Cinque anni fa pubblicai una lettera sul “Corriere di Rimini” (16.06.2015) in cui scrivevo che, secondo quanto raccontatomi dall’editore Giovanni Luisé, il Comune di Rimini non poteva intitolare una strada a Guido Nozzoli, Sigismondo d’Oro dello stesso Comune di Rimini nel 1999, e fratello di mia madre, perché non erano passati dieci anni dalla sua morte. Che è avvenuta nel novembre 2000…
Adesso che sono passati quasi vent’anni, l’intitolazione può avvenire?
Antonio Montanari
Guido Nozzoli nasce a Rimini il 2 dicembre 1918. «Ero un incontenibile casinista – racconterà lui stesso in un’intervista a Chiamami Città
All’inizio del 1943 viene arrestato in caserma a Bologna, con l’accusa di attività sovversiva mediante distribuzione di volantini intitolati «Non credere, non obbedire, non combattere»; l’altro autore, pure lui incarcerato dietro una delazione di un “amico” comune, è Gino Pagliarani. Entrambi vengono condannati ma subito amnistiati per il Ventennale del Fascismo
Dopo l’8 settembre ’43 torna a Rimini e organizza subito un gruppo per la resistenza armata a fascisti e tedeschi
Eletto consigliere comunale del PCI nel 1946, in occasione delle elezioni politiche del 1948 svolge intensa attività di propaganda. Al termine d’un acceso contraddittorio, il celebre cappuccino padre Samoggia, uscito sconfitto nel confronto dialettico, gli scarica addosso anatemi e maledizioni.
Nel frattempo ha iniziato la sua attività di giornalista al «Progresso d’Italia», continuando come inviato a «l’Unità» (edizione di Milano) ed infine a «Il Giorno».
Nel 1973, a soli 55 anni, Guido Nozzoli lascia il giornalismo e da allora non scrive più nemmeno un rigo, ritirandosi nella sua Rimini a condurre l’appartata vita di un tempo.
Nel 1999 la città di Rimini gli assegna il Sigismondo d’Oro.
Guido Nozzoli muore a Rimini l’11 novembre 2000.
Di lui Sergio Zavoli (scomparso a 96 anni il 4 agosto scorso) ebbe a dire: «Guido ha interpretato la militanza politica e l’appartenenza partitica con una idealità mai faziosa, dogmatica; fu anzi protagonista di risolute “eresie” in nome dell’intelligenza della Storia e delle ragioni umane, sapendo vivere il suo “scandalo” senza compiacimenti o malizie, ma con la più disarmata e disarmante limpidezza […] mai indulgendo all’abiura, semmai incline al più trasparente e polemico dei distacchi».