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Ecco perché una mobilità pulita protegge la salute

È uscito recentemente il Documento dell’Agenzia Europea dell’Ambiente per il 2016 , avente per tema la mobilità sostenibile.
Un tema di grande rilievo che descrive la situazione attuale in Europa e fissa gli obiettivi possibili per il 2020, 2030 e 2050.

I dati contenuti nel documento appaiono estremamente significativi, anche ai fini di una lettura “riminese”.
Mi riferisco naturalmente all’inquinamento pulviscolare (le polveri sottili) della stagione autunnale e invernale, periodo in cui sul nostro territorio viene superata per un certo numero di giorni la soglia dei 50 ppm giornaliera per il PM 10 e PM 2,5, ma anche per l’Ozono e saltuariamente per l’ossido di azoto (NO2).
Ed è notorio che la soglia del PM 10 sia stata superata anche per 20 giorni.
E questo non solo a Rimini, ma in moltissime città italiane, in particolare del centro-nord, e in numerosissime città europee.

Il meccanismo di questo fenomeno è ben spiegato nel testo menzionato: è la situazione delle ‘inversion conditions’.
Significa che in inverno, durante i periodi di alta pressione i raggi solari durante il giorno riscaldano la terra; questo calore terreno durante il freddo della notte si alza. Il risultato è uno strato freddo a terra e un “cappello” di aria calda al di sopra, che si trattiene in uno strato uniforme e favorisce così la formazione di una ‘cappa’ di aria inquinata cittadina. Naturalmente, quell’inquinamento è frutto dalla produzione di polveri sottili dovuta all’attività umana.

I trasporti in Europa

L’Europa è collegata da reticoli di strade, linee ferroviarie, vie d’acqua interne e di mare, e aeroporti.
Non tenendo conto delle strade secondarie e dei trasporti trans-europei, la retae dei trasporti europei consta di 138.000 km di ferrovie, 136.600 km di strade, 23.500 km di vie di acqua, con circa 879 milioni di passeggeri di aerei (nel 2014) e di 3.8 billioni di tonnellate di merci trasportate attraverso i porti europei, di cui il 49% prosegue poi per via stradale. Nonostante la crisi economica del 2008, il trasporto di passeggeri e merci nel 2013 era già aumentato di circa l’8%  rispetto al 2000.

Anche il numero dei persone che si muovono con l’automobile ha continuato a crescere: solo nel 2015, di circa il 9%, mentre le nuove auto immatricolate in Europa sono state 13.7 milioni.
In particolare, i veicoli con motore diesel hanno coperto coprendo quasi metà delle nuove immatricolazioni, anche se con grandi differenze da Paese a Paese: dal 71% del diesel in Irlanda e Lussemburgo al 29% in Olanda e Danimarca. È noto che questi motori si prestino meglio alle alle cilindrate di maggiori dimensioni, quindi con maggiori consumi. Come è risaputo che il gasolio di cui si alimentano, nonostante tutti gli accorgimenti, resta il maggiore produttore di polveri fini.

Anche il numero delle auto elettriche e ibride vendute sono in aumento in Europa, ma in una percentuale ancora estremamente bassa: appena l’ 1,3% delle nuove immatricolazioni, anche se in Olanda e Danimarca si tocca già il 12 %, mentre pure in Francia e in Germania i numeri iniziano ad essere significativi.
Dato il costo ancora elevato di queste vetture, è ovvio che gli incentivi pubblici giocano un ruolo importante.

Per finire, ricordiamo che le polveri fini dovute ai trasporti per il 45% provengono dalle auto e il 55% da bus e camion (28%), aerei (12%) attività 12% navigazione interna e portuale (12%); moto e alle altre attività di trasporto provvedono al restante.

Sul diesel qualcuno ha barato

È nota la vicenda che ha colpito alcune case automobilistiche – in particolare la Volkswagen, ma non solo –  con le emissioni dei loro veicoli diesel risultate superiori  rispetto a quanto misurato nei loro laboratori.
I test hanno registrato differenze anche del 40% fra quanto dichiarato e la realtà.
Un altro problema deriva dal fatto che la normativa di misurazione delle emissioni risale al 1997 e da quel periodo ad oggi sono intervenute numerose modifiche nella tecnologia delle auto, comprese maggiore velocità e maggior peso dei veicoli. Intanto il traffico è andato sempre più congestionandosi, andando a inficiare i vecchi calcoli di “consumo medio” basati su situazioni non più esistenti. Per questo motivo, nuovi parametri sono in corso di elaborazione, per renderli più aderenti la realtà.

L’impatto del traffico sulla salute

La WHO (Organizzazione Mondiale per la Salute) ha promosso recentemente un warning (raccomandazione) sul rischio per la salute da parte dell’inquinamento atmosferico.

Nel 2016 città come Parigi e Londra hanno presentato episodi di aumento acuto di inquinamento atmosferico.
Le emissioni nelle città europee hanno comunque presentato un miglioramento negli ultimi anni grazie alle politiche e ai limiti imposti dalla Comunità Europea, ma ancora molto rimane da fare.

Si calcola che in un anno circa 400 mila morti premature avvengano in Europa a causa dell’aria inquinata; in particolare, per Neoplasie polmonari e patologie bronchiali e cardio-vascolari.

Nel 2020 circa l’80% dei cittadini europei si presume vivranno in grandi aree urbane e che circa 125 milioni di europei saranno soggetti ad un aumento del rumore da traffico eccedente i 55 dB, limite di salvaguardia stabilito dalla Comunità europea.
Se si tengono conto poi dei limiti di polveri sottili stabiliti dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, questi numeri appaiono sicuramente sottodimensionati rispetto alle stime della stessa organizzazione.

L’Unione europea non poteva non affrontare un argomento di tale portata; da qui  gli obiettivi ben precisi stati posti dal Documento per gli anni 2020, 2030 e 2050.
Saranno quelli che esamineremo nel prossimo articolo.

Alberto Ravaioli

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