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Perchè sono le caste a non volere l’Europa

Si sono svolti in questi giorni a Roma le Giornate per celebrare il 60° anniversario della  firma del trattato che istituisce la Comunità economica europea (TCEE) e il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica (TCEEA). Sono i cosiddetti “Trattati di Roma” che, insieme al trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), rappresentano il momento costitutivo della Comunità europea.

A fronte di questo avvenimento, celebrato con grande solennità e non minore copertura mediatica, molti osservatori sono rimasti alquanto freddi.
I più hanno descritto un’Europa in tono minore, senza spinte veramente innovative: insomma un’Europa stagnante. Per dirla in termini medici, a prognosi sfavorevole nel medio-lungo periodo.

Ma cosa si è detto a Roma?

La Dichiarazione ora firmata a Roma dei 27 Leader europei parte ripercorre la storia dell’Europa e spiega le ragioni dell’unione di 60 anni orsono: superare le tensioni reciproche che avevano portato ai due grandi conflitti del ‘900, creare un’unione di intenti per confrontarsi con i problemi della globalizzazione e del rapporto con altre grandi potenze (USA, India, Cina, Russia), garantire sicurezza, pace e benessere alle popolazioni europee.

Ma cosa fare per continuare il cammino per i prossimi anni?
Il documento alcuni obiettivi li ha indicati:

  • mantenere le frontiere interne protette e libera circolazione dei cittadini europei.
  • mantenere la moneta unica, in un’economia sostenibile che favorisca la crescita attraverso gli investimenti.
  • favorire il benessere (welfare) sociale, combattere la disoccupazione, favorire l’istruzione e la cultura.
  • promuovere una difesa integrata, in collaborazione con le organizzazioni internazionali.

Direi nessun passo indietro rispetto alla storia dell’Europa, e già questo appare un risultato importante, ma nessun passo in avanti concreto, al di là delle dichiarazioni generali sicuramente condivisibili.

Meno che un punto niente affatto secondario: la necessità di un esercito unico europeo. Proprio su questo punto, infatti, nel 1954 si arenò il sogno di un’Europa unita di Adenauer, De Gasperi, Schuman e altri. Allora fu la Francia a tirarsi indietro e proprio per questo si arrivò nel 1957 ai Trattati di Roma, per ricominciare il percorso, molto gradualmente, da altre direzioni, innanzi tutto quelle economiche. Come in un gioco dell’oca, sotto questo aspetto ripartiamo addirittura nemmeno dal ’57, ma dal ’54. E in concreto, la stampa ha gioco facile a segnalare un “nulla di nuovo sul fronte occidentale”.

Ma in quei commenti, a mio parere, traspare una malcelata soddisfazione. Facendo presagire che in un futuro più o meno lontano, alcune “fughe in avanti” come la moneta unica, la banca centrale europea, il Parlamento europeo stesso, dovranno cedere a un allentamento dei vincoli europei, con un ritorno parziale ai poteri nazionali sotto la spinta dei populismi e dei nazionalismi di ritorno.

E la ‘casta’ naturalmente soffia sul fuoco di questo spirito anti-europeo, perché è proprio alla casta non che conviene un’Europa che vada in avanti e cresca.
Già, proprio così. Gli euroscettiici dicono il contrario? Allora chi, se non coloro che vogliono mantenere loro privilegi, fanno questi ragionamenti?

  • non vorrà mica questa Europa mettere ordine ai diversi regimi fiscali delle diverse nazioni europei – quelli dell’Irlanda del Nord e del Liechtestein e dell’Olanda ad esempio – che applicano percentuali di tassazione molto più bassi sui guadagni delle multinazionali sfavorendo quindi il girovagare delle stesse nei diversi Paesi per pagare molto meno tasse?
  • non vorrà mica questa Europa mettere il naso nel commercio delle armi – vedi Francia, Germania e anche Italia –, armi per la difesa si intende, non per le guerre?
  • non vorranno mica questi europei iniziare a controllare con maggiore precisione il lavoro delle grandi banche nazionali e ancora peggio dei movimenti dei capitali finanziari internazionali, compreso quelli delle grandi banche e finanziarie americane?

No, alle vere grandi caste tutto questo non sta bene. Meglio allora una Europa che faccia qualche passo indietro. Meglio un’Europa federata, un club di Stati, in cui ciascuno conserva la propria autonomia, la propria capacità di imposizione fiscale, i propri ordinamenti nazionali.
Meglio avere più tavoli su cui giocare: i grandi gruppi ci riescono, i piccoli cittadini no.

Ritengo che questa cultura debba essere sconfitta: solo una’Europa che fa passi in avanti è un Europa che può garantire benessere e sicurezza, anche sociale,  ai suoi cittadini.
Occorre a mio parere un leader come Renzi e altri leader europei come lui, che sappiano far compiere veri passi in avanti.
Passi in avanti verso un sistema di difesa unico europeo, passi in avanti verso un regime fiscale armonizzato in tutta l’Unione in cui non prevalgano i soliti furbi, passi in avanti verso l’elezione diretta da parte di tutti i cittadini europei del Commissario (o Primo Ministro) di un governo europeo.
Solo Renzi in Italia ha dimostrato di avere questi obiettivi per l’Europa. Ha dimostrato di combattere energicamente per gli ideali europei pur mantenendo con attenzione gli equilibri necessari ed ha indicato degli obiettivi chiari da perseguire.

Alberto Ravaioli

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