe essere fatto), il peschereccio dovrebbe pagare una anche una sanzione”.
Pietroneno Capitani