E’ Ariano Mantuano il primo esponente del Partito Democratico di Rimini a stracciare la tessera per seguire Matteo Renzi nel suo nuovo partito “Italia nuova”.
L’ex assessore all’ambiente del Comune di Rimini (quando apparteneva ai Verdi), ha spigato la sua decisione con un lungo post su Facebook,
“La mia decisione – scrive – è molto lineare: quando si è spenta la forza propulsiva dei Verdi in cui ho militato dal 1986 (anche con cariche nel Partito e Amministrative) ho aderito sino dalla fondazione al Pd di Veltroni. Ma solo con Renzi ho visto – nelle azioni di governo e di posizioni politiche – realizzato quel progetto”.
“Mi risulta facile lasciare il Pd ove mi sono sentito a casa solo con la segreteria Renzi. Ma solo ospite negli anni precedenti ed ora. Come feci nel 2006 quando lasciai i Verdi, anche oggi motivo brevemente le motivazioni di questa scelta”.
“Mi risulta facile uscire dal Pd non avendo particolari cariche nel Pd se non di semplice appartenente della Assemblea Provinciale del Pd di Rimini. Comprendo la difficoltà di uscire da chi ha cariche ed incarichi nel Pd, ma non sono quelli a cui ci rivolgiamo. Ci rivolgiamo ai cittadini a cui chiediamo di partecipare e credere nelle proposte politiche che sono il senso dell’atto di Renzi e con esso di altri migliaia di cittadini italiani che in queste ore stanno aderendo. Si sbaglia chi accampa la ambizione di Renzi come unico motivo della sua uscita dal Pd”.
“Sicuramente è riduttivo e fuorviante rispetto alle ragioni politiche vere che lo hanno spinto, ci hanno spinto, a costruire una nuova casa dei progressisti e liberaldemocratici fuori dal PD. In questi ultimi mesi mi è parsa evidente una dicotomia nel PD. Da un lato una posizione sempre più di sinistra del gruppo che ha eletto Zingaretti, dall’altra un visione di partito più equilibrato che definirei per semplicità di centrosinistra (tutta una parola) che vede il mutare del contesto in cui è nato (2006) e non realizzato il progetto del Pd del Lingotto”.
“Una parte non solo interna al Pd si è manifestata con il 40% delle Europee e con il Referendum. Un partito simile al Giano bifronte in cui una faccia non si doveva mostrare (per intendersi quella liberaldemocratica progressista) e quindi esprimersi. Renzi ha avuto il torto – con la sua candidatura alle Primarie – di avere rotto un patto mai evidenziato nel Pd in cui gli ex Ds avevano il 60% del Partito il 40% agli ex Margherita”.
“Significativo è la reazione in una parte del Pd per il risultato delle primarie con il 70%. Fuoco amico h 24. Poi i sindacati non hanno gradito che sia stato Renzi ad aumentare gli stipendi più bassi con gli 80 euro. Oggi Renzi si rivolge agli elettori per riproporre la continuazione delle riforme realizzate con il suo governo e che aspettavano 20 anni. (Le unioni civili, la legge sul terzo settore, sull’autismo, sulle banche popolari, sul caporalato tanto per citarne alcune)”.
“Renzi si rivolge ai giovani, alle donne, agli ex socialisti, popolari, repubblicani, ambientalisti che nel Pd hanno atteso invano la realizzazione del progetto del Lingotto. Solo la sua segreteria ha percorso quella strada. A questo punto la domanda che occorre porsi è che fare. Continuare a nascondere la dicotomia o una delle facce di Giano o fare chiarezza? Qui è in discussione come interpretare la richiesta di rappresentanza politica di quegli elettori del 40%. Giusto o sbagliato farlo? La politica non è una scienza esatta”, conclude Ariano Mantuano.